Sarà l’ammoniaca da rinnovabili a cambiare il mondo dello storage e dei carburanti?

L'ammoniaca se ottenuta da elettricità rinnovabile, aria ed acqua potrebbe rivoluzionare i sistemi energetici, consentendo non solo di immagazzinare l'energia di sole e vento sotto forma di combustibile liquido, ma anche di dare energia per i trasporti. Uno scenario molto interessante che alcune innovazioni rendono ora possibile.

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Non sarà certo una novità dall’odore gradevole, ma potrebbe rappresentare veramente una svolta decisiva nei sistemi energetici del futuro. Parliamo dell’ammoniaca, gas di formula NH3, tossico e di odore pestilenziale, il cui principale uso è – dopo essere stato sintetizzato facendo reagire l’idrogeno del metano con l’azoto dell’aria – la produzione di fertilizzanti a base azotata.

Che ha dunque a che fare questa sostanza con i sistemi energetici? La ragione risiede in tre altre caratteristiche di questo gas: ha un’alta concentrazione di idrogeno e quindi di energia (a parità di volume e pressione c’è più idrogeno in un litro di ammoniaca, che in un litro di…idrogeno), è infiammabile ed è facilmente liquefacibile: basta comprimerlo a una pressione di 8 atm a temperatura ambiente. Aggiungiamo che l’idrogeno della sua sintesi può provenire benissimo dall’acqua, ed ecco che si comincia a delineare un nuovo ruolo per l’ammoniaca: fare da accumulatore di energia rinnovabile.

In pratica, si può immaginare un impianto a rinnovabili intermittenti, come sole e vento, che usi l’energia in eccesso per ottenere idrogeno dall’acqua, e azoto dall’aria, li faccia reagire fra loro, e immagazzini l’ammoniaca ottenuta, come combustibile liquido. In questo modo si avrebbe una trasformazione di evanescente elettricità, in un liquido che occupa poco volume, immagazzinabile a volontà per periodi lunghi a piacere, commerciabile in giro per il mondo, come oggi il petrolio, e ritrasformabile quando serve, in nuova elettricità, attraverso la sua combustione in motori, turbine o celle a combustibile.

Usare allo stesso scopo l’idrogeno sarebbe tecnicamente più semplice, ma l’idrogeno è liquefacibile solo a temperature bassissime, mentre come gas richiede volumi enormi per i serbatoi e pone diversi problemi tecnici, derivati dal fatto che questo gas, infiammabile ed esplosivo, per l’estrema piccolezza delle sue molecole, tende a infiltrarsi nel reticolo cristallino dei metalli, sfuggendo dai contenitori e rendendoli fragili.

Ma non basta, l’ammoniaca può essere facilmente utilizzata come carburante per i veicoli, come ha dimostrato recentemente la Marangoni, l’industria italiana che rigenera pneumatici usati, che ha convertito una Toyota GT86-R per il funzionamento con ammoniaca, ottenendo una autonomia di 178 chilometri con un pieno. Una pretsazione relativamente scarsa: l’ammoniaca ha un contenuto energetico che è la metà di quello della benzina, ma va considerato che il suo uso – se paragonato a quello delle batterie che danno autonomie altrettanto ridotte – è molto più pratico, non fosse altro per la rapidità nel fare il pieno. Inoltre, bruciando, l’ammoniaca produce solo azoto e acqua. Infine a favore dell’uso energetico di questo gas c’è il fatto che l’ammoniaca è già oggi prodotta in 130 milioni di tonnellate annue, trasportata (anche attraverso condotti dedicati) e commercializzata in tutto il mondo, quindi le tecnologie necessarie per utilizzarla in sicurezza sono perfettamente conosciute.

E allora cosa ci impedisce di usare questo combustibile? Il principale ostacolo è il modo con cui viene oggi prodotta, che è ancora quello inventato all’inizio del XX secolo da Fritz Haber e Carl Bosh, che impiega un metodo in fase gassosa a 500°C di temperatura e 40 atmosfere di pressione. Normalmente il metodo impiega come fonti metano, per l’idrogeno, e azoto estratto dall’aria, ma come detto si può anche partire dall’energia rinnovabile.

