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L’auto elettrica in Italia va ancora tanto lenta

Solo lo 0,04% delle immatricolazioni del 2012 ha riguardato i veicoli elettrici e nel 2013 le cose non sembrano andare meglio visto che gli incentivi introdotti non funzionano. Anche sul versante delle infrastrutture di ricarica c'è ancora molto da fare. Il punto della situazione nell'ultimo Smart Grid Report dell'Energy & Strategy Group.

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Nel 2012 sono stati immatricolate solamente 524 auto elettriche pari allo 0,04% del totale e nel 2013 le cose non sembrano andare meglio, visto che gli incentivi introdotti non funzionano. Anche i punti di ricarica stentano a diffondersi: sono solo 458, peraltro concentrati in alcune aree. Insomma, l’auto elettrica in Italia stenta a decollare.

E’ quanto emerge dallo Smart Grid Report dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano. Studio che sarà presentato martedì 9 a Milano, (ma che QualEnergia.it ha potuto sfogliare in anteprima) e che appunto, oltre che di sistemi di accumulo in generale (vedi qui) parla anche di auto elettriche: uno degli elementi che si integreranno nella rete elettrica intelligente che sta prendendo forma.

Veicoli elettrici, ibridi e ibridi plug-in, si legge, faticano a diffondersi, specie tra i privati: l’80% delle immatricolazioni del 2012 è ascrivibile a flotte di noleggio. Non sembra stiano funzionando nemmeno gli incentivi introdotti a gennaio 2013. A tre mesi dall’entrata in vigore, solo 228 auto elettriche sono state acquistate con gli incentivi. Il contributo, che arriva al massimo a 5.000 euro, circa il 10-15% della spesa, è forse troppo basso per coprire il gap rispetto ai veicoli a combustione tradizionali, osservano gli autori del report. Altro difetto: fatta eccezione per una quota parte ridotta del contingente stanziato, erosa in pochi giorni, nel caso in cui ad acquistare il veicolo siano imprese o lavoratori autonomi è necessario che l’acquisto avvenga contestualmente alla rottamazione di un veicolo immatricolato almeno 10 anni prima.

“Appare pertanto opportuno, e su questo diversi operatori del settore si trovano concordi, rivedere l’architettura del meccanismo incentivante, in particolare dedicando un budget più ampio esclusivamente per i veicoli elettrici”, si legge nel report.

Molto da fare anche sul versante infrastrutture: ci sono solo 458 punti di ricarica di cui oltre la metà tra Firenze, Roma e Milano. “Appare ormai non più a lungo procrastinabile l’ approvazione del “Piano Nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica” (presentato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), già in ritardo di quasi sei mesi e che invece dovrebbe garantire al Paese livelli minimi uniformi di accessibilità al servizio di ricarica dei veicoli elettrici”, si osserva.

Da affrontare anche il problema della mancanza di uno standard: ad oggi esistono 4 alternative di ricarica, che vanno dalla corrente continua alla corrente alternata, e almeno 5 tipologie di connettori predisposte per l’interfaccia macchina-colonnina.

Esistono poi altre tecnologie come ad esempio la ricarica ad induzione (ancora ad uno stadio poco più che embrionale) e il battery swapping. Nonostante il fallimento di Better Place, il primo propugnatore della soluzione di battery swapping, gli operatori intervistati dall’Energy & Strategy Group pensano che in particolare questo concept di ricarica dei veicoli elettrici potrebbe essere interessante per quei soggetti (compagnie di autonoleggio, car sharing e taxi) che potrebbero sfruttare la piccola “scala” per effettuare delle installazioni di dimensioni limitate, in termini di numerosità delle stazioni di sostituzione delle batterie e di numero di batterie presenti in ciascuna stazione. Ciò consentirebbe di limitare l’investimento necessario (la ragione del fallimento di Better Place) e, in secondo luogo, di limitare il problema della standardizzazione dei veicoli (in termini di dimensioni delle batterie e di modalità di montaggio/smontaggio) ad un numero contenuto di veicoli.

Una spinta per stimolare all’azione sul versante ricarica a dire il vero si era data, ma anche questa non sembra aver riportato grandi risultati. Già nel 2010 la Delibera AEEG ARG/elt 242/10 aveva avviato un procedimento di selezione di un massimo di sei progetti pilota da portare a conclusione entro il 31 dicembre 2015, con l’obiettivo di accompagnare lo sviluppo e la diffusione su larga scala della mobilità elettrica. Nonostante la generosa copertura economica offerta – 728 euro/anno per punto di ricarica dei veicoli – a due anni dal via ci sono solo 5 progetti, di cui due praticamente a zero e sono state presentate solo 10 domande.

Diverse sono le ragioni di questi ritardi che riportano gli operatori sentiti dagli autori del report: la difficoltà del coinvolgimento delle amministrazioni comunali, interlocutori indispensabili, la difficoltà, decisamente superiore rispetto alle attese, di introduzione dei veicoli elettrici nelle flotte pilota e lo scarso successo presso gli utenti delle colonnine pubbliche di ricarica, evidentemente giudicate inadatte non tanto ai ritmi degli spostamenti quanto alle abitudini di “rifornimento carburante”.

Gli operatori contavano poi su una maggiore diffusione dei veicoli elettrici fra gli utenti privati, che avrebbe dovuto evidentemente fare da volano per la buona riuscita dei progetti pilota. Purtroppo però alla fine del 2012 erano in circolazione – rispetto alle previsioni che circolavano nel 2010 – nel nostro Paese solo l’1-2% dei veicoli elettrici. Insomma l’auto elettrica in Italia, per adesso, ancora non corre molto.

 

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