Rinnovabili in Spagna al 52% e allora scattano altri tagli retroattivi agli incentivi

A gennaio il 51,7% dell'elettricità spagnola è generata da rinnovabili, contribuendo a dimezzare il prezzo all'ingrosso e aggravando il crollo del termoelettrico. Gli operatori iberici di energia pulita però hanno poco da festeggiare: in arrivo l'ennesimo taglio retroattivo agli incentivi.

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A gennaio il 51,7% dell’elettricità prodotta in Spagna è venuta dalle rinnovabili, fattore che ha contribuito a dimezzare il prezzo del MWh in Borsa, e ad accentuare il crollo di gas e carbone, già marcato nel 2013, anno che si è chiuso con le fonti pulite oltre il 42% della domanda elettrica. Numeri impressionanti, che però il mondo dell’energia verde spagnolo avrà probabilmente poca voglia di festeggiare: è infatti in arrivo l’ennesimo taglio retroattivo agli incentivi. Una sforbiciata annunciata che ha fatto crollare in Borsa le azioni di aziende come Acciona, protagonista dell’eolico iberico.

La riforma degli incentivi, sulla quale il governo spagnolo sta lavorando da tempo, nei giorni scorsi è stata trasmessa in bozza dal ministero dell’Industria al Cnmc, l’ente regolatore per l’energia e la concorrenza. Si tratta di un rimodellamento piuttosto complesso costruito su di un punto fermo: la redditività per gli impianti in funzione dovrà essere del 7,39% per quelli già in esercizio e del 7,5% per quelli nuovi.

Da questi valori deriva un elaborato sistema di tagli retroattivi degli incentivi (o in alcuni casi anche aggiustamenti al rialzo), calcolati incrociando una lunga lista di variabili tra le quali la potenza, la tecnologia e le modifiche apportate dopo l’entrata in funzione degli impianti, gli incentivi finora erogati, il costo di gestione e di investimento, nonché il prezzo di vendita dell’energia prodotta.

In questo complicato sistema di rimodulazioni “su misura”, gli incentivi per l’eolico – quantifica il Ministero dell’Industria – scenderanno mediamente del 6,9%, seppure con sensibili differenze a seconda dei casi (si va dall’azzeramento per gli impianti avviati prima del 2004 a un aumento del 2,1% in alcuni casi). Per il fotovoltaico, invece, si avrà un taglio medio del 5,7% (qui si passa da un calo degli incentivi del 7,1% a un incremento del 9%).

Come anticipato, la notizia in Borsa ha portato ad una diminuzione del 5% del valore delle azioni della più grande azienda spagnola dell’eolico Acciona, mentre per il solare termodinamico la situazione sembra essere migliore: Albengoa, molto attiva su questa tecnologia, al contrario ha visto le sue quote crescere di valore, dell’1,2%.

D’altra parte il solare in Spagna si sta da tempo attrezzando per sopravvivere senza incentivi. Una via che irradiazione e costi rendono già praticabile: è recente la notizia dell’inizio dei lavori del primo grande parco fotovoltaico realizzato in market parity: un impianto da 2,5 MW che il gruppo Enerpro vuole realizzare nella provincia di Siviglia.

Nel complesso, secondo il Ministero, i tagli in arrivo, non ancora approvati ufficialmente, dovrebbero portare un risparmio di circa 1,5 miliardi di euro. A muovere la forbice del governo spagnolo, secondo il documento, il peso degli incentivi alle rinnovabili: nel periodo 1998-2013 circa 52 miliardi di euro, di cui 50 miliardi tra il 2005 e il 2013. Ma va ricordato che il sistema tariffario spagnolo ha un deficit di circa 30 miliardi di euro accumulato anche con politiche di prezzi al dettaglio artificialmente bassi.

Dura la reazione dell’industria delle rinnovabili: secondo l’associazione di settore Appa, il taglio degli incentivi, da questa quantificato in oltre 2 miliardi di euro, è un modo di “scaricare il deficit sulle rinnovabili, mantenendo intatti i privilegi delle aziende elettriche tradizionali”.

Sul perché Madrid stia da tempo frenando così tanto sulle rinnovabili, d’altra parte, basta guardare al bilancio elettrico e all’impatto che – analogamente a quanto accaduto in Italia – la concorrenza delle fonti pulite, assieme al calo della domanda, sta avendo sul termoelettrico nazionale.

Nel 2013, con le rinnovabili salite al 42% della domanda, la produzione da carbone e gas in Spagna è calata rispettivamente del 27 e del 34%. Il contributo del carbone è sceso dal 19,3 del 2012 al 14,6%, quello dei cicli combinati a gas dal 14,1 al 9,6%. E i dati di gennaio sono ancora più allarmanti, per le centrali convenzionali: le rinnovabili sono arrivate al 51,7% della produzione, con l’eolico al 29,7%, oltre 9 punti percentuali sopra il nucleare. Il carbone si è fermato al 9,2% della produzione e i cicli combinati ad appena il 6,7%. Per avere un’idea di quanto stiano soffrendo i cicli combinati si pensi che questa tecnologia costituisce quasi un quarto della potenza totale installata in Spagna.

La dinamica è la solita: il contributo massiccio delle rinnovabili a costi marginali quasi nulli, come eolico e fotovoltaico, abbassa i prezzi dell’elettricità all’ingrosso, spingendo fuori mercato gli impianti più costosi, come quelli a gas, ma alleggerendo anche la bolletta per il consumatore. Come segnala l’associazione dell’eolico spagnola AEE, la grande produzione dal vento che si è avuta a gennaio ha contribuito fortemente al quasi dimezzamento dei prezzi all’ingrosso registrato rispetto a dicembre 2013: un calo del 47%, da 63,64 a 33,6 euro per MWh. Secondo AEE un risparmio di 25,9 milioni di euro, che da solo basterebbe a mettere i consumatori al riparo da aumenti delle tariffe per il secondo trimestre.

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