Il termoelettrico italiano si può salvare con l’export?

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I cicli combinati a gas italiani, in crisi per overcapacity e concorrenza delle rinnovabili, potrebbero trarre vantaggio esportando all'estero servizi di flessibilità. Le opportunità ci sono ma non mancano i limiti. Questa strada non sembra essere percorribile nell'immediato. Un report commissionato dalle associazioni italiane del settore.

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La crisi del termoelettrico italiano potrebbe essere risolta, o quantomeno alleviata, con le esportazioni verso i paesi confinanti, ma i limiti da superare affinché ciò accada sono diversi e sono sia di tipo tecnico che normativo. Le opportunità su questo versante saranno concrete soprattutto verso il 2020. È questa in estrema sintesi la risposta che dà uno studio commissionato a Poyry da Assoelettrica, Energia Concorrente e Federutility e illustrato ieri al GSE (allegato in basso).

Quanto il termoelettrico italiano sia in crisi, stretto tra overcapacity, calo della domanda e concorrenza delle fonti rinnovabili, lo abbiamo ampiamente raccontato: nel 2013 la sua produzione è scesa del 12%. A soffrire più di tutti gli impianti a cicli combinati a gas, quelli con i costi operativi più alti ma anche quelli più flessibili. Proprio la grande flessibilità del parco elettrico italiano, rispetto a quelli dei paesi confinanti potrebbe, può però essere una risorsa per il termoelettrico nazionale.

Potremmo infatti esportare servizi di flessibilità, cioè quelle variazioni veloci della produzione “a scendere” o “ a salire” necessarie a mantenere l’equilibrio tra domanda e produzione, che attualmente sono scambiate nel Mercato dei Servizi di Dispacciamento italiano. La domanda potenziale di servizi di flessibilità nei mercati elettrici che possono essere interessati ad acquistarli dall’Italia, cioè Francia, Svizzera, Germania, Austria e Slovenia, è infatti di ben 16 TWh l’anno.

Una domanda cui ovviamente, il termoelettrico italiano può accedere solo in parte: è già soddisfatta con servizi di flessibilità interni e ci sono altri concorrenti esteri: il Nordpool – cioè il coordinamento tra Svezia, Norvegia e Danimarca – e la Spagna. Altro limite sono i prezzi, in media più alti sul mercato italiano che su quelli esteri.

C’è poi il problema delle linee di interconnessione che per la maggior parte delle ore sono sature in importazione. Questo aspetto rende maggiormente problematica l’eventuale esportazione di servizi di flessibilità ‘a scendere’, mentre lascia ampia possibilità di operare sui mercati della flessibilità a salire, dove i prezzi risultano maggiormente disallineati.

Alla luce di tutto ciò, nell’eventualità di partecipazione diretta ai mercati, dice lo studio, il potenziale di export dall’Italia verso i Paesi confinanti sarebbe così di 1 TWh l’anno. I mercati più interessanti sono in particolare Austria e Germania, Paesi verso i quali possono esistere potenziali opportunità di esportazione nelle ore notturne e nelle ore centrali della giornata e caratterizzati da livelli di prezzo più elevati rispetto ai mercati francese e svizzero (anche se mediamente inferiori rispetto a quelli italiani). Opportunità che però attualmente sono limitate da problemi di interconnessione: linee con scarsa capacità per l’Austria (220 MW in export e 160 MW in import) e necessità di attraversare il mercato svizzero per arrivare in Germania.

In vista di un potenziamento delle interconnessioni e di un allineamento dei prezzi sul mercato italiano con quelli europei, dunque, quel potenziale stimato in 1 TWh potrebbe aumentare. Nel 2015-2020, ricorda lo studio, l’Italia beneficerà di maggiori opportunità in termini di accessibilità agli altri Paesi, grazie ai progetti di interconnessione avviati con Austria, Slovenia e Francia. È inoltre prevista una convergenza dei nostri prezzi con quelli di tutti i Paesi target.

Da risolvere poi c’è la parte normativa. Con l’introduzione del ‘Terzo Pacchetto Energia’ l’Unione Europea ha avviato un iter che ha lo scopo di armonizzare la struttura dei mercati elettrici nei vari paesi e di aumentarne il grado di integrazione. In particolare, a partire dal 2017 verranno definiti dei Codici di Rete Europei vincolanti per gli Stati membri, ma nel frattempo, secondo le associazioni del settore elettrico, “è opportuno prevedere l’implementazione di soluzioni transitorie che consentano già nel breve periodo di cogliere eventuali opportunità derivanti dall’esportazione di servizi di bilanciamento in modo da portare a dei benefici per i consumatori in termini di riduzione degli oneri complessivi di sistema e di consentire al parco produttivo italiano di sfruttare appieno le proprie potenzialità”.

Ecco perché Assoelettrica, Energia Concorrente e Federutility chiedono di avviare una riflessione con l’Autorità per l’Energia, il Ministero dello Sviluppo Economico e Terna al fine di promuovere accordi internazionali e per valutare, sia dal punto di vista tecnico che normativo/regolatorio, le possibili iniziative che permetteranno nel breve periodo di scambiare servizi di bilanciamento con l’estero.

Leggendo lo studio, infatti, si capisce che le opportunità che l’esportazione offre al nostro termoelettrico è tutta spostata verso la fine del decennio, mentre i cicli combinati a gas italiani – come testimonia anche l’introduzione nella Legge di Stabilità di un capacity payment transitorio anticipato – stanno cercando strade per salvarsi con urgenza, qui ed ora.

Lo studio (pdf)

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