La relazione dell’Autorità e quella minaccia chiamata ‘rinnovabili’

Nella Relazione annuale dell'Autorità presentata da Bortoni c'è la fotografia dello scontro in atto tra produzione energetica convenzionale e rinnovabili. Ma il presidente dell'Aeeg continua a parlare delle rinnovabili come causa dello squilibrio nel mercato elettrico e degli alti costi per il sistema. Poco o niente dice sui sussidi alle fonti fossili.

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La produzione nazionale netta di elettricità nel 2012 è stata di 284 TWh, il 2,6% in meno del 2011. La produzione termoelettrica ha coperto circa il 67,8%, mentre le fonti rinnovabili il restante 32,2%. Lo fa sapere l’Autorità per l’Energia con la sua Relazione annuale presentata dal presidente Guido Bortoni ieri alla Camera; un documento che analizzeremo più nel dettaglio anche nei prossimi giorni.

Nela relazione si evidenzia come la produzione termoelettrica sia diminuita del 7,6% tra il 2011 e il 2012: forte calo della produzione da gas naturale (-11%), che rappresenta nel 2012 il 65% della produzione termoelettrica netta. A tale calo si è aggiunta una riduzione del 22% circa dalle altre fonti fossili della voce residuale “Altre” che comprende vari combustibili solidi, gas derivati e altri combustibili gassosi. Tali diminuzioni non sono state controbilanciate dall’aumento della produzione da carbone (+10%) e da prodotti petroliferi (+5,6%), che mantengono sulla produzione termoelettrica, rispettivamente, una quota del 23% e del 4,2%.

Al contrario, la produzione da fonte rinnovabile registra un +10%, per l’incremento della generazione eolica (+34,2%), fotovoltaica (+72%) e da biomassa e rifiuti (+15,5%). Risultano in diminuzione la produzione idroelettrica (-8,2%) e geotermica (-1,5%).

La potenza netta da fonti rinnovabili entrata in esercizio negli ultimi due anni è pari a quasi una volta e mezzo quella degli impianti rinnovabili entrati in esercizio nella decade precedente: tra il 2011 e il 2012 sono stati installati 10,7 GW rispetto ai 7,5 GW installati fra il 2001 e il 2010.
Nel settore termoelettrico gli impianti entrati in esercizio negli ultimi due anni rappresentano appena il 7% (2,5 GW) della potenza aggiunta nella decade 2001-2010 (35,7 GW). 

In questi dati c’è tutto lo scontro in atto tra gli operatori delle settore termoelettrico convenzionale e quelli delle rinnovabili elettriche. Soprattutto c’è il fatto che le centrali termoelettriche sono passate da un funzionamento annuale di 4500 ore nel 2007 a poco meno di 2300-2400 ore del 2012. Le cause sono da ricercarsi nel calo della domanda e nella rapida penetrazione delle rinnovabili. Ma all’origine ci sono anche investimenti scriteriati in centrali termoelettriche da parte di operatori che hanno ritenuto impossibile una forte crescita delle energie pulite e ipotizzato, con troppo ottimismo, una domanda in continua crescita, ignorando crisi ed eventuali politiche di efficienza energetica. Ora che molte banche sono in sofferenza, creditrici di questi poco lungimiranti imprenditori del settore convenzionale, a pagare questi loro errori saranno, al solito, i cittadini. Cittadini che, in realtà, pagano anche una pessima gestione politica degli incentivi alle rinnovabili, anche se il loro peso sulla bolletta elettrica è oggi intorno al 16% e molti altri oneri dovrebbero essere tagliati o rivisti.

L’Autorità continua però a mettere l’accento sul peso degli incentivi alle rinnovabili, trascurando altri positivi aspetti, economici e non, legati alle fonti pulite. Afferma l’Aeeg che “nel 2015, gli incentivi alle rinnovabili arriveranno a 12,5 miliardi di euro e per evitare ulteriori aggravi di spesa è necessaria una positiva integrazione di queste fonti con quelle tradizionali”. E ancora, “alle rinnovabili elettriche è richiesta responsabilizzazione rispetto agli alti costi indotti al sistema, e alle fonti ‘tradizionali’ innovazione, flessibilità ed esportazione”.

Bortoni parla delle rinnovabili solo per indicarle come responsabili dello squilibrio creato al mercato elettrico e degli alti costi indotti al sistema. Ritiene che “l’unica prospettiva per non gravare i consumatori di ulteriori costi è che rinnovabili e fonti tradizionali convivano positivamente sullo stesso mercato elettrico. Alle rinnovabili si chiede dunque “responsabilizzazione”. Ma poi, spiega il presidente dell’Autorità, che “l’entità delle agevolazioni implicite, stimabile in circa 1,2 miliardi all’anno, rischia di sfuggire al controllo e può portare a realizzare iniziative inefficienti anche per le generazioni future e richiede quindi una ‘operazione trasparenza’ e un ‘contemperamento’ di queste spese.

Ma queste spese ‘criptiche’ sono probabilmente maggiori e proprio su questo e altri aspetti è critica la posizione di Legambiente. “Ci saremmo aspettati da Bortoni chiarezza sui 5 miliardi di euro tra sussidi alle fonti fossili, oneri impropri e esenzioni che oggi troviamo in bolletta. Per aiutare realmente le famiglie e le imprese a risparmiare occorre cambiare il modo di guardare e affrontare i temi energetici riducendo prima di tutto la dipendenza dalle fonti fossili e le importazioni, spingendo invece le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica nell’interesse del Paese e dell’ambiente”, ha detto il presidente dell’associazione ambientalista, Vittorio Cogliati Dezza.

Ovviamente positivo il commento sulla relazione dell’Autorità per l’energia di Fulvio Conti, amministratore delegato e direttore generale Enel. “L’Autorità lavora molto bene in un quadro di complessità dove si rileva la differenza tra il prezzo decrescente per i grossisti e il costo che incrementa per i consumatori al netto dell’allocazione di oneri accessori nella bolletta”, ha detto. L’ad e dg Enel chiede con forza il capacity payment o ‘capacity market’, come lo chiama lui, cioè “un sistema che remuneri la capacità installata delle centrali ritenute necessarie al bilanciamento della rete, alla luce della notevole produzione da fonti rinnovabili non programmabili, e avere impianti sempre disponibili”.

La questione è però tutta politica. La riconversione di un sistema energetico (perché è questo che vogliamo) dovrebbe prevedere la cessazione del trattamento di favore riservato alle fonti energetiche fossili e dare posizioni ancora più privilegiate alle rinnovabili per motivi ambientali, economici e sociali, oltre che etici. I fatti e la storia sembrerebbero tutti spingere in questa direzione, ma gli ultimi eventi, in Italia, dimostrano il contrario. La politica e le istituzioni energetiche dovrebbero creare un quadro normativo favorevole ed economicamente sostenibile per le energie rinnovabili, ma continuano ad assecondare le grandi lobby energetiche tradizionali e ad esse rispondono. Non si può ipotizzare una logica ‘statica’ (attendista) di convivenza tra fonti fossili e rinnovabili. I vantaggi di partenza non sono nemmeno paragonabili. Se il processo di transizione non va fermato, come crediamo, alla fine della partita qualcuno dovrà vincere. Il pareggio non è previsto.

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