Clima, cresce l’impegno normativo dei paesi emergenti

Sempre più nazioni puntano a migliorare le proprie politiche di riduzione dei gas serra e i paesi emergenti sono sempre più protagonisti. Ma l'attività negli ultimi anni è rallentata e ancora si è lontani dai necessari tagli delle emissioni. Un report fotografa la situazione a livello mondiale della normativa nazionale per combattere i cambiamenti climatici.

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Le politiche per difendere il clima riducendo le emissioni a livello mondiale sono sempre più diffuse, con i paesi emergenti sempre più protagonisti. Ma l’attività legislativa in tal senso negli ultimi anni è rallentata: alcuni paesi importanti hanno fatto retromarcia e siamo ancora lontani dai tagli delle emissioni che servirebbero per far rimanere il riscaldamento globale entro la soglia critica dei 2 °C. E’ questa la fotografia della situazione che emerge dal quarto report annuale sulle politiche climatiche pubblicato dalla Global Legislators Organisation (GLOBE) e redatto con la collaborazione del Grantham Research Institute at the London School of Economics (vedi allegati in basso).

Al momento, si scopre sfogliando il report che monitora 66 paesi, responsabili assieme di quasi il 90% delle emissioni mondiali di gas serra, che sono in vigore nel mondo 500 leggi orientate a ridurre le emissioni di CO2 e affrontare il rischio climatico. Negli ultimi anni a fare più progressi sono stati i paesi emergenti, addirittura con la Cina in testa. Nel grafico l’attività legislativa distinta tra quanto si fa nei paesi industrializzati, inclusi nel cosiddetto annex 1, e gli altri.

Diversi paesi in via di sviluppo sono tra quelli segnalati come particolarmente avanzati in quanto a leggi anti-global warming: tra le menzioni speciali del report, ad esempio, Bolivia, Salvador e Mozambico.

In totale nel 2013 hanno migliorato la loro legislazione sul clima 19 nazioni sulle 66 monitorate. “A conti fatti è stato un periodo incoraggiante. Sul fronte internazionale non ci sono stati grandi progressi, ma lo studio mostra che a livello nazionale si sta lavorando bene”, commenta la vicepresidente di GLOBE, Bryony Worthington.

Male Giappone e Australia, che al contrario hanno indebolito le norme per tagliare la CO2. Tra le nazioni tradizionalmente inerti in quanto a lotta al riscaldamento globale c’è poi il Canada, che si salva solo per leggi a livello di singoli Stati. Grave poi che il Congresso degli Usa, superpotenza al secondo posto al mondo per emissioni di CO2, non abbia ancora fatto passare una legge in grado di ridurre efficacemente i gas serra.

Siamo ancora lontani da quanto bisognerebbe fare: le leggi in atto finora, se contribuiscono a ‘ripulire’ (e rendere più sicuri) i sistemi energetici dei vari paesi non sono però affatto sufficienti a ridurre le emissioni di gas serra di quanto serve per avere buone probabilità di fermare la febbre del pianeta entro la soglia critica dei 2°C.

Come sappiamo, un accordo internazionale efficace e vincolante per affrontare il problema tagliando la CO2 non è ancora stato raggiunto dopo il sostanziale fallimento del tentativo fatto a Copenhagen nel 2009. Affinché ci si riesca nei negoziati del 2015, sottolineano dalla Global Legislators Organisation, è indispensabile che nel frattempo tutti i paesi si dotino di leggi sul clima, un presupposto che si sta lentamente verificando: “in questo modo quando i governi si siederanno attorno ad un tavolo nel 2015 lo faranno in un clima politico molto diverso dal quello che c’era a Copenhagen”, spiega il presidente dell’associazione Lord Deben John Gummer.

L’executive summary (pdf)

Il report  “GLOBE Climate Legislation Study – fourth edition” (pdf)

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