Cambio di strategia Enel? Ora guarda alla generazione distribuita

In un'intervista di Qualenergia.it a Sauro Pasini, responsabile dell'Area tecnica Ricerca di Enel, emerge una visione strategica dell'utility che contrasta con quella, storica, in difesa della produzione centralizzata. Siamo di fronte ad un cambio di rotta di Enel e prossimi ad un suo riposizionamento verso un modello energetico basato su smart grid, trasporti elettrici e rinnovabili?

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Per molti fan delle energie rinnovabili l’Enel è l’arcinemico, per la sua insistenza su fonti a loro poco gradite, come il nucleare e il carbone, e la sue prese di posizione contro un’ulteriore espansione del fotovoltaico, che minaccerebbe la sopravvivenza delle centrali a metano.

Ma, come sempre accade, le cose sono diverse e più complicate da come appaiono, a parte il fatto che in Enel esiste la divisione Green Power, che è una delle più grandi aziende specializzate in energie rinnovabili del mondo, al suo interno sembra si stia preparando una sorprendente rivoluzione strategica: dalla difesa della grande produzione elettrica centralizzata a base di fonti fossili, a una sorta di “accettazione” della vittoria delle rinnovabili, e il riposizionamento dell’azienda su un modello energetico basato sulla produzione distribuita, le reti intelligenti, i trasporti elettrici, l’acquisizione e gestione di piccoli impianti a fonti intermittenti, tutti settori che pongono problemi tecnologici ben diversi da quelli che Enel finora ha affrontato.

Questa, almeno, è la visione strategica dell’ingegner Sauro Pasini, responsabile dell’Area tecnica Ricerca di Enel, divisione Ingegneria e Innovazione, insomma colui che deve preparare gli strumenti con cui l’azienda affronterà le sfide del futuro.

Ingegner Pasini, può definire l’area che lei dirige?

La Ricerca di Enel lavora su tematiche di interesse per tutte le divisioni del gruppo, sia in Italia che all’estero, con l’unica eccezione per la tecnologia nucleare, che ha una sua area specializzata. Il quartier generale della Ricerca è a Pisa e in Toscana abbiamo due aree sperimentali, una a Sesta, dove svolgiamo test sui combustori in piena scala per turbogas, e una a Livorno dove, oltre ai processi di combustione, sperimentiamo sistemi di accumulo energetico e tecnologie per la cybersecurity. Abbiamo poi a Brindisi un gruppo di ricercatori si occupa di tematiche ambientali e tecnologie per la previsione delle energie rinnovabili, mentre in Sicilia, attraverso il Laboratorio Fotovoltaico, si concentrano tutte le attività sull’energia solare, grazie anche alla presenza della centrale Archimede di Priolo, primo impianto solare termodinamico basato su tecnologia a sali fusi.

Quale innovazione sembra al momento più promettente, fra quelle che state seguendo?

Combinare la generazione elettrica con l’efficienza e la compatibilità ambientale è la sfida che la ricerca nel settore energetico è chiamata ad affrontare; soprattutto in una realtà dinamica come quella in cui viviamo, dove le previsioni di sviluppo delle rinnovabili dell’International Energy Agency (IEA) sono state superate dai fatti e la generazione distribuita con reti intelligenti sta vedendo le prime significative applicazioni. In questo contesto lo sviluppo di progetti per il miglioramento dell’efficienza e della flessibilità delle centrali esistenti è sicuramente uno dei temi più sfidanti. Non è facile, perché quelle centrali non sono state progettate per seguire l’intermittenza delle rinnovabili, e usarle così può far diminuire la loro efficienza e vita utile e aumentarne i costi di esercizio. Ma stiamo facendo buoni progressi. Rimanendo nell’ambito del termoelettrico un altro tema interessante è il riutilizzo delle ceneri di combustione del carbone, oggi considerate un rifiuto da smaltire, ma che abbiamo dimostrato potrebbero essere impiegate nella produzione del cemento E, naturalmente, c’è il grande tema delle energie rinnovabili, attraverso il miglioramento delle tecnologie, l’ottimizzazione dello sfruttamento delle risorse e l’efficienza energetica, con progetti per la promozione di un utilizzo più corretto dell’energia. Quest’ultimo è un tema trasversale di grande interesse per la Ricerca e interessa diversi livelli del sistema elettrico, a partire dalle utenze domestiche fino ad arrivare alle Smart City e alle Smart Grid. In particolare su quest’ultimo tema uno degli aspetti più interessanti riguarda la gestione delle reti caratterizzate dalla presenza di una elevata quantità di impianti di generazione da fonti rinnovabili non programmabili.

