Come la Sicilia non è riuscita a spendere 200 milioni di Fondi europei per le rinnovabili

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La Sicilia aveva a disposizione 370 milioni di € provenienti dai Fondi europei 2007-2013 dedicati allo sviluppo delle rinnovabili. Non è riuscita a spendere neanche un centesimo dei 200 milioni destinati alle filiere industriali. Sindacati e associazioni ambientaliste insorgono e propongono alternative.

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Il 13 agosto l’Assessorato regionale all’Energia siciliano si è arreso all’evidenza: la struttura burocratica e l’imprenditoria della Sicilia non sono in grado di spendere le centinaia di milioni di euro messi a disposizione dall’Unione Europea per lo sviluppo delle rinnovabili e, così, è stato revocato l’avviso pubblico per la concessione delle agevolazioni finanziarie emanato il 15 marzo scorso.

La vicenda dei fondi europei per le rinnovabili non spesi in Sicilia è stata ben raccontata in un recente articolo pubblicato da Il Giornale di Sicilia, ma è talmente emblematica da meritare un approfondimento.

Le risorse a disposizione della Regione per i progetti energetici erano ingenti: 675,4 milioni di euro in totale. Quelle dedicate alle filiere industriali delle rinnovabili, cioè quelle inserite nel capitolo 2.1.1.1 (‘Interventi per la costituzione di filiere produttive di ambito regionale nel campo delle fonti rinnovabili anche attraverso progetti pilota a carattere innovativo specie nei settori del solare termico a bassa temperatura, solare fotovoltaico, biomassa, mobilità sostenibile, ecoefficienza, biocarburanti e idroelettrico’) del piano di spesa dei fondi europei fissato nel POR, il Programma Operativo Regionale, ammontavano 200 milioni di euro su 370 milioni complessivi riservati alle energie verdi.

Il primo bando pubblico per le filiere energetiche è stato emanato dalla Regione nel 2010 con una dotazione di 130 milioni di euro, poco più di un terzo della dotazione totale della misura 2.1.1. La procedura, però, era viziata da un banale errore: non era stato individuato l’organismo intermedio che avrebbe dovuto esaminare le domande. La Regione ha impiegato un anno per affidare l’incarico, da otto milioni di euro, a Banca Nuova, ma in realtà da esaminare ci fu ben poco: una sola azienda, la milanese (con apposita sede a Catania) Meridionale Impianti fece domanda di finanziamento per 12,5 milioni. E ancora deve riceverli.

Visto il sostanziale fallimento del primo bando per l’assegnazione dei fondi europei per le filiere rinnovabili, l’anno successivo con Decreto Dirigenziale del Dipartimento Regionale dell’Energia n. 302 del primo agosto 2012 viene proposto secondo bando con un budget portato a 200 milioni. Come se il problema fosse la dotazione finanziaria, la Regione Sicilia non cambiò nulla della procedura di selezione e il risultato fu anche peggiore: non fu presentata neanche una istanza di partecipazione.

A fine 2012, quindi, non un centesimo degli iniziali 200 milioni era stato assegnato e l’unica azienda che aveva partecipato ai bandi ancora non aveva ricevuto un euro. A quel punto l’Assessorato, rischiando di perdere i fondi non spesi, nel marzo 2013 lancia un terzo bando per 25 milioni di euro sperando di assegnare almeno quelli. Ma fallisce nuovamente.

Nel frattempo l’intera dotazione dei fondi europei destinati alle energie rinnovabili in Sicilia viene rimodulata due volte e i soldi destinati (o meglio, destinabili) alle rinnovabili scendono dagli iniziali 370 milioni di euro a 97 milioni, ai quali ora vanno tolti gli ultimi 25 milioni. Parte dei soldi “rimodulati” saranno dirottati al progetto del tram del capoluogo siciliano, resterebbero a disposizione 72 milioni di euro (vedi tabella – clicca per ingrandire).

Al quotidiano siciliano due dirigenti dell’Assessorato Energia (Pietro Valenti e l’attuale dirigente generale Maurizio Pirillo) hanno raccontato quali sono stati gli errori compiuti. Secondo Pirillo la colpa è dei requisiti troppo selettivi: “Le aziende che avessero ottenuto i fondi avrebbero dovuto cofinanziare l’investimento con importi quasi analoghi. E in questa fase di crisi il nostro sistema imprenditoriale non ha avuto la forza di investire”. In sostanza le aziende dovevano proporre progetti dal valore compreso tra i 15 e i 40 milioni di euro, mettendone di tasca propria almeno la metà. Secondo Valenti, invece, “l’errore più grande è stato limitare la partecipazione al bando alle sole piccole e medie imprese. Avevo segnalato che non c’erano realtà che potessero sostenere investimenti così ingenti. Ma non si è voluto modificare i bandi”.