Ricercatori  dell’Università del Minnesota ad esempio stanno adesso sperimentando l’uso diretto di idrogeno, prodotto da elettrolisi dell’acqua con l’energia fornita da una pala eolica da 1,3 MW, per alimentare un piccolo impianto Haber-Bosh, in grado di produrre fino a 25 tonnellate di ammoniaca l’anno, con cui realizzare fertilizzanti azotati per i contadini locali, più economici di quelli industriali, il cui prezzo oscilla con quello dei combustibili fossili, rimanendo, negli ultimi anni, a livelli molto alti. In futuro i ricercatori, vorrebbero anche utilizzare l’ammoniaca da energia eolica, come carburante per le macchine agricole.

Ma il processo Haber Bosh ha un’efficienza relativamente bassa, è complesso e usa gas ad alta temperatura e pressione, il che non lo rende molto adatto per la piccola scala richiesta spesso dall’accumulo. E qui arriviamo alla possibile svolta: questo impiego potrebbe decollare se si riveleranno fondate le promesse fatte da un gruppo di ingegneri chimici americani raccolti nella società NHThree. Il gruppo ha ideato un nuovo metodo di sintesi dell’ammoniaca che si sviluppa in un piccolo reattore alimentato da un lato con azoto estratto dall’aria, e dall’altro con acqua.

A separare le due parti una membrana ceramica che consente il passaggio dei soli protoni (nuclei di idrogeno). Scaldato a 550 °C ed eccitato da un campo elettrico, l’idrogeno si distacca dall’acqua, migra verso il settore dell’azoto, dove, grazie a un catalizzatore, si combina con questo a formare NH3. Oltre all’ammoniaca la reazione produce solo ossigeno, che può essere venduto a parte, e consuma 7500 kWh di elettricità per ogni tonnellata di NH3 prodotta, contro gli 11.000 kWh di energia richiesti dal normale processo Haber-Bosh, che emette anche 3 molecole di CO2 fossile, da metano, per ogni 8 di ammoniaca (la sintesi dell’ammoniaca è responsabile per un miliardo di tonnellate di CO2 di emissioni annue, quasi il 3% del totale).

La NHTree ha già venduto il primo impianto dimostrativo alla Royal Silver Company una società mineraria, che ha bisogno di ammoniaca ultrapura, per la raffinazione dell’argento, ma l’idea per cui il metodo è stato sviluppato è un’altra: dotare di sistemi di accumulo le tante piccole reti elettriche isolate con cui si alimentano le comunità dell’Alaska, e che oggi, per assicurarsi una fornitura costante e continua, possono ricorrere solo a generatori diesel, alimentati con sempre più costoso gasolio. Con sistemi di accumulo basati su ammoniaca, pensano alla NHTree, città e villaggi dell’Alaska potranno sfruttare le loro grandi risorse di energia eolica, accumulando come NH3 gli eccessi di produzione e riutilizzandoli nei generatori diesel, quando il vento viene a mancare.

Se le prove in corso al Pacific Northwest National Laboratory di Richmond, stato di Washington, dimostreranno la validità del metodo NHTree, il primo impianto di accumulo ad ammoniaca del mondo sorgerà nella città di Juneau, una delle comunità dell’Alaska più grandi oggi alimentate a gasolio. Ma naturalmente, la posta in gioco è molto più alta: avere un sistema di accumulo che produce un combustibile liquido a partire dai composti più largamente disponibili al mondo – aria e acqua – potrebbe rivoluzionare i sistemi energetici, consentendo a sole e vento non solo di diventare fonti continue e programmabili, in grado di alimentare le reti elettriche in tutte le stagioni, e magari anche i trasporti grazie a motori alimentati a NH3, ma permetterebbe anche di dare alle energie rinnovabili una forma concentrata e trasportabile, che consenta alle regioni del mondo meno dotate di fonti rinnovabili, di alimentarsi con energia sostenibile prodotta altrove. Una sorta di «petrolio» rinnovabile, insomma, che renderebbe decisamente più concreto il sogno di un mondo che produca l’energia che gli serve per far vivere decentemente tutti, senza distruggere ambiente e clima.

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