Tar del Lazio respinge ricorso per trivellazione offshore in Abruzzo

  • 17 Aprile 2014

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La decisione del Tar del Lazio di respingere il ricorso Medoil sul progetto petrolifero Ombrina mare è una battuta d'arresto per le trivellazione petrolifere in mare in Abruzzo tra Ortona e Vasto. Secondo Legambiente per fermare la corsa al petrolio nel mare italianoserve abrogare l'articolo 35 del decreto sviluppo e delle altre norme pro trivelle.

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La decisione del Tar del Lazio di respingere il ricorso Medoil sul progetto petrolifero Ombrina mare rappresenta finalmente una battuta d’arresto per le trivellazione petrolifere in mare in Abruzzo tra Ortona e Vasto (vedi Qualenergia.it). Il progetto, che prevede la realizzazione di una piattaforma che dovrebbe sorgere a sole tre miglia dalla costa abruzzese dei Trabocchi, non porterà nessun vantaggio né energetico né alla popolazione e al territorio abruzzese. Lo dichiara. “Il Paese – ha dichiarato Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente – ha bisogno di una strategia energetica nazionale che punti sulle energie rinnovabili, e non sulle fonti fossili e su risorse, come il petrolio presente sotto il mare italiano, che stando ai consumi attuali si esaurirebbero in soli due mesi mettendo a serio rischio l’ambiente, le economie dei territori interessati e del mare italiano. E ora di fare scelte coraggiose, a partire dall’abrogazione dell’articolo 35 del decreto sviluppo e delle altre norme pro trivelle per fermare la corsa all’oro nero nel mare italiano”.

Oggi le aree interessate dalle attività petrolifere nel Mediterraneo occupano una superficie marina di circa 24mila kmq, un’area grande come la Sardegna. Per quanto riguarda l’Adriatico centro meridionale – dalle Marche al sud della Puglia – in totale sono circa 10mila kmq le aree interessate da attività di ricerca o richieste delle compagnie petrolifere.

“Non vogliamo ipotecare il nostro futuro al petrolio. L’Abruzzo merita molto di più – dichiara Giuseppe di Marco, presidente di Legambiente Abruzzo – ben venga dunque la decisione presa dal Tar che conferma l’insensatezza del progetto, più volte denunciato da Legambiente anche per le numerose anomalie procedurali oltre che per la messa in pericolo della costa dei Trabocchi, un’area di tale pregio naturalistico tale da essere individuata dal Parlamento italiano nel 2001 come Parco nazionale. Una decisione che rappresenta anche una grande vittoria per le 40mila persone che il 13 aprile 2013 sono scese in piazza a Pescara per dire ‘no’ al progetto Ombrina e per ricordare che in Abruzzo e in Italia c’è bisogno di una strategia energetica nazionale diversa che abbandoni una volta per tutte il petrolio e le fonti fossili”.

Ricordiamo che il progetto consisterebbe in una piattaforma di produzione posta a soli 5 km dalla costa con 6 pozzi, 36-42 km di tubazioni sottomarine e una grande nave raffineria FPSO di 320 metri di lunghezza ormeggiata a 10 km dalla costa per almeno 24 anni. Solo nella fase di perforazione, si stima, verrebbero prodotti 14.258 tonnellate di rifiuti, soprattutto fanghi.

(fonte: Agenzia Dire)

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