I SEU e il fotovoltaico italiano come le macchinette del caffè

Con la normativa sui Sistemi Efficienti di Utenza ormai pronta, in Italia si apre una nuova strada per fare FV senza incentivi: produrre energia direttamente a casa del cliente, magari agendo sui consumi e inserendo il FV in un intervento integrato. Fare solare vorrà dire sempre meno vendere un prodotto e sempre di più fornire un servizio.

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Operatori che devono trasformarsi da semplici progettisti e installatori in una sorta di energy manager. Modelli di business più simili a quelli della fornitura di auto in leasing o di macchinette del caffè installate presso terzi, che a quello cui eravamo abituati, nei quali ci si limitava a vendere o realizzare gli impianti contando sugli incentivi. In Italia si sta aprendo una nuova stagione per il fotovoltaico, nella quale fare solare vorrà dire sempre meno vendere un prodotto e sempre di più fornire un servizio.

Con la pubblicazione della attesa delibera che chiarisce alcuni punti critici fondamentali, diventa infatti finalmente praticabile una nuova strada per fare fotovoltaico senza incentivi: quella di vendere l’energia producendola direttamente a casa del cliente, grazie ai Sistemi Efficienti di Utenza o SEU. Per chi non li conoscesse, stiamo parlando di quei sistemi alimentati da impianti a rinnovabili o di cogenerazione ad alto rendimento, con potenza fino a 20 MWe, gestiti da un solo produttore, anche diverso dal cliente finale, direttamente connessi tramite un collegamento privato all’unità di consumo e realizzati all’interno di un’area di proprietà o nella piena disponibilità del cliente stesso.

Configurazioni che danno un vantaggio economico perché, essendo l’energia prodotta e consumata all’interno del SEU esente da oneri di rete e di sistema, consentono al cliente di garantirsi elettricità a tariffe inferiori a quelle della rete pubblica e al produttore di venderla a un prezzo superiore a quello del mercato elettrico, rendendo così possibile, nelle situazioni giuste, fare fotovoltaico non incentivato, ossia in grid parity.

QualEnergia.it pubblicherà prossimamente uno Speciale Tecnico in cui si spiegheranno gli aspetti normativi ed economici da conoscere per cimentarsi nei SEU. Intanto siamo andati a vedere cosa il settore si aspetta da questo nuovo modello di business e come si sta preparando.

Innanzitutto, c’è impazienza per le ultime regole applicative, sulle quali sta lavorando il GSE, il soggetto delegato a riconoscere che un sistema è valido come SEU, e che dovrebbero essere pubblicate entro fine marzo: “Ci auguriamo che siano semplici, comprensibili e che non rimandino ad altri regolamenti, cioè che a fine marzo si possa veramente partire”, commenta a QualEnergia.it Valerio Natalizia, vicepresidente di Anie-Gifi. Da dirimere – aggiungiamo noi – resta anche il dubbio se sull’energia venduta all’interno del SEU (come detto esente da oneri di sistema e di rete) si pagheranno o meno le accise: la decisione dovrebbe arrivare entro fine mese, anticipa l’Agenzia delle Dogane a QualEnergia.it

In ogni caso le possibilità che si aprono sono interessanti. “Si tratta di una grande opportunità che permetterà anche a molte aziende di pagare meno l’energia elettrica. Ma serve un lavoro di comunicazione: starà ad operatori e associazioni farlo,” osserva Natalizia.

I clienti sui quali puntare? Alcuni limiti come sappiamo sono impliciti nella definizione stessa di SEU: il consumatore deve essere uno solo, quindi ad esempio restano esclusi i centri commerciali, e la produzione energetica deve avvenire in loco, quindi è indispensabile che presso l’utente si possa installare un impianto.

Fondamentale poi è che il profilo dei consumi del cliente coincida il più possibile con quello della produzione dell’impianto fotovoltaico. “Solo in questo modo si riesce ad avere un sufficiente vantaggio dell’utente e un margine per il produttore”, commenta Giovanni Simoni, vicepresidente di AssoRinnovabili.

Diventa allora indispensabile dimensionare l’impianto accuratamente sulla base dei consumi al fine di massimizzare l’autoconsumo. Ma sul profilo dei consumi si può anche intervenire attivamente: “La linea è quella di aumentare la parte elettrica – spiega Simoni – ad esempio spostando i consumi da gas ad elettricità con tecnologie come le pompe di calore. Questo apre spazi economici nuovi per le aziende del fotovoltaico. L’impianto nel SEU va collocato nell’ambito di un intervento complessivo”.

Stesso concetto ribadito da Pietro Pacchione, CEO di Green Utility: “Prima non si guardava in faccia la controparte, ora invece il FV va integrato in un intervento su misura per il cliente, costruito studiandone i consumi e possibilmente abbinando l’impianto ad altre tecnologie come le pompe di calore, le soluzioni di domotica e magari i sistemi di accumulo”.

Come esempio di cliente ideale dal punto di vista del profilo dei consumi, diversi operatori sentiti citano i supermercati. Anche le dimensioni sono importanti: “meglio impianti di qualche centinaio di kW”, secondo Simoni. Ma del cliente, oltre che l’aspetto energetico, nei SEU è fondamentale valutare quello economico: bisogna che l’attività alla quale si vende l’energia garantisca una certa stabilità finanziaria e abbia il merito creditizio per accedere ad eventuali finanziamenti.

“Il fotovoltaico con i SEU – è il paragone che fa Pacchione – diventa simile al leasing delle auto o al mercato delle macchinette del caffè installate presso terzi: si fornisce un servizio e al centro del business plan ora c’è il cliente”.

Dunque un modello di business molto più complesso di quelli cui il settore era stato abituato finora. “L’ostacolo più grande è quello della finanziabilità, che dipende dalla qualità del credito del cliente; un problema che in questo periodo è aggravato dalla stretta creditizia”, osserva Simoni. “Quando le regole saranno chiare e i vantaggi evidenti arriveranno anche i finanziamenti delle banche”, è il commento più ottimista di Natalizia.

Certo quello dei SEU che si sta aprendo non sarà un mercato per tutti. “Chi fa fotovoltaico, se vuole continuare a farlo nei SEU deve essere un po’ energy manager e operare a 360 gradi sulle varie tecnologie, ma soprattutto avere anche competenze economiche”, osserva Pacchione. Gli fa eco Simoni: “Diventa fondamentale aggregare competenze diverse: lo sviluppatore deve essere molto professionale, deve gestire bolletta e profili di consumo ma deve anche capirne di economia, per valutare la stabilità finanziaria del cliente. Infine, determinante per distinguere le aziende che ce la faranno da quelle che non ce la faranno è la disponibilità finanziaria”.

Insomma, non sarà per nulla facile, ma l’ottimismo non manca: “Alle difficoltà nell’accesso al credito si associano prezzi che, per effetto della disputa doganale tra UE e Cina, sono più alti di un anno fa – commenta Pacchione – il settore è stato massacrato, molte aziende non sopravviveranno, ma sul medio-lungo termine i modelli di business legati al fotovoltaico in autoconsumo non possono che avere successo”.

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