Fare rinnovabili all’estero: come e dove?

Con il mercato italiano delle energie pulite quasi in fase di stallo, le aziende italiane, forti di un notevole know-how costruito in questi ultimi di grande sviluppo si stanno muovendo verso i mercati esteri. Quali sono i più attrattivi per fotovoltaico, eolico e biomasse? Come muoversi per accedervi? Ne parliamo con Marco Carta dell'OIR.

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Con il mercato italiano delle energie pulite quasi in fase di stallo, le aziende italiane, forti di un notevole know-how costruito in questi ultimi di grande sviluppo si stanno muovendo verso i mercati esteri. Quali sono i più attrattivi per fotovoltaico, eolico e biomasse? Come muoversi per accedervi? Ne parliamo con Marco Carta dell’OIR, l’Osservatorio Internazionale sull’Industria e la Finanza delle Rinnovabili.

 

Quali sono le aziende italiane che si stanno muovendo verso estero?

Il mercato italiano, soprattutto per qual che riguarda fotovoltaico e biogas, negli ultimi anni ha avuto un boom finanziato da incentivi molto generosi. Ora gli incentivi sono stati fortemente ridotti e per il fotovoltaico addirittura non ci sono più; i margini sul mercato interno si sono molto ristretti, si continuerà ad investire, ma non ai ritmi degli ultimi 3-5 anni, per cui guardare all’estero diventa quasi obbligatorio. Tutte le imprese italiane lo stanno facendo. Chiaramente la dimensione aziendale ha un grosso peso nella scelta: le aziende più piccole si muovono in maniera non sempre strutturata e in aree limitrofe, come i paesi dell’Est Europa, mentre le grandi e più organizzate riescono a raggiungere mercati più lontani come Brasile, India e Cina.

Per il fotovoltaico quali sono i mercati più attrattivi al momento?

Indubbiamente la Cina, il Giappone e il Sud America, ma opportunità si stanno aprendo anche in Nord Africa. Certo per una piccola o media impresa questi mercati possono essere difficili da raggiungere. Le opportunità più accessibili sono sicuramente nell’Europa dell’Est e nel Nord Africa.

Ad esempio, in che paesi?

In Nord Africa direi il Marocco, paese con una situazione politica stabile e che sta varando un sistema di incentivi; nell’Est Europa ad esempio la Romania.

Riguardo a quest’ultimo paese, l’attrattività rimane invariata anche dopo le recenti novità normative? (vedi QualEnergia.it)

Qui bisognerà vedere bene l’impatto, ma con l’attuale crollo del costo di moduli e inverter l’investimento resta conveniente. Va segnalato che questi mercati vicini a noi, appena varano una politica di incentivi sono assaltati da centinaia e centinaia di aziende e la cosa genera un effetto “rebound“: cioè i governi per paura che la spesa per gli incentivi lieviti troppo rivedono i meccanismi di supporto.

Se invece parliamo di eolico, quali sono i mercati più interessanti?

L’eolico presuppone una dimensione aziendale più grande, ma le opportunità sono distribuite in maniera piuttosto omogenea in tutto il mondo. Ci sono aree molto interessanti in America del Sud, ad esempio in Brasile, e in America del Nord, ad esempio in Canada. Senza contare che in Europa il potenziale è ben lungi dall’essere stato sfruttato: pensiamo ad esempio al Nord Europa o al piano tedesco di dismissione progressiva del nucleare e investimento nelle rinnovabili. Grandi opportunità ci sono poi in Cina, il più grande investitore mondiale nel settore, e anche in India.

E per le biomasse?

Le biomasse sono la fonte rinnovabile più complessa, dato che si deve gestire la catena di approvvigionamento. Il Brasile è sicuramente un mercato molto attrattivo, quello in cui le biomasse si sono sviluppate di più al mondo. C’è poi tutta l’area del Nord-Est dell’Europa: Norvegia, Svezia, Finlandia, Polonia, Russia. Opportunità ci sono poi anche in India e in Sud Africa, specie presso gli zuccherifici. Un discorso a parte nelle biomasse sono le attività legate allo smaltimento dei rifiuti: qui il discorso è interessante un po’ in tutti i mercati emergenti che si trovano di fronte alla problematica della loro gestione.

Il mercato più vasto e vivace per le rinnovabili è sicuramente la Cina. Quali difficoltà all’accesso presenta per un’azienda italiana?

Sicuramente la Cina non è un mercato facile. I cinesi sono consapevoli di essere il primo mercato al mondo per le rinnovabili, nel quale tutti vogliono investire, e per questo hanno messo dei paletti che limitano le possibilità. Investire in Cina è possibile solo se le dimensioni aziendali sono importanti e soprattutto se il Governo cinese vede la possibilità di arricchirsi tecnologicamente ospitando l’azienda estera. Proprio per questo si sono fatti entrare diversi grandi produttori di turbine eoliche: si è cercato di far insediare in Cina imprese ad alto contenuto tecnologico che potessero far crescere anche il sistema cinese. In questo caso ci sono stati anche casi di presunto spionaggio industriale, che la magistratura sta verificando, ai danni delle aziende accolte: bisogna stare attenti.

Quali sono invece i mercati più semplici da affrontare?

Ogni mercato ha i suoi pro e i suoi contro. Sicuramente i mercati europei per gli italiani sono più accessibili, sia per ragioni culturali che di stabilità del framework normativo e regolatorio. Certo il potenziale di sviluppo non sono paragonabili a quelli dei mercati emergenti. E’ una bilancia: più è facile entrare e maggiore la stabilità normativa, tendenzialmente minori sono le opportunità. Nei paesi emergenti – ad esempio Brasile o India – le installazioni e il consumo di energia crescono a tassi annui a doppia cifra, ma i profili di rischio sono non indifferenti.

Come deve muoversi l’azienda italiana che pensi ad un investimento all’estero?

La strategia deve essere basata su quattro pilastri che devono andare assieme. Il primo è l’utility, cioè chi andrà a costruire l’impianto e ne sarà poi proprietario. Questa però deve muoversi in sinergia con altri 3 soggetti. Il secondo sono gli EPC contractor, cioè chi realizzerà materialmente l’impianto. Il terzo è il sistema finanziario: andare nel paese scelto con una banca o un fondo alle spalle cambia completamente le carte in tavola, si è in una posizione di maggiore forza. Il quarto pilastro dovrebbe essere il sistema politico-istituzionale: non sempre funziona, ma in diversi paesi ci sono uffici dell’Istituto per il Commercio estero, ambasciate e consolati che stanno svolgendo un lavoro eccezionale e con competenze di qualità. Se si è convinti di andare ad investire in un paese bisogna mettere assieme subito tutte queste cose. Andare da soli, valutare le opportunità e contattare successivamente EPC e banche fa perdere tempo e dà l’impressione di un soggetto poco organizzato, che non avrà vita facile.

Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento segnaliamo il convegno che OIR IEFE organizzaerà a Milano il prossimo 20 settembre: qui il programma in pdf, per informazioni e iscrizioni scrivere a questo indirizzo.

 

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