Bolletta: il mistero costi di dispacciamento tra speculazioni, regali e rinnovabili

Sono eolico e fotovoltaico, con la loro produzione non programmabile, a pesare sui costi per mantenere in equilibrio immissione e prelievo sulla rete? Non proprio: dall'avvento delle rinnovabili i costi del dispacciamento vero e proprio sono più che dimezzati. Paghiamo invece per una “truffa” legale, ora bloccata, e per regali e prestiti camuffati ai grandi consumatori.

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A fine giugno l’Autorità per l’Elettricità e il Gas (Aeeg) – nonostante il prezzo nazionale all’ingrosso dell’elettricità (PUN) nei mesi precedenti fosse calato – ha aumentato dell’1,4% la bolletta elettrica per il trimestre estivo: +7 euro l’anno in media a famiglia. La ragione, spiega l’Aeeg, è “l’atteso incremento dei costi di dispacciamento per garantire l’equilibrio e la sicurezza del sistema”. Un’ ennesima accusa alle rinnovabili, colpevoli di far aumentare il costo dell’elettricità, oltre che con gli incentivi, con i costi necessari a mantenere in equilibrio il sistema elettrico, a fronte dell’immissione di quantità crescenti di elettricità non programmabile?

Non proprio: le cose sono più complicate. Tre le ragioni per l’aumento dei costi del dispacciamento, si legge nella delibera (allegato in basso). Una è effettivamente legata all’intermittenza di sole e vento, ma le altre due dipendono da comportamenti speculativi di intermediari e produttori, che hanno lucrato nei mesi scorsi su problemi tecnici e normativi, che non c’entrano nulla con le rinnovabili. A questo si aggiungono altre voci improprie che pesano sul conto come regali e prestiti camuffati ai grandi consumatori.

Per spiegarle ricordiamo come funziona il servizio di dispacciamento. Mentre l’elettricità viene in gran parte venduta e acquistata tramite aste nel cosiddetto Mercato del Giorno Prima (MGP), sul Mercato dei Servizi di Dispacciamento (MSD), Terna, il gestore di rete, acquista i servizi di dispacciamento con l’obiettivo di mantenere in equilibrio l’immissione e il prelievo. Ad esempio per evitare congestioni sulla rete Terna chiede – dietro compenso – a dei venditori di ridurre l’offerta e ad altri di aumentarla. Oppure garantisce la riserva, chiamando alcuni impianti a tenersi pronti a fornire ulteriore energia, se servisse. Infine c’è il bilanciamento, cioè nel caso clienti o fornitori consumino o producano meno o più del previsto, il gestore rialloca in tempo reale le risorse disponibili.

Ovviamente eolico e fotovoltaico pesano su questi costi di dispacciamento dato che la loro non programmabilità impone di che gli impianti programmabili debbano variare fortemente la loro produzione durante il giorno, e siano per questo compensati. Eppure i costi legati al dispacciamento vero e proprio, in questi anni – nonostante l’ingresso massiccio delle rinnovabili non programmabili – sono fortemente diminuiti, passando dagli 1,9 Mld di euro nel 2008 a 0,9 Mld di euro nel 2012.

Molto meno è calato invece il costo globale del dispacciamento, il cosiddetto uplift, passato da 2 a 1,5 miliardi. La causa? Alcune voci extra, come spiega a QualEnergia.it un dirigente di Terna che preferisce non essere citato. “Per esempio l’uplift comprende anche gli oneri di sbilanciamento e le rettifiche: errori di previsione nella fornitura accumulatisi in un certo trimestre, che vengono scontati nei trimestri successivi. E anche il costo degli interconnector, grandi consumatori di elettricità, che hanno deciso di finanziare la costruzione di nuove linee con l’estero, per importare energia a basso costo e che, già da ora, vengono rimborsati della differenza di PUN medio fra Italia e la nazione da cui importeranno. Le linee le stiamo ancora costruendo, ma intanto gli anticipiamo il risparmio. Si tratta in sostanza di un prestito, ma non pesa poco sull’uplift: 494 milioni nel 2012”.

E ancora: 300 milioni all’anno, secondo la Cassa Conguaglio per il Settore Elettrico, vengono pagati per mantenere accese centrali “indispensabili”, spesso vecchi impianti che il proprietario chiuderebbe volentieri. Altri 576 milioni sono stati spesi nel 2012 per l’interrompibilità: sconti sull’energia ai grandi consumatori che accettano, in caso di emergenza, di vedersi staccare la corrente. Una misura che aveva sicuramente senso in periodi di grandi consumi e sottocapacità produttiva elettrica, per evitare blackout, ma che oggi che siamo nella situazione opposta, pare essere diventato una sorta di sovvenzione mascherata che cresce anno dopo anno.

