Il fotovoltaico che cammina sull’acqua

In Italia ci sono decine di migliaia di specchi d’acqua artificiali, tanto da far venire l'idea ad un gruppo di ricercatori, diretti dal professore di fisica dell’Università di Firenze, Marco Rosa-Clot, di usarli come superfici per impianti FV, risolvendo anche altri problemi. Un'esperienza piena di ostacoli che potrebbe trovare sbocco soprattutto all'estero.

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Basta un’occhiata con Google Earth, per scoprire che l’Italia, è bucherellata come un groviera da decine di migliaia di specchi d’acqua artificiali, realizzati per l’energia elettrica o l’irrigazione, ma anche vecchie cave o bacini di sedimentazione e depurazione. Alcuni anni fa a un gruppo di ricercatori, diretti dal professore di fisica dell’Università di Firenze, Marco Rosa-Clot, venne l’idea di usare queste superfici come base per impianti fotovoltaici, aggirando completamente tutte le polemiche sull’occupazione di suolo e impatto estetico e ottenendo, dal galleggiamento sull’acqua, altri importanti vantaggi.

Da allora in Italia alcuni di questi impianti sono stati creati o progettati, andando però spesso incontro a grottesche vicende legate alla burocrazia. Ma Rosa-Clot, convinto della bontà della idea, non si è arreso, e li sta ora proponendo all’estero dove si stanno rivelando in grado di risolvere altri, gravi problemi.

Professor Rosa-Clot, come vi è venuto in mente di ‘far camminare il fotovoltaico sull’acqua’?

Nel 2002, mentre dirigevo il centro di ricerca CRS4 di Cagliari, ci venne in mente di verificare se un pannello fotovoltaico avrebbe potuto lavorare immerso in pochi centimetri di acqua, visto che uno spessore di acqua così ridotto non assorbe le lunghezze d’onda a cui lavora il silicio, mentre lo raffredda e riduce anche, grazie al gioco delle rifrazioni, la perdita di luce per riflessione. I risultati furono ottimi, anche se l’immersione in acqua pone altri problemi, come la formazione di alghe o le infiltrazioni. Per cui pensammo sarebbe stato meglio far galleggiare i pannelli sull’acqua, pompandola sulla loro superficie per raffreddarli. A quel punto ci venne in mente che il galleggiamento consentiva anche un facile orientamento dell’impianto al sole, e per mettere in pratica queste idee utilizzammo “Scienza Industria Tecnologia”, una società di ricerca e applicazione tecnologica basata a Pisa.

Ma bagnare costantemente i pannelli non provoca la formazione di alghe e calcare? E l’ombreggiatura dell’acqua non danneggia l’ecosistema sottostante?

Di alghe non se ne formano, perché i pannelli sono bagnati solo quando la loro superficie supera i 35 °C, quindi poche ore al giorno, anche d’estate. Il calcare è un problema minore, viene eliminato con la normale manutenzione, oppure dalla prima pioggia. Per quanto riguarda l’ombreggiatura, abbiamo constatato che, in verità, sembra attirare pesci e rettili acquatici, più che infastidirli, ma comunque non proponiamo di usare i nostri impianti in aree di pregio ambientale, ma solo in bacini artificiali.

E le avete poi messe poi in pratica queste idee?

Nel 2011 abbiamo costruito un impianto sperimentale da 30 kW su un laghetto privato a San Giuliano (Pisa). Quell’impianto era particolarmente originale: i pannelli, raffreddati ad acqua, erano posti quasi orizzontali, e ricevevano il 70% di luce in più del normale da riflettori laterali di alluminio inclinati a 60 °C. Le zattere con i pannelli girano seguendo  il sole tramite due eliche con motore elettrico, del tipo usato dalle barche a vela per manovrare. Vengono azionate ogni pochi minuti, o più spesso in caso di vento, e riescono a mantenere il sole, inquadrato da una piccola telecamera, nella posizione ottimale con uno scarto di pochi gradi. Ad alimentare il tutto ci pensa una batteria, rifornita da un suo pannello, così da essere del tutto indipendente da terra. Questo sistema è molto semplice e stabile, anche in caso di vento, ed è stato utilizzato anche nel successivo impianto da 200 kW, realizzato nel laghetto di irrigazione dell’azienda vinicola Terra Moretti, a Suvereto (Livorno).

