Energia rinnovabile e mercati elettrici: la Germania e i suoi vicini

La Germania nell'ambito transizione energetica in corso sta cercando attivamente l'integrazione con gli altri sistemi elettrici europei. Ma spesso il nazionalismo energetico dei paesi confinanti erige barriere volte a proteggere i produttori domestici di energia convenzionale dall'elettricità a basso prezzo generata dalle rinnovabili tedesche.

ADV
image_pdfimage_print

Le accuse alla Germania di procedere per la sua strada nella transizione energetica, incurante dei vicini, sono infondate. Al contrario, la Germania cerca l’integrazione con gli altri sistemi elettrici europei, ma spesso è il nazionalismo energetico di questi a erigere barriere volte a proteggere i produttori domestici di energia da fonti convenzionali dall’elettricità a basso prezzo generata dalle rinnovabili tedesche. E’ questo il sunto estremo di un’analisi di Craig Morris, pubblicata sul sito tedesco Renewables International nella quale si fa il punto sui rapporti tra la Germania dell’Energiewende e i mercati elettrici europei.

Secondo il Trattato di Lisbona, come sappiamo l’energia è una delle aree in cui gli Stati membri dividono le proprie competenze con quelle dell’UE. L’idea è quella che coordinando le politiche energetiche si migliori l’efficienza, cosa facile da intuire se si pensa ad esempio a come gli scambi transfrontalieri di elettricità possano diminuire l’esigenza di avere riserve di potenza per il dispacciamento o di accumulare energia.

In questo contesto nessuno può “fare da sé” e – argomenta Morris – certo non si può accusare la Germania di essere stata più chiusa di altri paesi. Berlino, si spiega, ha fuso la sua rete elettrica con quella austriaca con l’indice Phelix, partecipa all’EPEX assieme ad Austria, Francia e Svizzera, e sta lavorando per migliorare l’integrazione con una lista di paesi che comprende Belgio, Paesi Bassi, paesi scandinavi del Nord Pool e Stati baltici.

I problemi di integrazione sorgono soprattutto con il mercato elettrico della Polonia e quello della Repubblica Ceca. L’accusa che si fa alla Germania è di usare la rete polacca e quella ceca per mandare l’eccesso di energia da rinnovabili in Austria e in Bavaria: il problema è che l’elettricità verde tedesca in questo modo intacca non solo la produzione da fonti convenzionali di casa, ma anche quella della Polonia. Ecco dunque perché il governo e l’establishment polacco si sta opponendo ad un’integrazione più marcata del mercato elettrico tedesco con quelli ceco e polacco.

La grande differenza tra la Germania e gli altri paesi, spiega l’analisi di Renewable International, è che in Germania l’energia è vista come una semplice merce, essendo i grandi produttori e i gestori di rete in gran parte investitori esteri, mentre nei paesi confinanti il sistema elettrico vede un maggior controllo da parte statale e dunque viene gestito con più attenzione agli interessi nazionali.

In effetti, oltre alla Germania, solo Belgio e Svizzera hanno gestori di rete che non siano controllati totalmente o per più del 50% dallo Stato. Come questo si rifletta sulle politiche di integrazione lo mostra bene l’esempio della Francia, la cui rete è per l’85% a controllo pubblico, tramite EDF: qui si è ritardata “attivamente” l’interconnessione con la Spagna, per proteggere il mercato dall’energia spagnola a basso prezzo.

Detto questo, non tutti gli Stati con controllo pubblico della rete tentano di fare muro contro l’energia tedesca a basso prezzo: ad esempio in Svizzera, dove al pari che in Polonia e Repubblica Ceca la produzione domestica è erosa dall’import dalla Germania, si riconosce che il problema non è l’energia verde tedesca, ma i produttori di casa. Altro esempio l’Olanda, che ha addirittura scelto la strategia di mettere in stand by centrali locali e dipendere sempre di più dall’energia tedesca.

In conclusione, spiega l’analisi, il problema non è la Germania che “va per la sua strada”, ma il calo del prezzo del MWh all’ingrosso sul mercato tedesco, causato in gran parte dalle fonti rinnovabili. Un calo di prezzo che come sappiamo mette in difficoltà la generazione convenzionale. Per questo, avverte Morris “i tentativi di affossare le tariffe feed-in e rallentare la transizione energetica tedesca non sono dovuti alla volontà di riportare la ‘ribelle’ Germania nei ranghi dell’UE, ma per proteggere gli interessi della generazione convenzionale”.

ADV
×