Perché Enel Green Power trascura l’Italia?

In Italia abbiamo quella che probabilmente è l'impresa più grande al mondo dedicata solo alle rinnovabili, Enel Green Power. L'azienda sembra però restia ad investire in patria, preferendo i mercati esteri. Una scelta dietro cui molti vedono il timore di EGP di pestare i piedi alla casa madre, dedita alle fossili. Ne abbiamo parlato con l'amministratore delegato Francesco Starace.

ADV
image_pdfimage_print

Enel Green Power, la società verde di Enel nata nel 2008 e quotata alle borse di Milano e Madrid dal 2010, è forse la più grande realtà imprenditoriale interamente dedicata alle energie rinnovabili del mondo. EGP gestisce oggi circa 740 impianti eolici, fotovoltaici, geotermici, idroelettrici e a biomasse, per una potenza complessiva di 8.700 MW e oltre 25 TWh di produzione nel 2012, situati in 16 paesi del mondo, fra i quali Italia, Francia, Spagna, Romania, USA, Canada, Cile, Messico e Brasile.

Nel 2012 EGP ha avuto ricavi per circa 2,7 miliardi di Euro, con un utile operativo di 972 milioni di euro. Avere un simile gigante delle rinnovabili in patria dovrebbe in teoria far felici gli ambientalisti italiani, invece EGP non è molto amato nel mondo verde: lo si accusa di investire soprattutto all’estero, evitando di far crescere considerevolmente la quota di rinnovabili italiane, per non dare fastidio alla casa madre che produce da noi soprattutto con gas e carbone, oltre che con il nucleare all’estero.

Abbiamo chiesto quindi all’ingegner Francesco Starace, AD di EGP, di farci capire come si muove la sua azienda e il perché di scelte che a molti sembrano discutibili. La versione integrale dell’intervista completa verrà pubblicata sul numero 4 della rivista QualEnergia.

Cominciamo subito dal punto dolente, Enel Green Power si presenta sulla scena internazionale con una politica molto attiva, mentre pare meno aggressiva sulla scena nazionale. Quali sono i motivi di queste scelte?

Il nostro obiettivo è quello di rimanere in posizione di leadership in Italia e Spagna, accentuando nel frattempo lo sviluppo nei paesi ad alta crescita e nei mercati emergenti, in cui EGP può far valere un approccio multi-tecnologico, che rappresenta una delle caratteristiche distintive della società. Non ci sono molte aziende al mondo che possiedano competenze nel solare fotovoltaico e termodinamico, eolico, geotermico, idroelettrico e biomasse. In quest’ottica, ci impegneremo ulteriormente in America Latina, e in particolare in Brasile, Cile e Messico, dove esistono le condizioni essenziali che guidano le nostre scelte di investimento. Si tratta infatti di paesi dove la domanda di energia sta crescendo costantemente, guidata da una forte spinta demografica ed economica, e che sono connotati da abbondanza di risorse naturali di molti tipi diversi, con un quadro regolatorio e legislativo favorevole.

E questo vi impedisce di espandervi ulteriormente in Italia?

In Italia, purtroppo, non c’è più crescita di domanda di energia, anzi la domanda si contrae in questi ultimi anni. È facile comprendere come nella situazione italiana ogni ulteriore aggiunta di offerta di un certo tipo, non possa che andare a scapito delle altre, causando resistenze e contrasti. Visto che invece in gran parte del mondo la domanda è in grande crescita e c’è spazio per tutti, soprattutto per chi lavora più seriamente, facendo offerte tecnologicamente avanzate ed economicamente favorevoli, preferiamo concentrarci su quei mercati. Comunque, anche in Italia, siamo tutt’altro che assenti: dei circa 400 MW di nuovi progetti eolici approvati con le ultime aste, buona parte sono nostri.

Siete soddisfatti del nuovo sistema di aste per l’eolico?

Il meccanismo delle aste si è dimostrato uno strumento virtuoso, in particolar modo per la tecnologia dell’eolico che nel primo contingente è stato saturato da progetti qualificati per più dell’80%. In generale il nuovo sistema di supporto alle fonti rinnovabili ha contribuito ad evitare l’applicazione di misure retroattive, proteggendo gli investimenti già effettuati, ha dato certezza alla remunerazione dei nuovi investimenti e ha posto un limite ai costi destinati alle fonti rinnovabili

Però nell’eolico puntate solo su progetti convenzionali, per esempio non avete mai proposto progetti offshore in Italia …

Nel nostro paese i venti sono troppo deboli: siamo al limite della convenienza installando su terra, figuriamoci se installassimo in mare, dove i costi di impianto e di manutenzione sono molto più alti. Per capire la differenza, qui da noi l’eolico ha un capacity factor di circa 1.500 ore l’anno. Negli Usa si viaggia intorno ai 3.500, in Messico sui 3-4.000 e in Brasile sui 4.000 e oltre. In quest’ultimo paese ci sono aree abbandonate dalla popolazione per eccesso di vento, che soffia tutto l’anno da ovest verso est, un paradiso per chi vuole investire in eolico. In Brasile, infatti, l’eolico si conferma regolarmente alle aste indette dal governo, come la fonte più economica, sbaragliando ogni concorrenza.

