Obiettivi efficienza energetica, tra il dire e il fare

Il divario tra quanto la politica dice di volere sull’efficienza energetica e quanto poi realmente fa per raggiungere risultati concreti. E' il focus dell'intervento di FIRE nella recente audizione alla X Commissione alla Camera: struttura delle tariffe elettriche, diagnosi energetiche e sistemi di gestione dell’energia, Esco, misure incentivanti.

ADV
image_pdfimage_print

C’è un forte divario tra quanto la politica dice di volere sull’efficienza energetica e quanto poi realmente si fa per raggiungere risultati concreti. E’ questa un po’ in sintesi la critica che la FIRE (Federazione Italiana Uso Razionale dell’Energia) ha evidenziato nel corso della sua recente audizione presso la X Commissione alla Camera il giorno 22 ottobre (vedi documento in basso).

L’associazione mette in evidenza alcune incompatibilità tra gli obiettivi indicati nella strategia energetica nazionale (SEN) e la realtà tecnica e regolatoria-legislativa da affrontare in tema di efficienza energetica e uso razionale dell’energia. Un esempio per tutti: si punta a sconti sulla bolletta invece che a interventi strutturali in grado di risolvere il problema degli alti costi dell’energia. FIRE fa presente che con le stesse risorse si potrebbero ottenere risultati più consistenti se destinate a rendere più efficienti imprese industriali e del terziario. L’associazione ritiene inoltre che finora si sono incentivate (o si è cercato di incentivare) con più convinzione fonti rinnovabili elettriche, utilizzo combustibili fossili, nucleare, molto più onerosi in termini di efficacia costo/benefici dell’utilizzo razionale dell’energia: “se prima non si gestiscono bene le imprese e gli edifici  –  ossia si ottimizzano i consumi  energetici  –  intervenire sulle fonti produce effetti parziali e costa molto di più”, si spiega nel documento.

Sempre riguardo alla mancanza di ‘governo’ dei cambiamenti in atto, FIRE segnala il permanere di elevate tariffe per i clienti domestici che contrastano con l’elettrificazione progressiva dei consumi, come l’utilizzo di pompe di calore elettriche, cucine a induzione ed elettrotecnologie per l’industria. Peraltro, si spiega, che un quadro di regole favorevole in questo senso potrebbe dare effetti più utili per il Paese di un ricorso a un capacity payment non in sintonia con le esigenze del dispacciamento e della stabilità di rete.

FIRE fa delle proposte per sviluppare il settore che qui sinteticamente riportiamo.

Innanzitutto, l’informazione e la formazione, vista la complessità della materia, realizzata sia a livello pubblico che privato. Poi una legislazione che favorisca le diagnosi energetiche e i sistemi di gestione dell’energia, fondamentali per avere dati di baseline affidabili su cui costruire business plan credibili.

A livello territoriale creare, con la collaborazione delle istituzioni, specie regionali e locali, strutture in  grado  di  operare  in  modo  distribuito  su  piccoli  progetti  (o  aggregarli  a  favore  di  operatori  più grandi).

Altra questione da risolvere, la forte sottocapitalizzazione delle ESCO che rappresentano un’opportunità per il settore civile e per alcuni interventi in quello industriale e hanno a che fare con utenti finali poco inclini a investire in diagnosi e monitoraggio; ideare forme di finanziamento a questo scopo (ad esempio anche da includere nel conto termico) oppure la costituzione di fondi di garanzia, ha spiegato FIRE. Riprodurre programma PACE, adottato in alcuni Stati degli USA, potrebbe essere molto utile anche per il nostro paese. Il programma prevede una sorta di fondo di garanzia finanziato attraverso la tassa di possesso dell’immobile, col duplice vantaggio di collegare la rata di rimborso del capitale (sempre minore del risparmio generato dall’intervento energetico) all’edificio e non al proprietario (consentendo anche a soggetti soliti cambiare residenza di effettuare interventi con tempi di ritorno lunghi)  e che evita l’accensione di un mutuo bancario,  in  quanto  il  finanziamento viene gestito dall’ente di gestione pubblico.

La regola aurea per FIRE, ma diciamo per tutti coloro che operano nel settore energetico, è che non si possono cambiare continuamente le regole perché nessuna attività imprenditoriale potrebbe svilupparsi e sopravvivere in un sistema di questo tipo. FIRE a tal proposito chiede alla classe politica di lavorare per elaborare testi integrati. Poi c’è anche la richiesta di revisione e attivazione delle norme su SEU e accumuli.

In definitiva sono diverse le motivazioni economiche e strategiche per mettere al centro l’efficienza energetica in Italia, secondo la Federazione Italia per l’Uso Razionale dell’Energia:

  • il prezzo dell’energia aumenterà nel tempo, pertanto conviene efficientare edifici e impianti prima possibile, per potersi trovare in una posizione più competitiva quando ciò accadrà (imprese) o più lontani da condizioni di fuel poverty (cittadini), cioè spendere oltre il 10% del proprio reddito per l’energia
  • un kWh risparmiato produce un beneficio superiore a qualunque sconto, che può agire solo su una quota molto limitata del suo costo;
  • la presenza di imprese italiane nel settore è forte; la promozione delle relative tecnologie ha ricadute importanti sul comparto industriale sia a livello nazionale, sia a livello internazionale.

Per quanto concerne la pubblica amministrazione la FIRE indica alcune opportunità  di  finanziamento  per  l’efficienza  energetica. La  BEI  ad esempio metterà  ad a  disposizione  del  nostro  Paese  20  miliardi  di  euro  nei  prossimi  tre  anni  (non  solo sull’energia), ma serve un diverso atteggiamento delle P.A. rispetto a quello praticato finora.

ADV
×