Prezzi prodotti agricoli: l’impatto del clima peggiore delle bioenergie

Il cambiamento climatico farà salire i prezzi dei prodotti agricoli nel mondo più di quanto potrebbe fare l'uso massiccio di biomasse e biocarburanti necessario per contrastarlo. A dirlo è una ricerca del Potsdam Institute che, con tre studi diversi, punta il riflettore sull'impatto che il global warming può avere su agricoltura e uso del suolo.

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Il cambiamento climatico farà salire i prezzi dei prodotti agricoli più di quanto potrebbe fare l’uso massiccio di biomasse e biocarburanti necessario per contrastarlo. A dirlo è uno dei tre studi freschi di pubblicazione con cui il Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) punta il riflettore sull’impatto che il global warming può avere su agricoltura e uso del suolo.

Per ridurre le emissioni abbastanza da mantenere il riscaldamento entro la soglia dei 2°C – premette lo studio Impacts of increased bioenergy demand on global food markets: an AgMIP economic model intercomparison. – probabilmente sarà necessario integrare nel mix energetico mondiale una sostanziosa quota di bioenergie, con relativi impatti negativi su uso del suolo, agricoltura e prezzi dei prodotti agricoli. Impatti che però sarebbero ben peggiori se non si riuscisse a rallentare il global warming: in uno scenario in cui si passa la soglia critica di riscaldamento, i prezzi dei prodotti agricoli salirebbero del 25% mentre impiegando in maniera massiccia biomasse e biocarburanti, proprio allo scopo di restare sotto ai 2°C, i prezzi salirebbero solo del 5%.

Ovviamente affinché l’impatto delle biomasse sia contenuto, come valuta il secondo scenario, si presuppone che vengano utilizzate soprattutto colture sostenibili e biocarburanti di seconda generazione, che non entrino in competizione con le colture a scopo alimentare. Lo scenario di mitigazione immaginato presuppone, infatti che, da qui al 2050, si passi dai 40 ExaJoule di energia fornita attualmente dalle biomasse, soprattutto legna da ardere e biocarburanti di prima generazione, a 100 ExaJoule (cioè il 15% della domanda di energia primaria prevista) ottenuti da biocarburanti di seconda generazione, scarti e sottoprodotti agricoli e forestali e colture ad hoc come il miscanthus.

D’altra parte, come mostra un secondo studio del PIK (Land-use change trajectories up to 2050: insights from a global agro-economic model comparison), il cambiamento climatico, se non affrontato adeguatamente, avrebbe un impatto molto pesante sull’agricoltura e in particolare sul consumo di suolo. Per valutarlo, dieci tra i maggiori esperti di modelli previsionali si sono riuniti fornendo, con lo studio citato, una previsione comparativa basata su modelli diversi. Nella maggior parte degli scenari in cui il cambiamento climatico proceda inarrestato, si prevede un aumento dei terreni coltivati di oltre il 50% superiore agli scenari in cui la febbre del pianeta viene ‘curata’ adeguatamente. In media l’aumento del suolo coltivato sotto il peso del cambiamento climatico sarebbe di 320 milioni di ettari anziché di 200 milioni. Colpiti più duramente dal cambio d’uso del suolo sarebbero il Sud America e l’Africa Sub-sahariana, con impatti, oltre che sulle emissioni globali di gas serra, anche sulla perdita di biodiversità.

Conclude la panoramica sugli impatti del clima sull’agricoltura un terzo lavoro firmato PIK (Projecting future crop productivity for global economic modeling), raccolto assieme agli altri in un numero monografico della rivista Agricultural Economics. In questo studio si simulano gli impatti del clima che cambia sulla produttività agricola. Ne emerge che, in uno scenario business-as-usual con emissioni in aumento, la produttività agricola calerebbe dal 10 al 38% rispetto alle condizioni attuali.

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