La cella fotovoltaica dal fondo in oro: 31,1% di efficienza

Dal NREL annunciano di aver raggiunto il 31,1% di efficienza in una cella fotovoltaica a doppia giunzione e senza concentrazione della luce, dotando una normale ed economica cella ad arseniuro di gallio di un secondo strato fotovoltaico di fosfuro di gallio e indio e di uno strato riflettente di oro sul fondo della cella.

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Dall’americano National Renewable Energy Lab (NREL) del Dipartimento dell’Energia, hanno annunciato di aver raggiunto un notevole 31,1% di efficienza in una cella fotovoltaica. E’ un record, visto che si parla di una cella a doppia giunzione e senza concentrazione della luce. Lo si è ottenuto dotando una normale ed economica cella ad arseniuro di gallio di un secondo strato fotovoltaico di fosfuro di gallio e indio e di uno strato riflettente di oro sul fondo della cella.

Le celle fotovoltaiche che usano gli elementi compresi fra la terza e quinta colonna del sistema periodico funzionano in pratica come dei LED alla rovescia: la luce che le colpisce produce un elettrone e una “buca” carica positivamente, che vanno rapidamente allontanati fra loro e sfruttati per la produzione elettrica, perché, se si ricombinano, emettono un fotone, come fanno appunto i LED, sprecando energia.

L’idea degli scienziati è stata quella di far riflettere dal fondo in oro della cella questi fotoni indesiderati, nati dalla ricombinazione fra elettroni e buche, e farli assorbire dal secondo strato fotovoltaico, portando il rendimento a oltre il 31%. Risultato ancora più rimarchevole se si pensa che è avvenuto sotto una lampada che simula la normale luce solare, senza sistemi ottici che la concentrino.

Usando questi ultimi, e migliorando ulteriormente la cella a doppia giunzione, i ricercatori del NREL sono convinti di poter arrivare ad almeno un 48% di rendimento, che, con celle relativamente economiche come queste (soprattutto se si sostituirà l’oro riflettente, con qualcosa di meno prezioso), porterebbe a una produzione elettrica competitiva con quella da fossili.

Abbiamo pubblicato qui l’articolo in inglese fornito dal NREL.

 

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