Anche nel campo del solare avete praticamente abbandonato l’Italia, rinunciando ai grandi impianti e cedendo la vostra sezione retail, quella dei piccoli impianti, appena gli incentivi sono andati giù. Per molti questo è un comportamento speculativo: siete presenti solo dove il guadagno è facile e garantito dallo Stato.

È semplicemente falso: EGP ricava solo il 22% del suo fatturato dalle varie forme di incentivazione, il resto è vendita di energia. Anche in questo caso, semplicemente, puntiamo su paesi dove ci sia grande risorsa solare e grande fame di energia, come le nazioni del Nord Africa e Medio Oriente, che stanno apprestandosi a sostituire massicciamente l’uso interno di petrolio e gas, con fonti rinnovabili, così da poter esportare più idrocarburi e incassare preziosa valuta estera, a 100 o più dollari al barile. E si dimentica che in Italia siamo presenti addirittura nella produzione di fotovoltaico, con lo stabilimento EGP-Sharp-STMicroelectronics per la produzione di pannelli a film sottile: nonostante l’attuale crisi del settore, quello stabilimento funziona egregiamente, 160 MW annui di produzione, tutti già venduti per questo e il prossimo anno.

Caso isolato, però. Molti si lamentano che la “rivoluzione delle rinnovabili”, non abbia portato sviluppo industriale in Italia, solo un sacco di installatori di prodotti altrui.

È un grave errore. L’industria italiana è grande nella componentistica, molte cose che produciamo qui, finiscono nei prodotti industriali di altre nazioni, senza che neanche ce ne accorgiamo. Chi sa, per esempio, che siamo fra i più grandi produttori di inverter per impianti solari del mondo? O che la Bonfiglioli produce componenti importantissimi, per un gran numero di costruttori di turbine eoliche? E ci sono settori, come la geotermia, dove abbiamo un know how di assoluto livello mondiale.

A proposito: una delle cose che in molti si chiedono è perché facciate languire la geotermia una delle nostre migliori risorse, che da molti anni viaggia sotto il gigawatt installato, mentre gli impianti innovativi li fate negli Usa.

La geotermia è un campo estremamente complesso, in cui si fa presto a parlare, ma la cui realtà è comprensibile solo da pochi specialisti come quelli, ottimi, che abbiamo in Italia. Nel nostro paese le risorse geotermiche sono perfettamente conosciute, essendo studiate da un secolo. Se avessero potuto essere sviluppate molto di più, lo sarebbero già state. La zona toscana è in pratica l’unica sfruttabile su grande scala, in quando i fluidi geotermici che escono là, non hanno il carico di gas tossici presenti, per esempio, in quelli dei Castelli Romani o dei Campi Flegrei. È vero, sperimentiamo i sistemi binari in Nevada, ma questo per un semplice motivo: sono impianti estremamente ingombranti, che consentono di produrre, con vistosi apparati, solo pochi MW, da grandi volumi di fluidi geotermici a media entalpia. Potremmo certo applicarli largamente anche in Italia, sia su fluidi meno caldi di quelli usati oggi, che per potenziare le centrali attuali: ma immaginatevi le proteste per questi ingombranti impianti disseminati nelle nostre campagne … Comunque presto proveremo un impianto binario presso una centrale geotermica nel nostro paese, ma non aspettatevi enormi e rapidi incrementi, tipo fotovoltaico: penso che ragionevolmente arriveremo al massimo a un raddoppio della potenza totale geotermica italiana, ma ci vorranno molti anni.

E provare tecniche ancora più innovative, come la geotermia “artificiale” in rocce calde e secche?

Stendiamo un velo pietoso. Fare geotermia fratturando rocce in profondità e iniettandovi acqua, è costoso e attuabile solo in zone desertiche, per le scosse sismiche che provoca. Accontentiamoci di essere orgogliosi del fatto che EGP sarà la prima a realizzare un impianto geotermico, convenzionale in Sudamerica: lo faremo in Cile, nel deserto di Atacama a 4500 metri di altezza.

Discorso simile, immagino, anche per l’idroelettrico?

Certo, quella risorsa è stata sfruttata in tutti i modi possibili dai nostri antenati. C’è un po’ di spazio solo per quello a flusso, ma anche lì, le assicuro, le zone migliori sono già state prese dai nostri nonni, che non dormivano certo.

Mi scusi, ma eolico no, geotermia no, idroelettrico no, solare no … secondo lei in Italia siamo condannati ai combustibili fossili a vita?

Niente affatto, il solare italiano ha un enorme potenziale, anche se ora noi siamo interessati a svilupparlo di più altrove. E un’altra grande risorsa italiana sono le biomasse: stiamo studiando la realizzazione di piccoli impianti modulari, da installare in centri abitati vicino a zone boschive, così che usino legna «a chilometri zero», immettendo elettricità in rete e usando localmente il calore che producono. Credo che il nostro paese abbia tutte le chance, in futuro, per prodursi localmente tutta l’energia che gli serve.

