Scenari energetici green in Italia con gli obiettivi europei 2030

Definire obiettivi europei al 2030 vincolanti sia per l'efficienza energetica che per le rinnovabili è importante per la competitività italiana. Solo per quei Paesi, come il Regno Unito, che puntano sul nucleare, avrebbe senso un obiettivo unico di riduzione delle emissioni. Ma questa non può essere la posizione del nostro Governo.

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Lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica è diventato l’elemento dominante degli investimenti energetici di molti Paesi, sorpassando quelli sui fossili. Il calo o l’eliminazione di alcune forme di incentivazione dell’elettricità verde hanno però provocato una battuta d’arresto in questo settore. Quali sono le prospettive delle energie “green”? Senz’altro favorevoli per la combinazione di tre fattori: continua riduzione dei prezzi delle tecnologie proposte, aumento delle quotazioni dei combustibili fossili (con l’eccezione, confinata negli USA, dello shale gas) e preoccupazione climatica destinata ad accrescersi con gli anni.

Il disastro provocato dal tifone Haiyan nelle Filippine non è che l’ultimo segnale che prefigura un futuro minaccioso e irreversibile se non si riuscirà a intervenire con decisione raggiungendo un accordo globale sul taglio delle emissioni nel 2015. Dunque è prevedibile che nel loro insieme le rinnovabili elettriche e termiche, i biocarburanti e l’efficienza vedranno un trend positivo. Le dinamiche saranno però molto differenziate nei vari Paesi e nei diversi comparti e dipenderanno dall’incisività dell’ecodiplomazia nei confronti del riscaldamento del Pianeta.

Analizziamo per l’Italia e per la Germania, due Paesi al momento in prima linea su questi fronti, i mutamenti che si profilano. Le rinnovabili negli anni scorsi hanno dato la spallata al sistema elettrico dominante e supereranno in Italia nel 2013 la soglia dei 100 miliardi kWh, un raddoppio nell’ultimo quinquennio, arrivando a coprire un terzo della domanda elettrica del Paese. I prossimi anni vedranno però un rallentamento della corsa, con incrementi di potenza dimezzati per l’eolico e fortemente in calo per il fotovoltaico. Gli investimenti complessivi saranno quindi decisamente inferiori rispetto al passato, sia per il minore incremento delle nuove potenze che per la continua riduzione dei prezzi delle tecnologie.

In presenza di incentivi ridotti, si dovranno rimodulare le strategie di intervento puntando a semplificazioni autorizzative e in alcuni casi iniziando a operare in grid parity. Le rinnovabili elettriche vedranno in Germania un calo degli investimenti al 2020 del 30% rispetto al 2010, determinato dalla contrazione dei prezzi e da un ridimensionamento della crescita fotovoltaica. In Italia la riduzione sarà più pronunciata in assenza della realizzazione del forte contributo di impianti off-shore che si profila in Germania.

Diverso il discorso sulle reti. Grande attenzione verrà posta in entrambi i Paesi al potenziamento del sistema nel suo complesso e alla trasformazione in smart grid che implicherà forti investimenti con inedite interazioni tra rete elettrica, edilizia e mobilità. Verranno messi a punto nuovi software e hardware favorendo anche la creazione di nuove aziende.

Se le rinnovabili elettriche vedranno un periodo di assestamento, con un’attenzione volta all’ottimizzazione del funzionamento degli impianti esistenti e con l’esplorazione di nuovi mercati come quello dell’accumulo, diverso è il discorso sul versante delle rinnovabili termiche e dell’efficienza energetica, comparti dove si concentreranno investimenti in crescita rispetto al passato. Un potente driver verrà dall’avvio di politiche nazionali più incisive, legate all’applicazione della Direttiva sull’efficienza energetica 2012/27/UE. Dovranno essere rafforzati gli strumenti di incentivazione esistenti e sarà necessario uno sforzo di creatività per metterne a punto dei nuovi. Pensiamo alla riqualificazione energetica dell’edilizia, un settore nel quale nell’ultimo decennio si sono ottenuti risultati significativi.

