Importazione di elettricità da rinnovabili, multe e fine dei CV

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Alla luce delle multe per chi non hanno ottemperato all’obbligo di acquisto di CV per l’import di energia da rinnovabili, nasce il dubbio su quante possano essere state in realtà in questi anni le importazioni di 'finta' elettricità verde? Per capire questa questione abbiamo interpellato l'ex direttore esecutivo del GSE, Gerardo Montanino.

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La delibera Aeeg del 17 ottobre 2013, 453/2013/S/EFR, diventerà una sorta di lapide su una storia poco gloriosa, e per fortuna conclusa, quella dei certificati verdi sull’importazione di elettricità.

In quell’atto dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, si descrive la vicenda che ha portato a una multa per importazioni di ‘elettricità verde’ risalenti all’anno 2008, da parte della società Green Network, che per questo motivo dovrà ora pagare 1,4 milioni di euro. Prima di questa sanzione, altre 6 volte l’Aeeg era dovuta intervenire per motivi simili, comminando multe per una decina di milioni, probabilmente una goccia nel mare della vera ‘evasione da importazione di finte rinnovabili’.

Tutte queste sanzioni sono state decise per non avere ottemperato all’obbligo di acquisto di Certificati Verdi (CV) per l’importazione di energia “verde”.  Ma, visto che la vicenda è molto intricata, prova a sintetizzarla per noi l’ingegnere Gerardo Montanino, ex direttore operativo del GSE, la società che si occupa di incentivi alle energie rinnovabili e che segnala all’Aeeg questo genere di irregolarità: “Per chi produce o importa energia elettrica da fonti non rinnovabili in Italia, in quantità eccedente la franchigia di 100 GWh, esiste l’obbligo di produrre una certa percentuale, oggi il 7,55%, di energia da fonti rinnovabili, oppure acquistare CV, riconosciuti ai produttori da rinnovabili, per una produzione equivalente”, ci ha detto Montanino.

Nel caso delle importazioni, chi importava energia da fonti rinnovabili, chiedeva di essere esentato, per quella quota, dall’obbligo di acquisto dei CV. “In questo caso però – spiega Montanino – l’importatore doveva far certificare dagli enti nazionali preposti, tramite le cosiddette ‘garanzie di origine’ (GO), che la quota di energia importata potesse essere ritenuta, da un punto di vista commerciale, come ‘rinnovabile’ e quindi imputabile ad energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili. Per verifica, il GSE poteva accedere direttamente ai database degli enti certificatori stranieri e verificare l’autenticità delle GO. Nel caso in cui gli importatori da fonti rinnovabili risultavano non aver ottemperato all’obbligo di acquisto dei CV, il GSE lo segnalava all’Aeeg per le eventuali sanzioni, che peraltro non comportavano il venir meno dell’obbligo di acquisto dei CV”.

Con tutto l’impegno del GSE e i 7 casi sanzionati dall’Aeeg, viene però da chiedersi quante importazioni di finta elettricità rinnovabile, con grave danno per i consumatori costretti a ripianare in bolletta il deficit di certificati verdi e concorrenza sleale nei confronti dei produttori nazionali, siano filtrate in questi anni attraverso le maglie dei controlli.

Nelle importazioni del 2010 (le ultime di cui si hanno i dati), a seguito della presentazione delle GO, su 42 TWh totali di energia soggetta all’obbligo solo 0,6 (sì, avete letto bene, 0,6 TWh, l’1,2%!) sono stati assoggettati all’obbligo di acquisto di CV (pag 70-71 della relazione su attività GSE 2012).

Per fortuna dal 2012 questa possibilità di aggiramento delle regole è finita: da quell’anno non vengono più concesse esenzioni all’obbligo di acquisto dei CV su tutta l’energia importata. Ma purtroppo questo più corretto regime a carico degli importatori durerà molto poco: entro il 2015 gli stessi CV scompariranno, trasferendo la loro parte di incentivazione direttamente alla componente A3 della bolletta elettrica.

Ma passare i circa 2,5 miliardi di euro annui in CV (dettagli qui) alla A3 non comporterà un ulteriore appesantimento della bolletta? “In teoria no, anzi ci dovrebbe essere un alleggerimento – rassicura Montanino – Prima di tutto già oggi parte di quei CV verdi sono in carico alla A3, perché a causa della riduzione di produzione da fossile e dell’aumento da rinnovabile, la quota di energia prodotta/importata soggetta all’obbligo si è ridotta e la quantità di CV necessaria a soddisfare l’obbligo è sensibilmente maggiore di quella dei CV disponibili. Inoltre i CV acquistati dai produttori da fossile, comunque finiscono già in bolletta, con un aumento del prezzo industriale dell’elettricità da gas o carbone stimato in circa 5-6 euro/MWh. Ora questo costo verrà pagato tramite la componente A3 della bolletta, e ciò dovrebbe far calare il costo dell’elettricità al consumatore finale. Il motivo risiede nei meccanismi della Borsa Elettrica: com’è noto il prezzo orario dell’elettricità è fissato dalla fonte più cara che entra nell’offerta, e questo prezzo viene poi applicato all’intera offerta, compresa, magari, quella inizialmente a costo zero del solare o eolico incentivati. Queste fonti marginali che fissano il prezzo, in genere, sono centrali termiche poco efficienti, proprio quelle sui cui kWh pesa particolarmente il costo dei CV. Senza questi ultimi, quindi, l’offerta marginale dovrebbe diventare più economica e far scendere il costo dell’elettricità in tutta l’offerta oraria, moltiplicando l’effetto dello sgravio dei CV».

Speriamo che sia così, e che produttori da fonti fossili e importatori non trovino invece un modo per intascarsi lo sconto dato dalla scomparsa dei CV, facendoli ricadere sui consumatori finali. I precedenti, nel ‘Paese dei Furbi’, non aiutano a essere molto ottimisti …

Intanto l’aver finalmente obbligato gli importatori ad acquistare i CV su tutta la loro elettricità, ha avuto un curioso effetto: nel mix medio nazionale (la tabella delle fonti per l’elettricità consumata in Italia, che si vede nelle bollette), le rinnovabili sono scese drasticamente fra il 2011 e il 2012, fra lo sconcerto di molti.

“Non avendo più vantaggi a farlo, gli importatori non acquistano più le GO all’estero e quindi non dichiarano più che la loro elettricità acquistata all’estero è rinnovabile, e questo ha influito drasticamente sul mix. Ma del resto il nostro paese non ha più bisogno di importare elettricità rinnovabile, essendo abbondantemente al di sopra della tabella di marcia concordata a livello europeo, per rispettare il target del 17% al 2020, relativo alla quota dei consumi di energia proveniente da fonti rinnovabili. Per il 2012, a fronte di una previsione di una quota pari al 9,2% di consumi di energia da rinnovabili, dovremmo aver superato il 13%, grazie soprattutto al boom di elettricità rinnovabile. Continuando così non dovremmo avere problemi a raggiungere il target previsto dal piano europeo”, ci ha detto Montanino.

Magari l’Italia potrebbe anche diventare un esportatore di elettricità da rinnovabili, verso i paesi europei che ne avessero bisogno per raggiungere i loro obbiettivi. “Il meccanismo per farlo, in teoria, esisterebbe: un paese europeo può produrre energia rinnovabile per conto di un altro – conclude Montanino – ma al momento tutti i paesi dell’UE sono in linea con le quote di elettricità rinnovabile previste dal piano europeo ‘20-20-20’. Unica eccezione il Lussemburgo … un po’ poco come clientela”.

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