Anti-Dumping FV: il ricorso di Solarworld contro USA e UE

SolarWorld fa ricorso al Tribunale Internazionale del Commercio di New York contro Washington, denunciando la mancata applicazione, da parte del Dipartimento di Commercio, delle misure restrittive all’import di celle e moduli FV dalla Cina. Forse un ricorso anche contro l’accordo amichevole siglato tra UE e Cina durante l’estate.

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Solarworld, l’azienda tedesca produttrice di moduli fotovoltaici, continua la sua battaglia contro i competitor cinesi. La società, ispiratrice delle indagini anti-dumping e anti-sussidi, ha presentato un ricorso al Tribunale Internazionale del Commercio di New York contro Washington. Secondo un comunicato stampa diffuso dalla stampa estera nella prima settimana di settembre, il gruppo tedesco avrebbe denunciato la mancata applicazione, da parte del Dipartimento di Commercio degli Stati Uniti, delle misure restrittive previste per l’importo di celle e moduli dalla Cina, stabilite dal governo statunitense già nel 2012. Secondo Solarworld, inoltre, il Dipartimento non avrebbe effettuato i controlli necessari a verificare l’effettiva indipendenza dal proprio governo di molte società cinesi attive negli USA. Di conseguenza queste società avrebbero beneficiato illecitamente di un dazio fortemente ridotto.

In particolare, il Dipartimento di commercio statunitense starebbe indagando su quelle aziende manifatturiere che dichiarano di non usare moduli prodotti in Cina, per verificare che le loro dichiarazioni siano veritiere.

Le investigazioni riguardano anche una sospetta evasione fiscale. Il Dipartimento di commercio avrebbe infatti richiesto al CBP (U.S. Customs and Border Protection) di aumentare i controlli sulle importazioni perché, apparentemente, alcune aziende che importano moduli fotovoltaici realizzati in Cina dichiarerebbero le loro importazioni in modo parziale e inesatto per eludere i dazi.

In fondo molti produttori cinesi hanno già apertamente dichiarato di sfruttare delle ‘scappatoie legali’ lasciate aperte dal provvedimento antidumping. Secondo la legge in vigore, infatti, i dazi non vengono applicati nel caso in cui i pannelli solari importati siano prodotti da aziende cinesi situate in altri Stati. Il che giustifica, almeno in parte, la recente spinta alla delocalizzazione della produzione, attuata da diverse aziende d’estremo oriente, come CSUN che ha inaugurato a maggio scorso la sua nuova sede in Turchia. Resta solo da stabilire se gli espedienti adottati dalle aziende della Repubblica Popolare siano sempre legali.

“Per competere lealmente, abbiamo bisogno che il nostro sistema federale applichi queste leggi con fermezza – dichiara  Gordon Brinser, presidente di  SolarWorld Industries America Inc – giudicare i casi senza attenzione non è abbastanza – continua Brinser- Stiamo ancora chiedendo che queste pratiche commerciali illegali attuate dai produttori di moduli fotovoltaici cinesi vengano fermate”.

L’occhio ‘attento’ di SolarWorld non trascura neppure il panorama europeo. Nel mirino l’accordo amichevole sul fotovoltaico, siglato tra Unione Europea e Cina durante l’estate (vedi Qualenergia.it), contro il quale sarebbe pronto un nuovo ricorso, su cui ancora non é trapelato nulla.

GP

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