Tra zattere e tecnologie varie questo tipo di fotovoltaico sembra piuttosto costoso.

Niente affatto. E’ proprio grazie alle tecnologie per il tracking, il raffreddamento ed, eventualmente, dei riflettori, che i nostri impianti producono talmente bene da ripagare abbondantemente l’extra costo delle zattere.

Però le cose non vi sono andate molto bene …

Non certo per colpa della tecnologia. Nel 2012 dovevamo partire con un impianto da 1 MW posto su laghi artificiali vicino a Brescia e realizzato dalla Siemens, quando i tedeschi hanno improvvisamente chiuso il settore solare, cancellando il progetto. Contemporaneamente abbiamo assaggiato le delizie della burocrazia italiana: quando abbiamo chiesto di allacciare alla rete l’impianto di San Giuliano, che aveva superato brillantemente la fase sperimentale, il Comune si è opposto perché situato “su terreni agricoli”. Per loro acqua o terra non faceva differenza e solo una variazione del piano regolatore poteva renderlo “legale”. Dopo due anni nell’attesa di questa variazione, abbiamo smontato tutto, sperando di poterlo riutilizzare in Trentino, dove, forse, vige un’applicazione meno ottusa delle norme. Infine, un nuovo impianto da 500 kW, posto sul lago artificiale di un agriturismo vicino a Castiglione della Pescaia (Grosseto), è stato bloccato dalla Soprintendenza per “motivi paesaggistici”, obbligando il proprietario a smontarlo. Questi eventi, sommati a problemi legati ai crediti non riscossi da enti pubblici e privati, ci hanno messo in seria difficoltà.

Ma non vi siete arresi.

No, perché se l’idea è buona in Italia, dove la superficie dei bacini potrebbe consentirci di installare gigawatt e gigawatt di fotovoltaico ad alto rendimento a impatto zero, nei paesi caldi è addirittura l’uovo di Colombo. Lì i bacini idrici sono minacciati sia dall’evaporazione, che fa perdere metri di livello ogni anno, che dalla formazione di alghe, che intasano le condutture e che talvolta rendono l’acqua tossica. Trovare un sistema per ombreggiarli, riducendo temperature e crescita delle alghe, e che si ripaghi fornendo energia, è l’ideale. E infatti stiamo per partire con la prima tranche di due impianti da 2 MW ciascuno in Australia, vicino ad Adelaide e Melbourne: le nostre zattere copriranno vasche che raccolgono acqua fognaria depurata, usata per l’irrigazione. Abbiamo anche progettato un impianto realizzato in Corea (vedi foto copertina, ndr), mentre a San Diego, in California, partecipiamo a un concorso per coprire 60 ettari di un grande bacino di acqua potabile: per l’occasione abbiamo ideato zattere speciali, semplici da costruire e che si incastrano l’una nell’altra, da realizzare in Italia. E stiamo aspettando risposte anche da Singapore.

Nella matrigna Italia più niente, allora?

Intanto siamo ripartiti con i lavori per l’impianto di Castiglion della Pescaia, dove, per fortuna, poi la Soprintendenza ha cambiato idea. Dovrebbe essere pronto entro l’estate. E speriamo che quell’esempio faccia da traino. Pensate solo a quante industrie, agriturismi, aziende agricole, centri abitati hanno bacini artificiali vicini su cui installare fotovoltaico, senza occupare suolo produttivo o alterare l’estetica degli edifici. Solo in Sicilia questi specchi d’acqua coprono 75 kmq.

Nell’attuale situazione, però, occorrerebbe abbinare gli impianti galleggianti a sistemi di accumulo, per aumentare l’autoproduzione.

E infatti anche a questo stiamo lavorando: i galleggianti, oggi in polietilene, potrebbero diventare serbatoi in acciaio dove accumulare energia sotto forma di aria compressa. Visti i volumi in gioco, anche solo una pressione di 30 atmosfere, consentirebbe l’accumulo della produzione di un giorno d’estate. Ci sono certo problemi di rendimento termodinamico, ma contiamo, vista la disponibilità di acqua e del calore che contiene, di risolverli.

 

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