Torniamo un attimo alle centrali termiche; si sa che Enel è in sofferenza per la concorrenza del fotovoltaico, che riduce le ore di uso delle centrali, ma non sarebbe meglio spegnerne qualcuna, per far funzionare di più le altre? Oppure spingere per promuovere maggiori consumi elettrici?

La sofferenza della generazione basata su combustibili fossili è reale, abbiamo centrali che ormai funzionano solo per 1000, 2000 ore l’anno, ma spegnerle non è facile, perché si ridurrebbe la capacità di riserva, che deve essere sempre disponibile in caso di guasti ad altri impianti o alle reti. Aumentare la penetrazione del vettore energetico elettrico, con la conseguente riduzione dei consumi di combustibili fossili, è sicuramente un’ottima strategia,  riconosciuta al livello europeo per migliorare l’efficienza del sistema energetico urbano e garantirne la sostenibilità ambientale. Enel sta già perseguendo questa strada, promuovendo ad esempio la mobilità elettrica e le tecnologie per la ricarica veloce dei veicoli. Un ruolo chiave sarà giocato in questa partita dalle tecnologie di accumulo per le quali è necessario raggiungere volumi adeguati di produzione di massa e la conseguente riduzione dei prezzi, ma mi conforta vedere che ogni settimana ci sono notizie dai laboratori nazionali e internazionali di importanti progressi nel campo delle elettrotecnologie e dell’accumulo.

Le batterie, ci portano al discorso smart grid e accumuli, che diceva, interessa molto Enel Ricerca …

Sì, ci interessiamo a vari aspetti della gestione dei flussi energetici sulla rete, per garantire un servizio efficace ed efficiente nel futuro. Per esempio elaboriamo e perfezioniamo metodi di predizione e gestione della disponibilità di energia da rinnovabili, al fine di programmare meglio la rete, e testiamo sistemi elettronici che permettono di gestire in maniera flessibile l’output da parchi eolici e solari. Queste tecnologie, in Spagna, stanno dando ottimi risultati: usandole per modulare la produzione dei tanti impianti eolici locali, in aggiunta all’accumulo idroelettrico, alla modulazione degli impianti termici e all’import-export di elettricità, gli spagnoli riescono a far funzionare bene il proprio sistema elettrico anche con un apporto dell’eolico che può variare in poche ore dallo 0 al 50% e più della domanda. Visto che la necessità di accumulo, in Spagna, crescerà ancora, adesso stiamo valutando con i nostri colleghi di Endesa la possibilità di testare tecnologie di accumulo attraverso aria compressa in cavità sotterranee. In Germania, invece, ho assistito recentemente a un dibattito molto vivace fra colleghi tedeschi, sui modi di trasportare verso sud l’energia prodotta dai remoti impianti eolici offshore nel mare del Nord. Alcuni vorrebbero costruire nuove reti elettriche, ma altri dicono che sarebbe meglio produrre localmente idrogeno e immetterlo nei metanodotti già esistenti, che possono accettarne fino al 10% senza modifiche. La diversificazione e il mixing energetico sono sicuramente alcune delle strade per garantire la sostenibilità del settore energetico. Enel ha già compiuto un interessante passo avanti su questa strada, realizzando, ad esempio, il primo ciclo combinato a idrogeno del mondo, presso la nostra centrale di Fusina, a Mestre, un gioiello tecnologico. L’idrogeno è un vettore energetico che interessa molto anche i giapponesi, una loro delegazione ha recentemente visitato l’impianto di Fusina, perché non potendo importare e esportare elettricità e volendo aumentare la loro quota di rinnovabili non programmabili, devono assolutamente trovare il modo di accumulare quella in eccesso anche per lunghi periodi per renderla poi disponibile quando necessario. Certo, usare l’elettricità per produrre idrogeno e poi di nuovo elettricità, porta a un’efficienza complessiva piuttosto bassa, ma se la fonte è gratuita e l’alternativa è buttare via l’energia prodotta …

Il problema di come accumulare elettricità però è importante anche in Italia

Certo, presso la nostra area sperimentale di Livorno proviamo vari sistemi di accumulo, accoppiati a generatori eolici e fotovoltaici, ma stiamo valutando ipotesi anche più innovative, come l’uso di aria compressa o l’accumulo mediante idrogeno. In realtà avremmo una grande capacità di accumulo tramite pompaggio idroelettrico già pronta, 5-6 GW, ma purtroppo è concentrata quasi tutta al nord Italia, mentre la maggior parte degli impianti di produzione da fonti energetiche rinnovabili non programmabili sono concentrati al centro-sud. In compenso i pochi impianti di pompaggio al meridione, come quello di Anapo, in Sicilia, lavorano a pieno regime. Forse i nostri impianti del nord  potrebbero servire per regolare l’intermittenza della produzione da rinnovabili intermittenti  in Svizzera, Austria e, indirettamente, Germania.