Interessante l’esperienza tedesca, centrata sul ruolo della Banca pubblica KfW, che ha consentito di riqualificare al 2010 ben nove milioni di appartamenti, con ottimi ritorni economici per le casse dello Stato. Considerando le maggiori entrate fiscali e le minori uscite per alleviare la disoccupazione, il vantaggio netto per lo Stato risulta infatti sette volte superiore all’ammontare delle risorse messe a disposizione. Insomma, un ottimo esempio win-win, che vede premiati tutti gli attori coinvolti.

Passando ai programmi del nostro Paese, le detrazioni fiscali per la riqualificazione edilizia hanno garantito buoni risultati. Dal 2007 al 2013 si è migliorato il 7% del patrimonio edilizio nazionale, con un tasso annuo di interventi pari all’1% del costruito, valore analogo a quello tedesco. Sono quasi 1,5 milioni le famiglie che hanno utilizzato questo strumento con investimenti di 17 miliardi.

È prevedibile che con il recepimento della Direttiva sull’efficienza le riqualificazioni subiranno un’accelerazione in tutta Europa. Il Governo tedesco ha già deciso di puntare a un raddoppio degli interventi passando a un livello di ristrutturazioni pari al 2% annuo del patrimonio costruito. E per l’Italia? È auspicabile, ma non scontato, che con il recepimento della Direttiva sull’efficienza si abbia un colpo di acceleratore nelle politiche attive. Il primo test sarà il prossimo aprile, data entro la quale dovrà essere definita una “roadmap” sulla riqualificazione dell’edilizia al 2020 e per i decenni successivi.

Ma sarà dalla definizione di nuove modalità di finanziamento pubblico-privato che si capirà se si riusciranno a incrementare i risultati ottenuti in passato. In Germania, la maggiore attenzione alle politiche di efficienza sarà in grado di compensare il calo degli investimenti nelle rinnovabili elettriche. Nel settore dell’edilizia gli investimenti passeranno infatti dagli attuali 6 a 12 miliardi € nel 2020. Considerato che da noi gli investimenti per la produzione di elettricità verde vedranno un contenimento anche più significativo rispetto alla Germania, l’attenzione sull’efficienza diventa strategica per mobilitare adeguate risorse finanziarie per l’intero comparto green.

Le potenzialità del resto ci sono. L’ottimo studio “Smart Energy Project” presentato da Confindustria stima possibili ingenti investimenti legati alle opere di riqualificazione nel settore civile e terziario. L’adozione delle policies suggerite dallo studio di Confindustria per il settore edilizio porterebbero a una crescita media annua della domanda finale compresa tra 7 e 40 miliardi €, includendo in questa cifra anche le misure di domotica e l’introduzione di elettrodomestici ad altissimo rendimento. Nell’attuale situazione di crisi, quello dell’efficienza è dunque un comparto dalle potenzialità fortemente anticicliche, in presenza di innovativi strumenti di incentivazione. Vedremo quale sarà l’impegno di questo e dei prossimi Governi. Con gli attuali strumenti di incentivazione i comparti dell’efficienza e delle rinnovabili termiche vedranno comunque un potenziamento. Molto più si potrà ottenere con l’attivazione di nuovi strumenti che rendano veramente protagoniste le Esco.

In diversi Paesi – si vedano i programmi Pace negli Usa o il Green Deal inglese – si sono creati meccanismi innovativi per finanziare senza costo iniziale i programmi sulla base dei successivi risparmi. Gli investimenti effettuati vengono ripagati dalle bollette che non aumentano, grazie alla riduzione dei consumi energetici. L’introduzione di innovazioni nel finanziamento è decisiva se si vuole espandere l’attività di riqualificazione energetica nel nostro Paese in un periodo di difficoltà economiche.

L’impegno di garantire quote crescenti di energia per i trasporti con i biocarburanti è stato finora sostanzialmente soddisfatto con l’importazione dall’estero delle materie prime. La situazione dovrebbe cambiare radicalmente con la possibilità di produrre etanolo di seconda generazione da materiali lignocellulosici e, soprattutto, con la produzione di biometano. L’entrata in vigore del decreto sul biometano potrebbe aprire infatti la strada a una nuova filiera che, attraverso la codigestione tra colture dedicate e biomasse di integrazione e il rilancio di coltivazioni anche in terreni marginali, porti a una produzione annua di 2 miliardi m3 di metano entro la fine del decennio e un potenziale di 8 miliardi m3, pari all’attuale estrazione di gas in Italia.

