Obiettivi Ue 2030, Orlando pro-rinnovabili e Governo diviso

Il ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando, continua ribadire l'importanza di avere un obiettivo europeo 2030 vincolante anche per le rinnovabili, ponendosi così in contrasto con la posizione ufficiale dell'esecutivo e del ministero per lo Sviluppo economico, che chiede, assieme ai grandi dell'energia convenzionale, un obiettivo unico sulle emissioni.

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Sulla strategia europea su clima ed emissioni il nostro Governo sembra essere diviso. Da una parte la posizione ufficiale dell’Esecutivo e del ministero per lo Sviluppo economico, che per il 2030 chiede un obiettivo unico sulla CO2. Dall’altra il ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, che continua ribadire l’importanza di avere un target vincolante anche per le rinnovabili.

Orlando in questi giorni sembra piuttosto attivo sul tema. In una lettera datata 6 gennaio (in allegato in basso) e inviata assieme ai ministri di Germania, Francia e Regno Unito al commissario Ue, José Barroso, e al commissario al Clima, Connie Hedegaard, preme per un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas-serra al 2030 di “almeno” il 40% (rispetto ai livelli del 1990).

In un’altra missiva, imbucata subito prima di Natale, destinatari i commissari all’Energia e al Clima, assieme 8 ministri di altrettanti Paesi Ue caldeggia appunto un target per le rinnovabili vincolante (allegato in basso). La spaccatura tra Governo e ministero dell’Ambiente è chiara soprattutto in quest’ultimo appello firmato assieme ai ministri con responsabilità energetiche di Francia (Philippe Martin), Austria (Reinhold Mitterlehner), Belgio (Melchior Wathelet), Danimarca (Martin Lidegaard), Irlanda (Pat Rabbitte) e Portogallo (Jorge Moreira da Silva), e Germania (Sigmar Gabriel).

Un target per le fonti pulite, vi si legge, “porterà a una riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia” e “a un’efficiente programmazione ed espansione della rete europea” e “sarà strumentale alla realizzazione delle necessarie infrastrutture, incluso l’aumento della capacità di interconnessione, in un settore caratterizzato da investimenti di lungo-termine di grande scala”.

La lettera sottolinea poi che “gli obiettivi vincolanti al 2020 per le rinnovabili sono stati il principale volano dell’attuale sviluppo della capacità di generazione di queste fonti nella Ue, che ha prodotto crescita e posti di lavoro”. Di conseguenza, “occorre fare tesoro della lezione dell’esperienza passata e assicurare che lo sviluppo delle rinnovabili avvenga in modo ancor più intelligente, ad esempio attraverso sistemi di supporto appropriati ed efficienti sotto il profilo dei costi”.

Una visione divergente rispetto a quella del Governo Letta, che, attraverso il ministero dello Sviluppo economico, nei commenti alla consultazione sul Libro Verde comunitario per le strategie energetico-climatiche al 2030, si è espresso a favore di un obiettivo unico sulle emissioni, schierandosi così al fianco dei grandi dell’energia convenzionale e le grandi associazioni industriali (Cnel, Confindustria, Unione Petrolifera, Anigas, Assoelettrica, Assovetro, Federacciai, A2A, Edison, Enel ed Eni) e contro il mondo della green economy, che preme per avere una cornice normativa che spinga fonti rinnovabili ed efficienza energetica.

Come abbiamo scritto più volte, obiettivi vincolanti su rinnovabili ed efficienza energetica sono importanti perché la strategia di riduzione delle emissioni si accompagni ad una profonda trasformazione del sistema energetico. Inoltre in questo modo si definisce un orizzonte temporale che consente alle aziende di investire e di mettere sul mercato nuove tecnologie sapendo che, almeno in Europa, queste avranno ampio spazio.

“Gli obiettivi al 2020 per le rinnovabili – scriveva di recente su queste pagine il nostro direttore scientifico Gianni Silvestrini – hanno consentito di allargare il mercato innescando un forte calo dei prezzi delle tecnologie. Occorre proseguire. Anche perché i target su rinnovabili ed efficienza comportano risvolti positivi sia sul versante occupazionale che sulla riduzione delle importazioni energetiche.

Infine, si limita il rischio delle delocalizzazioni industriali che porterebbero, sì a una riduzione delle emissioni climalteranti nel nostro continente, ma con incrementi in altri Paesi. Quest’ultimo elemento è reso possibile dalla maturità e competitività che caratterizzeranno le energie rinnovabili nel prossimo decennio e dai vantaggi per le imprese connessi con una seria politica di riduzione dei consumi energetici. Per tagliare le emissioni possiamo contare su 5 opzioni: efficienza energetica, rinnovabili, nucleare, sequestro della CO2 e cambiamento del mix di combustibili. Considerando che in Italia il nucleare è fuori gioco, il sequestro della CO2 pare in grosso affanno e che lo spostamento verso il gas è stato già fatto, rimangono solo efficienza e rinnovabili. Che altri Paesi, come il Regno Unito che punta sul nucleare, preferiscano il solo obiettivo di riduzione delle emissioni climalteranti è comprensibile. Che questa sia la posizione del nostro Paese sulla base di un astratto principio di neutralità tecnologica, è invece poco sensato”.

Speriamo che il Governo cambi idea e si allinei alla visione di Orlando anziché a quella di Zanonato. Una traiettoria di crescita adeguata delle rinnovabili ben definita che vada oltre il 2020 porterebbe non pochi vantaggi economici, come mostra un report dell’European Renewable Energy Council: a livello di Ue si parla di 4,4 milioni di posti di lavoro in più, quasi mezzo punto percentuale di Pil e una riduzione di circa 370 miliardi di euro sull’import di combustibili fossili (più del doppio del deficit commerciale del 2011). Oltre al fatto non irrilevante che dare subito un orizzonte normativo ridurrebbe i costi dell’incertezza, permettendo di tagliare più in fretta gli incentivi.

La lettera sull’obiettivo CO2 (pdf)

La lettera sull’obiettivo rinnovabili (pdf)

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