Rapporto PwC: ci stiamo giocando in 21 anni il budget di CO2 di un secolo

La decarbonizzazione dell'economia mondiale procede troppo lenta: di questo passo al 2034 avremo esaurito tutto il carbon budget del secolo. Per restare entro i 2 °C l'intensità emissiva deve calare 8,5 volte più velocemente. Evitare un riscaldamento disastroso ormai è “improbabile” anche se “non impossibile”. Report di PricewaterhouseCooper

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La decarbonizzazione dell’economia mondiale sta procedendo troppo lenta: di questo passo già al 2034 avremo esaurito tutto il carbon budget del secolo, cioè la quantità di carbonio che possiamo bruciare da qui al 2100 se vogliamo che il riscaldamento globale si mantenga entro la soglia critica dei 2 °C. Per raggiungere l’obiettivo, la carbon intensity mondiale, cioè il rapporto tra emissioni di CO2 e Pil, dovrebbe ridursi del 6% ogni anno. Purtroppo sta calando solo dello 0,7%. Anche se il tasso raddoppiasse, staremmo comunque viaggiando verso un disastroso aumento della temperatura media globale di oltre 4 °C. Riuscire a mantenere entro livelli accettabili la febbre del pianeta ormai è “improbabile” anche se “non impossibile”.

È questa la conclusione dell’ultimo “Low Carbon Economy Index” di PricewaterhouseCoopers (allegato in basso). “Bacchette magiche” come la cattura della CO2 e il nucleare – spiega il report – non stanno mantenendo le promesse in cui qualcuno sperava; lo shale gas, se ha portato ad una riduzioni delle emissioni in Nord America, ha fatto scendere il prezzo del carbone altrove, rilanciandone l’uso, l’efficienza energetica ha dato il contributo maggiore, le rinnovabili crescono ma troppo lentamente. Ed ecco che ci troviamo in una situazione più grave rispetto a una manciata di anni fa.

Nel 2008 la prima edizione del Low Carbon Economy Index stimava che, per centrare l’obiettivo dei 2 °C, i G20 dovessero ridurre la carbon intensity del 3,5% l’anno fino a fine secolo. Nei 4 anni successivi però il tasso di decarbonizzazione, come detto, non è andato oltre lo 0,7% e ora, se vogliamo recuperare, dobbiamo fare uno sforzo ben maggiore: nel 2012 si stimava che bisognasse ridurre l’intensità emissiva del 5,1% l’anno da qui al 2100, ma nell’edizione 2013 si valuta che bisogna tagliarla almeno del 6% l’anno. Il grafico sotto mostra quanto sia netta l’accelerazione necessaria nella transizione energetica:

Come accennato, secondo le stime dell’ultimo assessment IPCC, anche raddoppiando il tasso di decarbonizzazione degli ultimi anni e portandolo all’1,4% dovremo affrontare entro fine secolo un aumento della temperatura mondiale insostenibile: di circa 4,3 °C. Un tasso di decarbonizzazione del 3%, più che quadruplo di quello registrato, ci porterebbe comunque sopra alla soglia critica dei 2°C, a +2,4°C (vedi tabella). Per ricordare i costi economici e sociali che un riscaldamento del genere comporterà PWC cita il recente report della Banca Mondiale “Turn Down the Heat” (di cui abbiamo parlato qui).

Come stanno procedendo sul terreno della decarbonizzazione i singoli paesi lo si vede invece nella tabella qui sotto. Solo gli Usa, grazie alla rivoluzione del gas da scisti (che però come detto ha portato ad usare più carbone altrove), sono riusciti ad avvicinarsi per un anno (dal 2011 al 2012) al tasso di riduzione della carbon intensity del 6% che servirebbe, mentre su un periodo di 5 anni si fermano al -3%. Dunque, troppo lenta. Così come nelle economie emergenti, che, nei 5 anni passati, a fronte di un aumento medio annuale del Pil del 6% hanno ridotto l’intensità emissiva solo dello 0,6% l’anno. La Cina, nonostante gli sforzi in atto (calo dell’intensità emissiva dell’1,9% l’anno e crescita del Pil di oltre il 9%) ha una carbon intensity di 703 tonnellate di CO2 per ogni milione di dollari di ricchezza prodotta: da confrontarsi con le 153 t della Francia nucleare e le 186 t del nostro paese (ottima invece la prestazione del Brasile che nonostante la crescita economica si ferma a 185 t CO2 per milione di dollari).

Quali le prospettive? A livello tecnologico il report ripone pochissime speranze sul ruolo di nucleare e cattura della CO2 (“non sta catturando l’interesse degli investitori”). Il contributo maggiore (vedi grafico sotto) è venuto finora dall’efficienza energetica. Le rinnovabili, si legge, sono sempre più cost-competitive. È essenziale però che ci sia una forte spinta politica, anche per risolvere il problema “carbone”, il cui uso è spinto oltre che dai bassi prezzi della risorsa, anche dai bassi prezzi della CO2.

Servirebbe, si scrive nel rapporto, un accordo globale per il clima entro il 2015, capace di dare il quadro regolatorio e lo stimolo finanziario necessario per catalizzare una transizione low carbon”. Per riuscire a stare sotto alla soglia critica dei 2 °C si dovrebbero riprodurre in tutto il mondo i risultati ottenuti in alcuni paesi virtuosi.

Il report (pdf)

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