Porto Tolle è disastro ambientale doloso. Condannati Tatò e Scaroni

Il processo di primo grado per i danni ambientali causati dalla centrale termoelettrica di Porto Tolle si chiude con una condanna per gli ex vertici Enel, Franco Tatò e Paolo Scaroni, colpevoli di disastro ambientale doloso. Assolto l'attuale Ad, Fulvio Conti. Soddisfatti gli ambientalisti: "ora Enel rinunci alla riconversione a carbone".

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Condanna per gli ex vertici dell’Enel, Franco Tatò e Paolo Scaroni, assoluzione per l’attuale Ad, Fulvio Conti. È questo il verdetto del processo di primo grado per i danni ambientali causati dalla centrale termoelettrica di Porto Tolle, sul delta del Po. Il Tribunale di Rovigo ha condannato i due ex Ad a 3 anni ciascuno in relazione al reato di disastro ambientale doloso (assolvendoli invece per l’ipotesi di omesse cautele), con l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Assolti, come detto, Conti e altri cinque ex manager finiti a processo – Antonino Craparotta, Leonardo Arrighi, Sandro Fontecedro, Alfredo Inesi, Carlo Zanatta. Assolto anche l’ex direttore dell’impianto Renzo Busatto, per il quale in sede di requisitoria la Pm aveva riconosciuto la prescrizione.

Il Tribunale ha inoltre condannato Tatò, Ad di Enel dal 1996 al 2002, e Scaroni, suo successore dal 2002 al 2005, al pagamento di una provvisionale complessiva di 430mila euro suddivisi tra le parti civili (Ministeri dell’ambiente e della Salute, la Provincia di Rovigo e alcuni Comuni polesani e le associazioni Legambiente, Italia Nostra, Greenpeace, WWF). Tra gli atti depositati il Ministero dell’ambiente aveva incluso una ricerca dell’Ispra che stima in 3,6 miliardi di euro il danno ambientale.

La Pm Manuela Fasolato aveva sostenuto l’accusa di disastro ambientale e di omesse cautele in relazione a una serie di presunte condotte negli anni che avrebbero aggravato la situazione ambientale nell’area del Delta che, sempre secondo l’accusa, avrebbero avuto un nesso con l’aumentare delle patologie respiratorie riscontrate nella popolazione infantile, come emerso da perizie presentate dalla rappresentante dell’accusa. Controperizie presentate dalle difese degli imputati, invece, escludevano qualsiasi nesso causale tra l’attività della centrale e le patologie. Il Pm aveva chiesto condanne per gli imputati con pene più pesanti per Tatò (7 anni) e Scaroni (5 anni).

Costruita negli anni ’80, la centrale di Porto Tolle è un impianto enorme che a regime avrebbe potuto generare l’8% del fabbisogno nazionale di energia elettrica. Inizialmente funzionava a gasolio e zolfo, e i gas combusti venivano espulsi in atmosfera da una ciminiera alta 250 metri. Dal 1995 è stato utilizzato un nuovo combustibile, l’orimulsion, e dalla metà degli anni 2000 è iniziato il lungo processo, non ancora concluso e segnato da continui ricorsi e pronunciamenti, per la riconversione a carbone.

Scaroni ha già annunciato il ricorso in appello.”Sono completamente estraneo alla vicenda e farò immediatamente ricorso – ha dichiarato l’attuale Ad Eni – Sono stupefatto da questa decisione. Come dimostrato dalle difese, la centrale Enel di Porto Tolle ha sempre rispettato gli standard in vigore anche all’epoca dei fatti”. “I reati contestati non sussistono, peraltro sono così risalenti nel tempo che, se ci fossero stati, oggi avrebbero dovuto essere dichiarati prescritti” ha osservato il suo legale. Fulvio Conti si è detto invece “soddisfatto per la sentenza di assoluzione, che dimostra – ha spiegato – la mia totale estraneità rispetto alle accuse sollevate in questi mesi di dibattimento”. “Considero questa – ha recita una nota di Tatòuna sentenza assurda, che scuote la mia teutonica fiducia nella giustizia. Sono certo che chi gestiva la centrale 15 anni fa ha sempre rispettato le norme: vedremo in appello”.

Greenpeace, Legambiente e WWF esprimono soddisfazione per la sentenza che – si legge in un comunicato –  “ha riconosciuto ciò che le tre associazioni hanno denunciato per anni, ossia che la centrale di Porto Tolle ha continuato a funzionare in mancanza delle autorizzazioni ambientali, causando gravi danni alla salute della popolazione residente e all’ambiente. Ora il nesso tra le emissioni di quella centrale e l’aumento di patologie nella popolazione locale appare provato, come pure l’impatto sul fragile ecosistema del Delta del Po che ospita l’impianto; ed ora Enel sarà chiamata a rifondere danni per 3,6 miliardi di euro”.

Le associazioni ambientaliste auspicano che la sentenza odierna “rappresenti anche l’archiviazione definitiva  per i progetti di riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle. L’impianto, che sorge nel mezzo del Parco del Delta del Po, era già costato ad Enel la condanna in due processi precedenti. La volontà di trasformarlo per poterlo alimentare con la fonte energetica più inquinante e dannosa per il clima, il carbone appunto, è sbagliata: non risponde ad alcuna necessità energetica del Paese, non ha fondamento in termini di strategia industriale e consegnerebbe il Polesine a un modello di sviluppo già dimostratosi perdente e dannoso”.

Greenpeace, Legambiente e WWF chiedono ad Enel di fare chiarezza e di dire cosa intende fare. Poche settimane addietro la Commissione VIA del Ministero per l’Ambiente ha nuovamente bocciato la proposta di conversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle. “Enel – chiedono gli ambientalisti – è pronta a rinunciare al progetto o tornerà a presentarlo e promuoverlo, dimostrando di non saper apprendere dai propri errori e neppure dalle sentenze?

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