Sulle prospettive dell’energia green incide l’attuale difficile contesto economico che porta le grandi utilities europee, in difficoltà per il ruolo delle rinnovabili, a chiedere un taglio degli incentivi. E diversi Governi hanno messo il piede sul freno nei confronti del sostegno alle energie pulite. Ma il quadro dei prossimi 10-20 anni si presenta molto diverso rispetto al passato. Le rinnovabili elettriche, ormai mature, avranno bisogno di incentivi molto inferiori. Nel caso del fotovoltaico sarà possibile anche una diffusione senza incentivi, purché non vengano messi bastoni tra le ruote con motivazioni che non hanno a che vedere con l’impatto sulle bollette ma con lo spazio eroso agli operatori tradizionali.

Anche le rinnovabili termiche potranno crescere con incentivi limitati. Per l’efficienza energetica, poi, si possono avere benefìci netti a livello degli utenti coinvolti e del sistema Paese. Infine, in un contesto energetico in radicale mutamento, l’elevata penetrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico italiano – che nel prossimo decennio potrebbe arrivare a coprire la metà della produzione nazionale – implicherà l’avvio di una stretta interazione tra politiche di efficienza, gestione intelligente della rete e mobilità elettrica in una visione olistica. Di più, i guadagni ottenuti sul fronte dell’efficienza potranno compensare i maggiori costi delle rinnovabili.

Ma l’evoluzione di rinnovabili ed efficienza dipenderà dalla definizione degli obiettivi europei al 2030. Nel documento in consultazione elaborato dalla Commissione si punta a un taglio del 40% delle emissioni climalteranti e a una quota di rinnovabili pari al 30% dei consumi, in coerenza con la strategia di decarbonizzazione al 2050. Entro fine anno si deciderà se introdurre un solo target per le emissioni o se verranno indicati anche impegni vincolanti sulle rinnovabili e sull’efficienza. Come sappiamo, su questo tema ci sono posizioni differenti tra i singoli Paesi e a volte anche all’interno dei vari Governi, com’è il caso dell’Italia.

Perché è importante definire tre target legalmente vincolanti? Innanzitutto perché la strategia di riduzione delle emissioni deve accompagnarsi alla profonda trasformazione del sistema energetico. Inoltre perché in questo modo si definisce un orizzonte temporale che consente alle aziende di investire e di mettere sul mercato nuove tecnologie sapendo che, almeno in Europa, queste avranno ampio spazio. Gli obiettivi al 2020 per le rinnovabili hanno consentito di allargare il mercato innescando un forte calo dei prezzi delle tecnologie. Occorre proseguire. In terzo luogo i target su rinnovabili ed efficienza comportano risvolti positivi sia sul versante occupazionale che sulla riduzione delle importazioni energetiche. Infine, si limita il rischio delle delocalizzazioni industriali che porterebbero sì a una riduzione delle emissioni climalteranti nel nostro continente, ma con incrementi in altri Paesi. Quest’ultimo elemento è reso possibile dalla maturità e competitività che caratterizzeranno le rinnovabili nel prossimo decennio e dai vantaggi per le imprese connessi con una seria politica di riduzione dei consumi energetici.

Riassumendo, per tagliare le emissioni possiamo contare su cinque opzioni: efficienza energetica, rinnovabili, nucleare, sequestro della CO2 e cambiamento del mix di combustibili. Considerando che in Italia il nucleare è fuori gioco, il sequestro della CO2 pare in grosso affanno e che lo spostamento verso il gas è stato già fatto, rimangono solo efficienza e rinnovabili. Che altri Paesi, come il Regno Unito che punta sul nucleare, preferiscano il solo obiettivo di riduzione delle emissioni climalteranti è comprensibile. Che questa sia la posizione del nostro Paese sulla base di un astratto principio di neutralità tecnologica, è invece poco sensato.

L’articolo è stato pubblicato sul n.5/2013 della rivista bimestrale QualEnergia, con il titolo “Il futuro è green”

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