Buone pratiche per realizzare una casa autonoma a energia solare

Con l'esperienza di 600 analisi energetiche effettuate in Italia e grazie anche all'esperienza in Germania è possibile realizzare una casa autonoma da punto di vista energetico con un involucro isolato termicamente, un sistema di recupero del calore per il ricambio d’aria, un impianto termico solare ed uno fotovoltaico connesso alla rete.

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Uno dei percorsi corretti per realizzare case completamente autonome da un punto di vista energetico (Qualenergia.it, La casa energeticamente indipendente) è quello di valutare inizialmente i consumi energetici mensili differenziando quelli elettrici da quelli termici. Nella maggior parte dei casi si troverà la seguente situazione (vedi grafico): circa l’80% dei consumi sarà di tipo termico (25% per la produzione di acqua calda sanitaria – ACS – e il 56% per il riscaldamento degli ambienti) e il 19% di tipo elettrico.

Queste percentuale possono variare secondo lo stile di vita degli abitanti e la localizzazione geografica dell’edificio, ma descrive in media il consumo energetico di un edificio residenziale; a questo scopo sono state eseguite circa 600 analisi energetiche durante il progetto di ricerca ‘Paese del Sole‘.

Il consumo di energia principale è quello per il riscaldamento ed è circa 2 o 3 volte maggiore del calore necessario per l’ACS. Attualmente il consumo medio in casa è di circa 20 MWh annui; in questa situazione un impianto termico solare di tipo combi può contribuire con 8 MWh annui. Diversamente, in una casa a bassa emissione, dove il consumo annuo è di soli 8 MWh, il solare termico può coprire quasi tutto il fabbisogno.

In Germania questa tipologia di abitazioni è già stata costruita da tempo e riesce ad avere una copertura del fabbisogno annuo da energia solare che val dal 50 fino al 100%. Nella foto una tipologia di case costruite proprio in Germania dove sul tetto è situato un impianto solare termico (ai due lati, circa 64 mq) e uno fotovoltaico (al centro). All’interno dell’edificio è situato un serbatoio altamente coibentato e con un sistema di stratificazione per l’accumulo settimanale del calore prodotto dal campo solare termico.

La casa è a basso consumo e riesce, con il solo ausilio di questo calore, a far fronte al fabbisogno di riscaldamento, ovviamente la casa è dotata di un sistema di ricambio dell’aria con recupero di calore (fonte: “Solare Termico, manuale tecnico per progettisti, installatori, esperti di energie rinnovabili” – Flaccovio Editore).

In questo caso si è raggiunto l’obiettivo di una casa autonoma da un punto di vista energetico attraverso l’integrazione delle seguenti tecnologie: un involucro isolato termicamente, un sistema di recupero del calore per il ricambio d’aria, un impianto termico solare e un impianto fotovoltaico connesso a rete.

In una casa a basso consumo l’incidenza del sistema di riscaldamento è relativo. Comunque, di solito, si preferisce un sistema radiante a pavimento o a parete. La riduzione dei consumi attraverso l’isolamento termico è prioritaria anche per aumentare la capacità dei sistemi solari di coprire l’intero fabbisogno energetico.

Infatti, se osserviamo il grafico in basso notiamo come in una casa a cui abbiamo applicato un cappotto termico e ridotto della metà i consumi per il riscaldamento, le voci di consumo sono quasi equiparate: riscaldamento: 36%, ACS: 36%, energia elettrica: 28%; in questo modo i problemi di surriscaldamento del sistema solare termico sono enormemente ridotti e può essere raggiunta così una copertura del fabbisogno che va dal 50 fino al 100%.

Nel caso di un sistema che non raggiunge l’intera copertura del fabbisogno energetico termico solo con l’energia solare, si può utilizzare una caldaia a biomassa. La caldaia permette di far fronte ai periodi con minore energia solare. È possibile anche ottenere il risultato della completa copertura del fabbisogno senza prima agire sul’isolamento termico dell’involucro, ma non otterremo mai gli stessi risultati. Prima di tutto dovremmo utilizzare più biomassa con il risultato di maggiori costi di gestione e un maggiore inquinamento locale: anche se le emissioni di CO2 sono compensate dal ciclo delle biomasse, non lo sono tutte le altre emissioni. Inoltre non sfrutteremo al meglio l’impianto termico solare che non coprirà la maggior parte dei consumi e non lo farà con la stessa efficienza termica di sistema, BOSth, e, inoltre, consideriamo anche che la potenza della caldaia dovrà essere maggiore.

La messa in pratica delle “buone pratiche” sicuramente prevede una certa variabilità rispetto alle diverse situazioni, ma possiamo affermare che i risultati di questa ricerca forniscono ottimi principi generali di progettazione per la maggior parte dei casi. Ricordiamo, infatti, che l’intero lavoro si basa sull’analisi di centinaia di casi situati nelle diverse aree geografiche d’Italia e con diverse tipologie di abitazione. È importante lavorare e promuovere questi principi sia per evitare una certa confusione presente nel mercato del risparmio energetico e delle tecnologie rinnovabili sia per aumentare l’efficacia degli investimenti, pubblici o privati, in questo settore.

L’articolo è stato pubblicato il 1 aprile 2014

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