A proposito di solare, ma che fine ha fatto il progetto Archimede per il solare termodinamico a sali fusi? Da quando è stato completato l’impianto di Priolo, non se ne sa più nulla…

In realtà, non c’è nessun mistero: Archimede è un progetto della divisione Ricerca di Enel e come tale per ora viene usato soprattutto per testare le condizioni limite di funzionamento, e vedere come reagisce tutto il sistema. Non avrebbe senso rendere noti i risultati adesso e lasciateci un po’ di riservatezza industriale. Comunque le indicazioni che Archimede ci ha dato, sono già servite a farci capire come indirizzarci nella costruzione di un nuovo impianti di quel tipo, che realizzeremo vicino a Catania.

Pensa che il solare termodinamico sia adatto all’Italia?

Assolutamente no, richiede grandi spazi piani molto soleggiati, si parla di 200 ettari per 30-40 megawatt, poco disponibili da noi. Ma sarà sicuramente adattissimo per altri paesi, dove ci siano forte insolazione, scarsa densità di popolazione e una certa disponibilità di acqua per il raffreddamento.

Almeno pensate di intervenire nel campo degli accumuli in Italia? Si dice che saranno indispensabili per i futuri sistemi elettrici a forte penetrazione di rinnovabili…

No, non è il nostro lavoro, e poi, secondo noi, il vero sistema di accumulo è il sistema elettrico stesso. Finché c’è generazione a gas disponibile, se c’è un eccesso di sole o vento, molto meglio ridurre la potenza delle centrali termiche, risparmiando gas, invece di pompare acqua in bacini e perdere il 20% dell’energia, no? Tanto più che i pompaggi in Italia sono quasi tutti a nord, mentre la produzione da sole e vento è soprattutto a sud, con una rete in mezzo ancora inadeguata al trasferimento di tutta quella energia. Noi pensiamo che il problema del bilanciamento della rete, possa comunque essere risolto rendendo tutte le fonti in grado di modulare, almeno un po’ la propria energia, così da usarle di concerto e produrre sempre solo quello che serve, dove serve. Per questo stiamo lavorando intensamente su nuovi sistemi elettronici, basati anche su supercondensatori o batterie, per rendere i nostri impianti eolici e solari, dispacciabili, cioè in grado di programmare con precisione la propria produzione, mantenendola nei limiti previsti. Il fotovoltaico, che può cambiare il livello della sua produzione in millisecondi, sarebbe una fonte perfetta per il dispacciamento.

Tanto che l’Autorità per l’Energia e il Gas, l’Aeeg, vorrebbe rendere già da ora obbligatorio programmare la produzione di solare ed eolico …

Penso che faccia bene l’Aeeg a spingere perché tutti i produttori elettrici si responsabilizzino e producano quanto promettono di fare, senza scaricare sugli altri le spese di bilanciamento conseguenti ai loro errori di programmazione…

Molti, però, vedono in questo tipo di proposte dell’Aeeg, come quella, ancora più discussa, di imporre oneri sull’autoproduzione solare, un intervento indebito dell’arbitro, che cerca di bloccare lo sviluppo delle rinnovabili, a favore delle fonti tradizionali.

Niente di più sbagliato. Lo scopo dell’Autorità non è favorire o sfavorire questo o quello, ma tenere conto delle esigenze legittime di tutti gli attori del sistema energetico, i produttori di varie fonti, il distributore e, soprattutto, i consumatori. E in questo lavoro, mi creda, l’Autorità italiana è, per competenza e imparzialità, fra le migliori d’Europa, e quelle d’Europa sono fra le migliori al mondo. È come un padre di famiglia.

Interventi dell’Aeeg a parte, ritenete che ci sarà spazio entro la fine del decennio per realizzare impianti in generation parity, cioè per competere con le centrali convenzionali nell’immissione diretta di elettricità in rete, senza incentivi?

Riteniamo che gli impianti a fonti rinnovabili possano quanto prima misurarsi con gli impianti a fonti tradizionali; per alcune tecnologie e in alcune zone italiane ciò già accade. Siamo convinti inoltre che uno sviluppo sostenibile delle fonti rinnovabili non possa prescindere dal rendere certo, sul medio-lungo termine, il livello dei prezzi dell’energia rinnovabile. In altre parole è necessario dare la possibilità di stipulare contratti bilaterali di lungo periodo, 20 anni per esempio, tra produttori e distributori locali o altri soggetti privati, come d’altronde è già previsto negli Stati Uniti e in America Latina. E non sottovalutiamo, in vista della generation parity, i progressi tecnologici e la potenza del mercato: se avessimo detto nel 2003 a quanto saremmo arrivati di produzione da rinnovabili nel 2013, ci avrebbero preso per pazzi. Pensate poi che oggi un impianto eolico “stato dell’arte”, a parità di superficie produce il 70% in più di uno di 10 anni fa … e siamo solo all’inizio.

 

Segui QualEnergia.it  anche su e

ADV
×