Prezzi minimi garantiti, un ‘uno-due’ alle rinnovabili da Fare2 e Autorità

Nell'ultima bozza del decreto Fare2 ritorna la modifica al ritiro dedicato che era stata stralciata dalle versione precedente: eliminerebbe i prezzi minimi garantiti per gli impianti incentivati. Intanto anche l'Autorità per l'Energia propone di intervenire sui prezzi garantiti, quasi dimezzandoli per tutti. Novità che non piacciono al mondo delle rinnovabili.

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Un ‘uno-due’ che potrebbe fare male agli impianti a rinnovabili sotto al megawatt di potenza. É quello che arriva dalla modifica al ritiro dedicato, reintrodotta nella bozza più recente del decreto ‘Fare2‘, e da un nuovo documento di consultazione dell’Aeeg sui prezzi minimi garantiti. Due novità che, se si concretizzassero, scombinerebbero i business plan degli impianti incentivati già in esercizio e costringerebbero quelli nuovi, realizzati in grid-parity, a confrontarsi con l’incertezza della Borsa elettrica.

Del primo colpo abbiamo già parlato, ma la minaccia, che sembrava sventata, è di nuovo attuale. La modifica al ritiro dedicato presente nel cosiddetto decreto Fare2, che dovrebbe essere presentato a breve, infatti, dopo essere stata stralciata, è ricomparsa nella bozza più recente (circolata ieri, vedi allegato in basso). Vi si stabilisce, per tutti gli impianti incentivati, l’abolizione dei prezzi minimi garantiti, che il GSE riserva, per i primi 2 milioni di kWh di produzione, agli impianti a rinnovabili di potenza inferiore al MW che usufruiscono del regime del ritiro dedicato.

Esempio: se un impianto fotovoltaico incentivato finora aveva la garanzia di vedersi remunerare l’energia dal GSE non meno di 80 euro/MWh, adesso si vedrà pagare la produzione in base al prezzo zonale orario. Da questa misura il MiSE si aspetta una riduzione degli oneri in bolletta di circa 170 milioni di euro l’anno.

La seconda novità è contenuta in un documento di consultazione pubblicato nei giorni scorsi dall’Autorità per l’Energia (allegato in basso). Vi si prevede di rivedere i prezzi minimi garantiti, anche per gli impianti non incentivati, in modo da coprire i costi effettivi legati all’esercizio, eliminando il livello di base previsto finora, 80,6 euro/MWh nel 2013. Il prezzo minimo garantito scenderebbe così (vedi tabella sotto) da 80,6 a 37,8 euro/MWh per il FV, e a 43,2 euro/MWh per l’idroelettrico, mentre per le biomasse si passerebbe da 119 a 89,6 euro/MWh. Ai produttori viene comunque garantito, se maggiore del prezzo minimo, il prezzo zonale di Borsa.

Se la proposta Aeeg e la modifica contenuta nella bozza del Fare 2 si concretizzassero entrambe gli impianti incentivati non potrebbero più contare su nessun prezzo minimo garantito, mentre quelli non incentivati avrebbero come paracadute i nuovi prezzi minimi ridotti dall’Autorità, nettamente inferiori ai prezzi del mercato. A godere dei prezzi minimi garantiti sono soprattutto impianti fotovoltaici (8,8 GWh di energia che pesano 52,6 milioni di euro sull’A3) e idroelettrici (circa 1,4 GWh, 36,6 milioni di euro in bolletta). Che impatto possono avere questi cambiamenti nel mondo delle rinnovabili?

“Entrambe le novità sono profondamente negative – spiega a QualEnergia.it Andrea Zaghi, responsabile del centro studi di AssoRinnovabili – i prezzi garantiti sono vitali, specie nell’idroelettrico.”

Preoccupazione per la sorte degli impianti non incentivati (risparmiati dal decreto, ma colpiti dalla proposta dall’Autorità) arriva da Tommaso Barbetti, analista di eLeMeNS: se per gli impianti fotovoltaici incentivati (specie quelli dei conti energia più generosi) l’eliminazione dei prezzi garantiti è ‘sostenibile’, una riduzione come quella proposta dall’Aeeg “rischia di essere una pietra tombale per il fotovoltaico in grid parity. La maggior parte dei progetti pensati sino ad oggi, di taglia fino a 1 MW, si reggono proprio sul prezzo minimo garantito: riducendolo di oltre la metà del valore, di fatto questa opzione perde completamente di senso. La grid parity rischia di allontanarsi sempre di più”. A venire meno –  ci spiega l’analista – è un appiglio il cui valore più importante era la stabilità. “E molto più difficile trovare finanziamenti e costruire un business plan solido dovendosi affidare unicamente alla variabilità del mercato sulla Borsa elettrica, che tra l’altro vede prezzi in calo.”

“Per cercare di fare fotovoltaico senza incentivi – continua – si perde la convenienza a fare impianti sotto al MW per la vendita di energia (rispetto a realizzarli di taglie maggiori, ndr). La strada più percorribile resta quella degli impianti destinati all’autoconsumo e realizzati in scambio sul posto, quindi quelli sotto i 200 kWp”.

Peccato che anche sullo scambio sul posto l’Autorità stia preparando novità non proprio positive, ma di questo parleremo in un altro articolo.

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