Le sfide della gestione delle reti e dei sistemi di accumulo

Gestione delle reti, autoconsumo, generazione distribuita e sistemi di accumulo, temi complessi ma che con la crescita delle rinnovabili non programmabili, come eolico e fotovoltaico, saranno sempre più sulla bocca di tecnici e consumatori-produttori. Se ne è parlato in un seminario organizzato da Legambiente. Le presentazioni in pdf.

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Gestione delle reti, autoconsumo, generazione distribuita e sistemi di accumulo saranno sempre più all’ordine del giorno non solo tra i tecnici ma anche tra i prosumer, quella nuova figura che è sia produttore che consumatore di energia soprattutto da fonte rinnovabile. Un modello che sta cambiando rapidamente e che ha bisogno di nuove soluzioni. Tra complessità, tecnicismi, sperimentazioni e scenari questo è quanto è emerso nel corso di un seminario organizzato da Legambiente svoltosi a Roma il 20 giugno dal titolo “L’innovazione nella gestione delle reti e dello stoccaggio” (vedi in basso le presentazioni).

Il modello del fornitore elettrico puro da grandi impianti termoelettrici non tiene più: troppo deboli i vantaggi di scala contro le diseconomie finanziarie, organizzative, legate alla gestione del rischio in condizioni di domanda incerta e, in ultima analisi, economiche. In un numero crescente di situazioni l’opzione di autoproduzione dell’energia elettrica diviene una soluzione vantaggiosa. Proprio la necessità di dare risposte efficaci alla crisi impone di non fare marcia indietro nella trasformazione del settore dell’energia verso un modello distribuito”. Sintetizza così la situazione del mercato elettrico italiano il professor Arturo Lorenzoni dell’Università di Padova.

Oggi ci troviamo in un sistema elettrico con una elevata overcapacity pari a circa 130 GW di potenza installata a fronte di una domanda che arriva al massimo a 52 GW. Entrano a pieno titolo nel mercato elettrico eolico e fotovoltaico che abbassano i prezzi alla Borsa elettrica nel picco diurno (si veda quel che è successo domenica 16 giugno). Poi c’è un drammatico calo della domanda. Tutti elementi che insieme stanno mettendo in crisi il vecchio modello basato sul termoelettrico convenzionale, con i cicli combinati che lavorano in media circa 2.400 ore l’anno contro le 4-5mila necessarie a coprire gli investimenti.

Al tempo stesso le rinnovabili diventano sempre più economiche, specie se abbinate all’autoconsumo. Stiamo vivendo un cambio di paradigma da un sistema centralizzato con una rete unidirezionale costruita attorno alle grandi centrali a fonti fossili a uno basato sulla generazione distribuita, l’autoconsumo e nel quale la rete deve organizzare i flussi in maniera intelligente e bidirezionale, gestendo la produzione da fonti non programmabili.

Centrali per il modello energetico verso cui stiamo andando sono i sistemi di accumulo, nella loro più vasta accezione. Nel grafico (fonte: Epia) come gestire, consumandola nell’arco della giornata, una produzione da un piccolo sistema residenziale grazie allo stoccaggio (in W).

“Nei sistemi elettrici verticalmente integrati, i sistemi di accumulo, essenzialmente impianti di pompaggio idro, sono stati impiegati per ottimizzare il parco di produzione spostando energia dalla notte al giorno. Il cosiddetto time shift che serviva ad aumentare la domanda notturna per mantenere accesi gli impianti non flessibili come nucleare e carbone, disporre di produzione per far fronte alla domanda di punta e alle rampe mattutine del carico. Oggi, la rapida crescita delle fonti rinnovabili non programmabili pone nuove sfide al sistema elettrico che rendono sempre più importante tutte le forme di stoccaggio dell’energia elettrica prodotta”, ha spiegato Massimo Gallanti di RSE.

Un esempio concreto? La mancata produzione eolica dovuta all’inadeguatezza della rete è scesa da 480 GWh nel 2010, a 260 GWh nel 2011 e a 135 GWh nel 2012. Energia che deve essere sostituita da produzione di impianti convenzionali e deve comunque essere remunerata ai proprietari degli impianti eolici.

“Poiché la realizzazione dei necessari sviluppi della rete richiede tempi medio-lunghi, nel breve termine il problema può essere affrontato ricorrendo all’installazione di sistemi di grandi accumuli. In tal modo, è possibile anche differire nel tempo gli investimenti nella rete”, ha detto Gallanti.

Ma i compiti che i diversi tipi di accumulo possono assolvere nel sistema elettrico sono molti: possono costituire riserva rotante primaria o secondaria, fare load shift ossia appianare la curva di prelievo, fare load following ossia regolare la frequenza sulla rete di distribuzione, ma anche, presso i consumatori, fare demand side management e favorire l’autoconsumo, rendendo così più competitive le rinnovabili.

Un tema quest’ultimo particolarmente caldo: se il recente suggerimento dell’Autorità per l’Energia di far pagare gli oneri di sistema anche sull’energia autoconsumata venisse accolto dai decisori politici si stroncherebbe sul nascere lo sviluppo degli accumuli a livello domestico e del fotovoltaico senza incentivi, con grave danno per tutto il sistema elettrico. Molti degli intervenuti al convegno hanno invece argomentato che bisogna andare nella direzione opposta, proprio per completare quel cambiamento di paradigma in maniera il più efficiente possibile.

“È necessario allargare il concetto di scambio sul posto dall’unico utente a gruppi omogenei di consumo, con la possibilità di sovradimensionare e accumulare per i periodi di mancata produzione. Per realizzare un modello energetico sempre più moderno ed efficiente è necessario aiutare tutti coloro che riescono ad autoprodurre l’energia elettrica e termica di cui hanno bisogno”, ha sottolineato Michele Raffa di Friendly Energy.

Dissenso verso la posizione manifestata dall’Autorità è stato espresso anche da Alessandro Caffarelli, che ha espresso la visione del Coordinamento FREE su un altro tema attuale, quello del capacity payment, ossia il soccorso ai cicli combinati remunerandoli per la potenza flessibile messa a disposizione anziché solamente per l’energia prodotta.

Un’idea affinché il capacity payment non diventi un regalo al termoelettrico convenzionale e non freni l’adozione degli accumuli: “FREE propone esclusivamente la remunerazione della funzione di back-up termoelettrica sulle rinnovabili non programmibili, mediante un meccanismo ad hoc, denominato Flexibility Payment, limitato agli interventi di bilanciamento delle rinnovabili non programmabili, per i quali va stabilito un merit order: priorità agli impianti modificati per aumentarne la flessibilità e ubicati nella zona dove è richiesto il back-up, in seconda battuta quelli non flessibilizzati, ma della medesima zona. Si deve inoltre garantire la massima trasparenza per il meccanismo di pricing e l’opzione cicli combinati va messa in concorrenza con l’offerta da parte di accumuli esistenti o commercialmente disponibili”.

La produzione di rinnovabili non programmabili non si arresterà e dunque il mercato energetico evolverà naturalmente verso un modello nuovo con sempre più controllo della generazione distribuita, la possibilità di misurare in tempo reale i flussi, di interagire con la rete e con i consumatori stessi. Tanto che già oggi è possibile ricevere il segnale di prezzo dal mercato ad ogni istante, valutando l’opportunità di consumare o meno.

Le presentazioni (pdf)

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