Porto Tolle, richieste condanne a ex vertici Enel per disastro ambientale

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Nel processo per la centrale a olio combustibile di Porto Tolle, il PM della Procura di Rovigo ha richiesto pene per dieci funzionari Enel con l’accusa di disastro ambientale a carattere doloso. Tra questi Tatò, Scaroni e Conti, amministratori delegati e direttori dell’impianto tra il 1998 e il 2009. Enel respinge tutte le accuse perché "prive di qualsiasi fondamento e razionalità".

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Nel processo in corso per la centrale a olio combustibile di Porto Tolle, il PM Emanuela Fasolato, con una requisitoria molto dettagliata di oltre 600 pagine, ha richiesto pene per dieci funzionari Enel con l’accusa di disastro ambientale a carattere doloso. Tra questi alcuni nomi eccellenti, amministratori delegati e direttori dell’impianto tra il 1998 e il 2009: Franco Tatò (richiesti 7 anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici), Paolo Scaroni (5 anni e 3 mesi, e interdizione perpetua) Fulvio Conti (3 anni, più 5 di interdizione).

L’accusa del cosiddetto “processo Enel-Bis” è l’omessa installazione di apparecchi al fine di prevenire il deterioramento dell’ambiente circostante e l’aumento delle malattie respiratorie, soprattutto della popolazione infantile, come ha messo in evidenza l’Istituto tumori Veneto.

Paolo Scaroni e Franco Tatò, furono già condannati per reati ambientali connessi al funzionamento della centrale di Porto Tolle. La condanna fu confermata in Cassazione nel 2011, anche se i reati erano prescritti. I danni patrimoniali sono ancora in fase di valutazione dalla corte d’Appello di Venezia.  

In questo nuovo procedimento i ministeri dell’Ambiente e della Salute si sono costituiti come parte civile, insieme a diverse associazioni (Legambiente, Greenpeace, Wwf, Italia Nostra, ecc.), tramite l’avvocatura dello Stato, e hanno chiesto di valutare anche i danni economici per lo Stato, quantificato dall’Ispra in 3,6 miliardi di euro: 2,6 miliardi per danni sanitari (eccesso di mortalità in eccesso) e 1 miliardo per omessa ambientalizzazione. Visto che Enel è per il 30% appartenente al Ministero del Tesoro ci troviamo, di fatto, davanti a un conflitto atipico tra dicasteri.

Dopo la requisitoria Enel ha diramato un comunicato in cui “respinge fermamente tutte le accuse mosse dal Pubblico Ministero le cui richieste accusatorie sono prive di qualsiasi fondamento e razionalità”.

L’intera requisitoria del Pm – si legge nel comunicato – muove dal presupposto che la legge sui limiti di emissione che regolava l’esercizio della centrale non avesse alcuna rilevanza. Il Pm, non potendo superare il dato fattuale che Enel, nell’esercizio della centrale ha sempre rispettato la legge, addirittura si spinge a ignorare quelle leggi e, dunque, tutte le autorità dello Stato che nel tempo hanno approvato e confermato leggi e decreti autorizzativi. Le richieste avanzate nell’udienza dalla pubblica accusa sono assolutamente infondate, così come lo è l’intero impianto accusatorio basato su consulenze di parte costruite con metodologie indirette ed errate. L’impianto di Porto Tolle ha sempre rispettato la normativa sulle emissioni e negli anni non c’è stato alcun dato reale e misurato che potesse destare preoccupazione per la qualità dell’aria o che potesse causare problemi alla salute. Enel ha sempre avuto come priorità e al di sopra di ogni altro interesse, la sicurezza dei dipendenti sul luogo di lavoro e la tutela dell’ ambiente e ha sempre messo in atto azioni per vigilare e tutelare questi aspetti. Tutte le centrali Enel erano e sono in possesso di certificazioni ambientali e tutti i sistemi e le apparecchiature erano e sono gestite al meglio in termini di esercizio e manutenzione. Sulle presunte violazioni delle emissioni del DM 12.7.1990, va sottolineato che tale DM prevedeva delle specifiche deroghe, totalmente rispettate dal Gruppo. Inoltre con una legge del 2003 non solo per Enel ma anche per altri operatori era stata prevista una deroga alle emissioni. A valle di ciò venne anche stabilito un piano transitorio per la centrale di Porto Tolle approvato dal Ministero Attività Produttive, Ministero dell’Ambiente e dalla Regione Veneto con provvedimento interministeriale che è sempre stato rigorosamente rispettato da Enel. Enel confida nella serenità del collegio giudicante e che nell’accertamento della verità verrà chiarita l’assoluta legittimità del suo operato”.

In merito alla riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle, ricordiamo che è recente il parere negativo della Commissione VIA del ministero per l’Ambiente – dopo la bocciatura venuta nel 2011 dal Consiglio di Stato. Questo parere blocca nuovamente il progetto di conversione. Se Enel vorrà insistere nel portare avanti la conversione dell’impianto, dovrà presentare un nuovo progetto e un nuovo Studio di Impatto Ambientale, riavviando la procedura autorizzativa dall’inizio. Siamo alla fine di questo progetto?

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