Produttori FV: cinesi i due più attenti ad ambiente e lavoratori

Trina e Yingli sono i due produttori di moduli più attenti a ridurre l'inquinamento e a tutelare salute e diritti dei lavoratori. Lo dice la Solar-Scorecard-Ranking compilato dalla Silicon Valley Toxics Coalition. Ma altre aziende cinesi sono in fondo alla classifica, peraltro in compagnia di ditte americane: impossibile generalizzare in base alla nazionalità.

ADV
image_pdfimage_print

Quando si parla di moduli fotovoltaici cinesi c’è un pregiudizio abbastanza diffuso: quello che il loro prezzo molto competitivo sia ottenuto, oltre che grazie ai generosi aiuti di stato e al basso costo del lavoro, con cicli produttivi che non rispettano ambiente e diritti del lavoro. Nei giorni scorsi abbiamo parlato di uno studio – finanziato dal DoE americano – che spiegava come la competitività dell’industria fotovoltaica cinese sia dovuta più alle efficienti economie di scala che al costo della manodopera e al sostegno statale.

Ora un altro documento mostra come non si possa in alcun modo affermare che in Cina si producano i moduli in maniera meno sostenibile che altrove dal punto di vista sociale e ambientale. Anzi, se è vero che in diverse fabbriche fotovoltaiche cinesi (ma anche degli Usa e di altri paesi) ci sono notevoli problemi di inquinamento, salute e diritti dei lavoratori, le due aziende con il miglior punteggio, in quanto a sostenibilità, sono proprio due ‘giganti’ cinesi come Trina e Yingli.

La classifica di cui stiamo parlando è il Solar-Scorecard-Ranking compilato dalla Silicon Valley Toxics Coalition, organizzazione californiana che monitora i comportamenti dell’industria FV in quanto a politiche ambientali, salute e diritti dei lavoratori. Un report (allegato in basso) pensato per spingere i produttori a migliorare le loro prestazioni in materia di responsabilità sociale e ambientale, permettendo ai consumatori di valutarli.

I criteri in base ai quali vengono assegnati i punteggi riassunti nella classifica (vedi tabella sotto, clicca per versione ingrandita, in pdf) sono diversi. Si valuta se un’azienda ha programmi per lo smaltimento dei propri prodotti a fine vita (voce EPR della tabella); se è trasparente nel riportare le proprie emissioni di qualsiasi tipo, dai gas serra ai rifiuti pericolosi (voce Emission Transparency); se ha un piano per ridurre l’uso di sostanze chimiche (Chemical reduction Plan); se tutela adeguatamente la salute e i diritti dei lavoratori (Worker Rights, Health, and Safety); se ricicla i moduli a fine vita (Cradle-to-Cradle Recycling); se monitora in maniera trasparente tutta la filiera (Supply Chains); se i moduli contengono sostanze nocive come alcuni metalli pesanti (Module Toxicity); l’impatto degli stabilimenti sulla biodiveristà (Biodiversity); l’intensità energetica e le emissioni climalteranti (Energy and GHGs); l’uso dell’acqua (Water); se l’azienda proibisce esplicitamente l’uso di manodopera non libera (Prison Labor); se si approvvigiona di minerali in zone di guerra come la Repubblica Democratica del Congo e altre aree critiche dell’Africa centrale (Conflict Minerals).

Trina Solar, prima classificata per il secondo anno di fila, vi si legge, oltre ad aver ridotto l’uso di prodotti chimici inquinanti nella produzione dei moduli, è quella con il miglior punteggio in quanto a tutela della salute e dei diritti dei lavoratori. Anche l’altra cinese sul podio, Yingli Green Energy, si è distinta per questi aspetti, mentre la terza classificata è l’americana SunPower, seguita da Upsolar, azienda basata ad Hong Kong.

Tra le europee, la più ‘sostenibile’ secondo lo scorecard è la tedesca Solarworld, quinta, seguita dalla norvegese REC in sesta posizione: sorprendentemente entrambe le aziende se hanno un buon punteggio in quanto a riduzione dei prodotti chimici nocivi, prendono invece un voto mediocre (8 su 15) sulla tutela della salute e dei diritti dei lavoratori.

Ma quel che la classifica ci insegna è che è molto difficile generalizzare: se cinesi possono contare ben 3 aziende tra i primi 4 classificati, altre aziende asiatiche come Suntech e LDK hanno prestazioni deludenti. Nella parte bassa della classifica troviamo insieme compagnie asiatiche, come China Sunergy, Gintech, NB Solar and Sungen e americane come Westinghouse Solar, Suniva e Nanosolar.

Il Solar-Scorecard-Ranking della Silicon Valley Toxics Coalition – pdf

 

 

ADV
×