E non è tutto. Tornando alla bolletta estiva aumentata, nei soldi extra che pagheremo nei prossimi mesi pesa, e massicciamente, anche un caso particolare di cui stranamente si è parlato poco: una strana speculazione sorta intorno a un buco normativo in Sardegna. “Alcune società di intermediazione – ci spiega la nostra fonte a Terna – per molti mesi hanno comprato decine di volte più elettricità di quanto gli servisse per quel mercato, contando poi sul fatto che era prevedibile che l’isola avrebbe avuto un segno di sbilanciamento negativo. In questo caso, sfruttando la disciplina degli sbilanciamenti, quegli operatori rivendevano al sistema l’energia in eccesso a prezzi generalmente maggiori dei prezzi MGP. Nell’agosto 2012 l’Aeeg ha emesso una delibera d’urgenza per fermare la speculazione, ma intanto tali oneri sono stati coperti attraverso l’uplift, che pagheremo adesso in bolletta”.

Altro fattore di costo non indifferente è l’inadeguatezza di alcune parti della rete italiana: “l’esempio classico è la Sicilia, dove l’elettrodotto con la Calabria è insufficiente, ma i lavori di Terna per potenziarlo sono ostacolati da proteste e ricorsi locali. Così l’isola deve in gran parte provvedere da sola alla propria produzione elettrica, con centrali molto vecchie, che producono un’elettricità costosa e che richiedono una grossa riserva sempre pronta, come assicurazione contro eventuali guasti, e interventi di risoluzione delle congestioni fatti con il MSD, per sopperire all’insufficienza dei collegamenti elettrici interni, che non possono spostare grandi carichi da una parte all’altra dell’isola”.

Per ridurre i costi del bilanciamento, ci spiega il dirigente Terna, l’azienda sta già investendo miliardi per il miglioramento e potenziamento della rete. “Ma servirebbe anche una disciplina degli sbilanciamenti che incentivi gli operatori a una corretta programmazione. In particolare potrebbe essere utile far sì che anche gli operatori del solare e dell’eolico, come lo sono quelli delle altre fonti, siano resi responsabili della fornitura per lo scostamento tra quanto effettivamente immesso e quanto programmato nei mercati dell’energia. Oggi sono esentati da questo obbligo. L’Aeeg aveva emanato una direttiva in questo senso, ma il Tar della Lombardia l’ha bocciata” (vedi QualEnergia.it).

Ma se usassimo meglio gli accumuli già esistenti, come i pompaggi idroelettrici, per assorbire parte della produzione da sole e vento, così da renderla programmabile, non sarebbe il modo migliore di ridurre i costi del dispacciamento associato a queste fonti? “Terna aveva tentato, fra 2010 e 2011, di seguire quella strada, studiando l’apertura di nuovi impianti di accumulo di energia al centro sud, dove si concentra la produzione solare ed eolica. Ma, come si sa, non è stato possibile farlo. Ora stiamo effettuando delle sperimentazioni con 35 MW di batterie energy intensive e altri 16 MW di batterie power intensive per il Piano di Difesa, poste in alcuni punti critici della rete elettrica meridionale. Il loro scopo principale è quello di evitare sovraccarichi, ma sarà interessante vedere anche come questa energia accumulata contribuisca al bilanciamento della rete. Se questi primi esperimenti saranno positivi, e in futuro verrà consentito, a Terna o ad altri, di costruire nuovi accumuli idroelettrici, o di altro tipo, probabilmente queste tecnologie potrebbero rappresentare una delle risposte più valide e razionali per rispondere alle maggiori esigenze di bilanciamento della rete legate alle fonti rinnovabili non programmabili”.

Ricapitolando, il costo del dispacciamento, secondo Terna, è nettamente diminuito, in questi ultimi anni, nonostante l’introduzione delle rinnovabili non programmabili abbia fatto aumentare i costi della parte legata al bilanciamento (Di quanto? Non si sa, Tutti dicono che c’è l’aumento, ma nessuno pare aver tentato di stimarlo…). Ma a pesare molto sul peso totale di questa voce sono anche altri oneri: i 494 milioni per gli interconnector (perché i cittadini devono anticipare con mezzo miliardo l’anno i futuri risparmi di 74 soggetti privati che hanno finanziato 4 linee internazionali?), i 300 milioni per le centrali “indispensabili, i 576 per l’interrompibilità. Per non parlare delle occasionali sorprese, come lo scherzetto speculativo sardo, che pare (fonte Fatto Quotidiano 12/6/2013) abbia portato nella prima metà del 2012 a un progressivo aumento del PUN, culminato con un +4 euro/MWh a giugno, corrispondente a un sovracosto solo per quel mese di un centinaio di milioni. E l’ormai cronica arretratezza di parte della rete elettrica: solo quella siciliana pesa sistematicamente sulla bolletta italiana, fra aumento del PUN e costi per congestione e bilanciamento, per quasi mezzo miliardo l’anno.

Ma in fondo a che serve fare trasparenza sul dispacciamento e chiarire cosa rientra in questa voce e quanto ci costa? Se per disgrazia, magari per una mezza truffa speculativa, il peso del dispacciamento in bolletta dovesse aumentare, c’è sempre a disposizione il capro espiatorio ideale: le rinnovabili…

La delibera Aeeg (pdf)

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