Di chiunque sia la colpa, di consigli su come stilare i bandi per cucirli addosso alle realtà imprenditoriali siciliane alla Regione ne sono arrivati più di uno durante gli ultimi anni. Alfio La Rosa, responsabile del Dipartimento Ambiente e Territorio della CGIL siciliana e coordinatore del FRED, il Forum Regionale per l’Energia Distribuita che riunisce, oltre al sindacato, anche Legambiente e il CETRI-TIRES e che si avvale del supporto scientifico dell’ENEA di Palermo, del CNR di Messina e del Dipartimento dell’Energia dell’Università di Palermo, a Qualenergia.it racconta un’altra storia. “Un fallimento annunciato – critica La Rosa – Nel corso degli anni e dei vari tavoli di confronto che si sono susseguiti sullo schema di bando, l’intero partenariato economico sociale del POR FESR 2007-2013, a partire dalle associazioni datoriali, contestò i requisiti troppo rigidi e selettivi, tenendo conto che eravamo in una fase di profonda crisi del nostro sistema imprenditoriale incapace di avere grandi risorse finanziarie da investire”.

Nel corso delle due fasi di rimodulazione dei fondi sia la CGIL che il FRED hanno chiesto ripetutamente di correggere la rotta: prima con una lettera della CGIL Sicilia del 26 luglio 2012, poi con una seconda missiva del 18 settembre 2012 firmata da Forum. Richiesta ribadita l’anno successivo con lettera del FRED del 5 febbraio 2013 e della CGIL e Legambiente Sicilia il 22 febbraio 2013.

L’idea condivisa da sindacato e associazioni ambientaliste era quella di abbandonare il paradigma dei mega progetti in favore di programmi “quick start”. Spiega ancora La Rosa: “La strategia di rimodulazione dei fondi europei da noi proposta avrebbe introdotto elementi in grado di agire simultaneamente, e dunque più efficacemente, su entrambi gli estremi del mercato stimolando la domanda con programmi settoriali specifici (alberghi, scuole, ospedali) e incoraggiando lo sviluppo di una offerta locale di prodotti e servizi energetici rinnovabili innovativi ad alto tasso di integrazione (idrogeno e sistemi di accumulo, smart grid, solar cooling, ecc.)”. Una delle idee più semplici e veloci da realizzare sarebbe stata quella di spostare parte dei fondi su un corposo programma di efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati. Un’altra era quella di costituire un fondo regionale di garanzia per l’installazione di impianti fotovoltaici per le famiglie e le piccole e medie imprese, visto che il fotovoltaico in Sicilia negli ultimi tre anni è cresciuto a ritmi vertiginosi.

Infine, tra le proposte avanzate alla Regione in fase di rimodulazione dei fondi europei, c’era quella del “Distretto delle nuove tecnologie energetiche di generazione rinnovabile e distribuita”, fatta il 21 febbraio 2011 da CGIL, CETRI, CNR ITAE, ENEA e Dipartimento Energia dell’Università di Palermo.

“Purtroppo – conclude il coordinatore del FRED – assistiamo anche con il nuovo governo regionale ad una precisa volontà di non confrontarsi con le proposte che vengono dal partenariato economico e sociale. Si continua soltanto a utilizzare e prolungare le consulenze ad esperti esterni dell’iniziativa comunitaria del ‘Patto dei Sindaci’, con un progetto di spesa di 30 milioni che dovrebbe consentire alla Sicilia di attingere ad una ‘fantomatica’ cifra di circa cinque miliardi di euro messi a disposizione dell’Europa e di aprire finalmente all’era delle energie rinnovabili”.

Un progetto, quello del Patto dei Sindaci, che in Sicilia ha già visto l’assegnazione di numerosi incarichi di consulenza esterna con compiti di “raccordo con la Comunità Europea per la verifica degli obiettivi di sostenibilità energetica e ambientale” (Dott. Antonello Pezzini, nomina del Presidente della Regione del 28/08/2013), in materia di “politica energetica regionale in linea con le indicazioni della Unione Europea al fine di favorire, tra l’altro, il miglioramento delle condizioni operative e la riduzione delle emissioni climalteranti e inquinanti” (Prof. Ing. Rosario Lanzafame, nomina del Presidente della Regione del 28/08/2013) e con il compito “tecnico-amministrativo” del “raccordo con i Comuni siciliani per una maggiore sensibilizzazione all’iniziativa” (Prof. Salvatore Lupo, nomina del Presidente della Regione del 28/08/2013). Le parcelle degli esperti ammontano a 4.131,66 euro per due mesi di incarico (ma siamo già al terzo rinnovo nel 2013, per un totale di 12.395 euro a consulente e, al momento, sembrano essere gli unici soldi che la Regione Sicilia riesce a spendere per stimolare lo sviluppo della filiera delle energie rinnovabili.

La Sicilia ha tempo fino al 31 dicembre 2013 per assegnare i fondi europei, che dovranno poi essere spesi entro la fine del 2015. Ce la farà?

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