Eolico e fotovoltaico costano metà di nucleare e CCS

Uno studio commissionato dal think-tank tedesco Agora Energiewende indaga su quale sia il modo più economico per decarbonizzare il sistema elettrico. Le conclusioni: eolico e fotovoltaico costano circa la metà rispetto a nuove centrali nucleari e CCS. Le rinnovabili meglio anche tenendo conto delle esigenze di bilanciamento che pongono al sistema.

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Per decarbonizzare il sistema elettrico eolico e fotovoltaico costano meno rispetto a nucleare e cattura della CO2, anche mettendo nel conto la potenza di back-up necessaria per bilanciare l’intermittenza e la non programmabilità di sole e vento. L’elettricità prodotta da eolico e FV è infatti circa il 50% più economica di quella delle nuove centrali nucleari e di impianti a gas o a carbone con CCS, mentre se nel conto mettiamo anche l’apporto di centrali a gas per il bilanciamento, vediamo che un sistema elettrico basato su rinnovabili e gas sarebbe costerebbe circa il 20% in meno di uno a base di nucleare abbinato al gas.

A rilevarlo è uno studio, commissionato alla società di consulenza Prognos da Agora Energiewende, che analizza i costi sia delle specifiche fonti che dell’intero sistema di generazione: “Comparing the Cost of Low-Carbon Technologies: What is the Cheapest Option?” (allegato in basso)

Per gli impianti a gas o a carbone con tecnologia CCS – attualmente applicata solo in progetti dimostrativi – il lavoro usa i costi stimati dal Department of Energy and Climate Change britannico per il 2019. Per i costi del nuovo nucleare si considera il prezzo minimo garantito al nuovo reattore che si vorrebbe costruire a Hinkley Point, cioè 112 €/MWh (vedi qui), mentre per fotovoltaico ed eolico si considera la remunerazione che si ha nei grandi impianti grazie agli incentivi attualmente erogati in Germania: in termini reali 73 e 56 €/MWh per il valore medio nel periodo considerato al netto dell’inflazione (che non pesa sulla remunerazione incentivata del nucleare britannico, che è garantita per 35 anni e indicizzata all’inflazione).

Ovviamente i costi al MWh delle varie fonti non bastano per determinare quale sia il modo meno costoso di ridurre le emissioni del sistema elettrico. Bisogna tenere conto del fatto che sole e vento non producono sempre e non sono programmabili, e dunque, affinché il sistema si possa mantenere in equilibrio, hanno bisogno di essere abbinate a potenza flessibile, ad esempio impianti a gas. Anche il nucleare d’altra parte è una fonte dalla produzione poco modulabile e richiede che gli si affianchino altre fonti più flessibili. Per questo Prognos calcola anche i costi a livello di sistema per due diversi mix: rinnovabili+gas e nucleare+gas.

Questi due mix ipotetici, costruiti su misura per la domanda del mercato tedesco, comportano lo stesso livello di emissioni e risentono in ugual modo di possibili evoluzioni del prezzo del gas, dato che in uno l’elettricità viene al 50% da rinnovabili e al 50% da gas; nell’altro viene al 50% da nucleare e al 50% sempre da gas. Assumendo che l’eolico lavori a pieno carico per 2.497 ore l’anno, il FV per 1.016 e il nucleare per 7.500, il mix rinnovabili+gas richiede circa 2,5 volte la potenza installata di quello nucleare+gas. Nonostante questo i costi annuali a livello di sistema risultano nettamente inferiori: si parla di oltre il 20% in meno per il mix rinnovabili-gas (vedi grafico).

Insomma, la risposta alla domanda che il report si pone è chiara: la via più economica per ridurre le emissioni è investire su eolico e solare. Una convenienza che sarebbe ancora più netta se si tenesse conto di altri aspetti che il report non considera. La stima di Prognos, infatti, se da una parte non considera gli investimenti nella rete elettrica necessari nei vari mix (elemento che probabilmente giocherebbe a sfavore di eolico e FV), dall’altra non tiene conto di eventuali esternalità negative e costi non quantificabili del nucleare: senza tirare in ballo possibili incidenti: basti pensare ai costi enormi e quasi imprevedibili della gestione delle scorie e del decommissioning.

Altro limite del lavoro, che ne rende ancora più importanti le conclusioni, è che qui i costi delle tecnologie sono basati sulla remunerazione attuale (cioè quella percepita dagli impianti grazie anche agli incentivi) e sulla produttività che eolico e FV hanno in Germania. Dunque non si tiene conto dell’andamento dei costi delle tecnologie nei prossimi anni e dei valori di LCOE che eolico e FV in certi contesti riescono ad ottenere, sicuramente più bassi rispetto ai valori considerati.

Con ogni probabilità, infatti, il calo dei costi di produzione sarà più rapido per le rinnovabili (mentre i prezzi del nucleare per gli impianti in costruzione in questi ultimi anni sono lievitati) e in diversi mercati alcuni progetti di eolico e fotovoltaico, vengono già realizzati senza alcun tipo di sussidio: ad esempio in Cile si sono realizzati un parco FV da 70 MW e 3 parchi eolici, per un totale di 213 MW, che competono sul mercato elettrico spot senza alcun tipo di incentivo.

Il report “Comparing the Cost of Low-Carbon Technologies: What is the Cheapest Option?” (pdf)

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