Verso un mondo senza più dazi sulle tecnologie per le rinnovabili

A Davos 14 potenze commerciali aderenti al World Trade Organization, tra cui Cina, Stati Uniti e Unione Europea, hanno firmato una dichiarazione congiunta: si impegnano a raggiungere un accordo per far circolare liberamente su scala mondiale, senza dazi di sorta, tutti i beni che servono a proteggere l'ambiente e affrontare il cambiamento climatico.

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A Davos, lo scorso 24 gennaio, è stato fatto il primo passo verso un mondo senza più barriere protezionistiche sui moduli fotovoltaici, come su tutte le tecnologie necessarie a proteggere l’ambiente. Al summit 14 potenze commerciali aderenti all’Organizzazione mondiale del commercio o World Trade Organization (WTO), tra cui Cina, Stati Uniti e Unione Europea, hanno firmato una dichiarazione congiunta per arrivare a far circolare liberamente, senza dazi di sorta, tutti i beni della ‘economia verde’ (allegato in basso).

L’iniziativa segue l’accordo raggiunto di recente dai Paesi dell’Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC) a Bali che prevede di ridurre, entro il 2015, i dazi su di una lunga lista di beni “ambientali”.

“Annunciamo – si legge nella dichiarazione di Davos – il nostro impegno nel raggiungere il libero scambio globale sui beni ambientali e promettiamo di lavorare assieme, e con altri membri del WTO che condividano questo impegno verso la liberalizzazione, per preparare i negoziati che portino a questo obiettivo condiviso. Siamo convinti che il contributo più concreto e immediato che il WTO e i suoi membri possono dare alla protezione del nostro pianeta è cercare un accordo che elimini tariffe doganali per i beni che servono a proteggere l’ambiente e affrontare il cambiamento climatico.”

Nella dichiarazione non si dice quando ciò dovrà accadere, ma ci si cautela comunque dallo stallo: si aggira, infatti, il requisito dell’unanimità tipico delle decisioni prese in ambito WTO, specificando che l’accordo entrerà in vigore quando ci sarà la partecipazione di una massa critica di membri dell’organizzazione. Massa critica che peraltro sembra esserci già, dato che la dichiarazione è stata firmata, oltre che da Cina, Usa e UE, anche da Canada, Costa Rica, Hong Kong, Giappone, Corea, Nuova Zelanda, Norvegia e Singapore. Paesi che assieme pesano per l’86% del mercato dei beni ambientali, che il WTO stima essere di circa 1.400 miliardi di dollari.

Come spiega a Reuter il rappresentante degli Usa, Michael Froman, l’evoluzione cronologica sarà determinata dai negoziati stessi, ma c’è la speranza che l’accordo sia finalizzato entro il 2017, cioè entro la fine del secondo mandato di Obama.

Un accordo del genere potrebbe accelerare il calo dei costi delle tecnologie necessarie alla transizione energetica, prodotti per gli impianti a rinnovabili in primis. Particolarmente incoraggiante la partecipazione all’iniziativa della Cina.

La lista dei prodotti “ambientali” soggetti alla liberalizzazione è molto lunga: si va dalle tecnologie per la depurazione dell’acqua a quelle per le rinnovabili, piuttosto che per la gestione dei rifiuti. Non mancano – denunciano gli ambientalisti – anche tecnologie dalla dubbia sostenibilità come inceneritori, turbine a vapore e centrifughe che possono essere usate anche per la produzione di combustibili fossili.

La dichiarazione congiunta (pdf)

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