Il fracking? Non puoi farlo sotto la mia proprietà

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In Gran Bretagna Greenpeace lancia una campagna legale contro questo metodo controverso per estrarre idrocarburi. Negando il permesso a trivellare sotto le loro proprietà i cittadini possono paralizzare l'industria di settore che ha però dalla sua il Governo UK. In Francia invece la Corte costituzionale conferma la messa al bando del fracking.

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Il fracking in Europa avrà certo vita molto più difficile di quella che ha avuto negli Stati Uniti. L’ultima offensiva contro questo metodo controverso per estrarre idrocarburi non convenzionali intrappolati nelle rocce è quella di Greenpeace che sta avendo luogo nel Regno Unito. Al contempo però dalla Francia arriva la notizia che, nonostante i ricorsi dell’industria di settore, il paese manterrà la legge che impedisce di usare questa tecnica.

Greenpeace ha annunciato ieri in una conferenza stampa tenutasi nel Lancashire, terra di conquista per lo shale gas, una campagna legale che potrebbe rendere quasi impossibile queste trivellazioni orizzontali, creando un reticolo di aree off-limits. A sostegno dell’ambiente questa volta è la proprietà privata.

“Secondo la legge inglese, se possiedi un terreno, i tuoi diritti si estendono anche al suolo sottostante – spiega l’attivista Anna Jones – ciò significa che se qualcuno trivella sotto casa tua senza permesso sta compiendo una violazione di proprietà privata. La nostra azione si basa sul dichiarare esplicitamente che non si concede questo permesso. Questo dovrebbe rendere estremamente difficile procedere con le trivellazioni orizzontali.”

L’idea di Greenpeace si basa su un precedente di tre anni fa, in cui la Corte aveva dato ragione a Mohammed Al Fayed (l’ex proprietario di Harrod’s e padre di Dodi) che aveva denunciato una compagnia per aver trivellato sotto le sue proprietà.

In difesa dell’industria dello shale gas si sta però muovendo il Governo britannico, che il mese scorso ha pubblicato un documento di consultazione nel quale si propone di emendare la legge, in modo da permettere le trivellazioni anche senza il permesso dei residenti e nel quale si stabiliscono misure di compensazione economica: 100mila sterline per pozzo e l’1% dei ricavi per 25 anni.

Se gli ambientalisti si battono contro il fracking, accusato di sprecare enormi quantità di acqua ed energia, di causare eventi sismici e l’inquinamento delle falde idriche, Londra sembra stare più dalla parte dell’industria che continua a minimizzare gli impatti ambientali di questa pratica. Così ha twittato il ministro del Clima e dell’Energia, Greg Barker, in risposta all’iniziativa: “Uno spostamento dal carbone al gas sostenibile è vitale per evitare un pericoloso cambiamento climatico, frapporre sindromi NIMBY è molto miope”.

Intanto però arrivano dalla Francia brutte notizie per l’industria dello shale gas. La settimana scorsa, la Corte costituzionale transalpina ha riconfermato la legge che mette al bando il fracking. Contro la legge aveva infatti fatto ricorso un’azienda americana del settore, Schuepbach Energy, che in conseguenza della normativa si era vista revocare due permessi. Nel suo ricorso la società affermava che non esiste letteratura scientifica a sufficienza per provare gli impatti negativi del fracking, che la tecnica bandita si potrebbe equiparare ai progetti di geotermia e che la legge andava contro il diritto di proprietà.

La Corte francese ha invece stabilito che il legislatore, nel bandire la fratturazione idraulica, ha perseguito in maniera legittima il fine di proteggere l’ambiente; il Tribunale ha inoltre fatto notare la differenza tra le tecniche usate nella geotermia e quelle usate nell’estrazione del gas da scisti e ha rigettato l’argomento che il bando violasse i diritti sulla proprietà privata.

“È una vittoria giuridica ma anche di politica ambientale – ha commentato il ministro dell’Ambiente francese Philippe Martin – con questa decisione il bando sul fracking idraulico è assoluto”.

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