UE 2030. Risparmiare sulla rete e avere le rinnovabili al 77%

Una strategia europea coordinata può portare al 2030 a un mix elettrico con il 77% da fonti rinnovabili, con gli stessi investimenti per la rete previsti oggi per coprire il 37% della domanda. Ma se qualche Stato insistesse su carbone e nucleare i costi aumenterebbero di molto per tutti. Un report di Greenpeace.

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Con la rete elettrica adeguata si può arrivare ad integrare in tempi brevi quantità massicce di rinnovabili non programmabili con risparmi significativi. Se si adotta una strategia europea lungimirante e coordinata, al 2030 si potrà avere un mix elettrico con il 77% della produzione da rinnovabili, e il 53% da eolico e fotovoltaico, con lo stesso livello di investimenti in infrastrutture di rete previsto oggi per arrivare al 37% di energia pulita.

Al contrario, se gli Stati membri non procederanno assieme nella transizione energetica, l’inefficienza del sistema elettrico europeo e i costi aumenterebbero. Ad esempio, se Francia, Polonia e Repubblica Ceca restassero avvinghiate ai loro mix elettrici basati su nucleare e carbone, su scala europea spenderemmo dai 2 ai 5 miliardi all’anno in più a cuasa della limitata flessibilità di queste fonti.

Si potrebbe sintetizzare così il quadro dipinto da un nuovo report commissionato da Greenpeace alla società di consulenza Energynautics (allegato in basso). Un lavoro nel quale si stimano i costi per adeguare la rete elettrica europea all’obiettivo proposto dall’associazione ambientalista per il 2030: avere il 45% di rinnovabili sul fabbisogno totale di energia e, appunto, il 77% sulla domanda UE di elettricità.

Lo studio mette a confronto tre possibili scenari: il Reference Case di tipo ‘business as usual’; il Conflict Case, basato sulla contrapposizione di un sistema poco flessibile a base di fossili e nucleare in Francia, Polonia e Repubblica Ceca e un sistema a base di rinnovabili nel resto dell’Europa e l’Energy [R]evolution Case, nel quale si realizzano gli obiettivi proposti da Greenpeace. Quest’ultima prospettiva, come detto, ha per ingredienti un mix elettrico europeo fatto al 77% di rinnovabili (100% in alcuni paesi come la Spagna, per l’Italia è previsto il 70%), e al 53% di fonti non programmabili, politiche di gestione della domanda, accumuli e interconnessioni intereuropee ad alto voltaggio in corrente continua (HVDC).

Quest’ultimo scenario può essere raggiunto a costi veramente convenienti: sostanzialmente uguali a quelli previsti dal piano presentato da ENTSO-E, la Rete Europea degli Operatori del Sistema di Trasmissione per l’Elettricità per arrivare ad integrare il 37% di rinnovabili nel mix elettrico europeo, investimenti che sarebbero all’incirca pari all’1% della bolletta elettrica UE. Gli attuali piani di espansione della rete elettrica europea, infatti, secondo il report, non sono ottimizzati per le rinnovabili; al contrario, molte nuove linee sono costruite per trasportare maggiori quantità di energia ottenuta da carbone e nucleare, il che comporta maggiori costi di investimento.

Con una rete intelligente e soprattutto grazie agli elettrodotti HVDC, rispetto al piano ENTSO-E, si può avere il doppio dell’energia pulita con metà degli elettrodotti: non 50.000 km di nuove linee, ma solo 26.000 (vedi grafico sotto). Un sistema elettrico più flessibile costerebbe meno: ad esempio se il 10% degli impianti fotovoltaici previsti fosse dotato di sistemi di accumulo, grazie al loro contributo nello smussare i picchi di domanda, si ridurrebbe del 10% la necessità di realizzare nuove infrastrutture di rete.

Al contrario la generazione poco flessibile da carbone e nucleare sarebbe una pesante palla al piede anche se rimanesse centrale solo in una minoranza di Stati membri. Come si vede nel Conflict Scenario, se mentre il resto d’Europa procedesse verso l’energia pulita, Francia, Polonia e Repubblica Ceca continuassero a produrre la maggior parte dell’elettricità con queste fonti, il verificarsi di colli di bottiglia e la relativa necessità di sprecare energia da fonti non programmabili aumenterebbe del 100%, con un costo aggiuntivo per il sistema elettrico europeo di 4,9 miliardi l’anno, cioè di 2 miliardi l’anno in più rispetto allo scenario Energy [R]evolution (grafico sotto).

Insomma, l’Europa risparmierebbe molto se la transizione verso le rinnovabili venisse progettata in maniera coordinata: lasciare ad ogni Stato membro la possibilità di ridurre le emissioni di CO2 con il mix elettrico che preferisce potrebbe portare ad una bolletta molto più alta per tutti. Come sappiamo, sugli obiettivi UE 2030 la discussione è aperta tra chi, come la Commissione, non vorrebbe ci fossero obiettivi nazionali vincolanti per le rinnovabili e chi invece, come l’Europarlamento, vorrebbe target anche per i singoli Stati membri. Venerdì il Consiglio Europeo ha annunciato che la decisione sarà presa entro ottobre: speriamo che nel valutare questi target si considerino anche i numeri che presenta questo studio.

Il report (pdf)

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