Mi scusi, ma tutte queste ricerche su come gestire sistemi elettrici ricchi in rinnovabili, non sembrano molto in linea con l’attuale strategia di Enel, che appare più concentrata sui sistemi centralizzati: nuove grandi centrali a carbone a gas da noi e nucleare all’estero

Enel è una grande azienda internazionale, e la nostra Area applica politiche di ricerca e innovazione diverse in contesti diversi. Per esempio in Russia ci occupiamo di migliorare la produzione da combustibili fossili delle centrali termiche, negli Usa della gestione di grandi impianti eolici o di geotermico innovativo. In Spagna e Italia, prevediamo che il futuro sia quello di una rete alimentata da una quota sempre maggiore di rinnovabili distribuite, in massima parte non programmabili, come solare ed eolico. In questi paesi stiamo quindi lavorando sull’ipotesi di un sistema elettrico con un baseload, via via più ridotto, garantito da centrali convenzionali, carbone in Italia e nucleare in Spagna, e una produzione a gas che, grazie alla sua rapidità di risposta, servirà soprattutto come compensazione dell’intermittenza di sole e vento. Saranno queste ultime due fonti a produrre una quota sempre crescente dell’elettricità in questi paesi, e sempre più da impianti di piccola e media taglia, che immetteranno in rete. Credo che in futuro questo segmento di mercato non potrà essere trascurato.

Quindi, in Italia, Enel comincerà a inserirsi nel mercato della produzione distribuita? Sembra un cambio epocale di paradigma.

Questa è un’epoca di cambi epocali, e anche la rivoluzione delle rinnovabili ci ha colto tutti di sorpresa. Nessuno si aspettava che in 5-6 anni il Portogallo sarebbe arrivato a produrre, questa primavera, l’80% di elettricità del proprio fabbisogno di energia elettrica da rinnovabili, o la stessa Italia a maggio superasse il 50%. Constatata questa nuova realtà, e ben sapendo che indietro non si torna, dobbiamo riconsiderare velocemente scenari e opzioni. Noi che ci occupiamo di ricerca abbiamo come missione quella di pensare al futuro, e, secondo me, il futuro per le grandi utilities europee, oltre a gestire i grandi impianti esistenti nel modo che dicevo prima, è quello di investire nel mercato della generazione distribuita. Oltre a studiare nuove tecnologie per la generazione distribuita, ci dobbiamo occupare anche di quelle già installate ed esistenti. Per esempio offrire ai nostri clienti “prosumer”, cioè al tempo stesso consumatori e produttori di elettricità, nuovi tipi di servizi che prevedano sia la fornitura di energia, per la parte che non si producono da soli, sia la gestione dell’elettricità in eccesso che il cliente immette in rete. Magari fornendogli anche un accumulatore, che permetta di programmare meglio quando venderla.

Insomma vuol dire che Enel passerà dai grandi impianti centralizzati, a centrali elettriche virtuali, composte ognuna da centinaia di piccoli impianti sul territorio, che vengono fatti funzionare in modo coordinato da voi, seguendo la domanda?

Beh, messa così sembra fantascienza. Non so se sarà proprio questo il metodo di gestione della gestione distribuita che alla fine sceglierà Enel, ma certamente è un possibile scenario futuro.

Però, nel presente non fantascientifico, l’Autorità vuole tassare l’energia solare autoprodotta, e questo stroncherebbe la sua convenienza e il nascente mercato su cui vorreste operare.

Non credo sia questo l’intento dell’AEEG e una riflessione sulla redistribuzione degli oneri di rete e degli incentivi, nel sistema energetico che cambia, è doverosa. Comunque le rinnovabili sono destinate a diventare sempre più competitive, non saranno certo  misure come queste a fermarne la diffusione.

Ingegner Pasini, quella che ci annuncia sarebbe una rivoluzione straordinaria: una grande utility che inizia ad appoggiare, razionalizzare e gestire con la sua esperienza e le sue tecnologie la generazione distribuita. Però che senso ha avuto allora per Enel proporre fino a due anni fa gigantesche centrali nucleari e oggi insistere sul carbone e polemizzare sulle politiche di appoggio alle rinnovabili?

Non posso entrare su questo tema, perché non di mia competenza, tuttavia mi faccia dire che anche il nucleare ha un futuro: giocherà un ruolo importante nel mondo, soprattutto in quei paesi che devono aumentare la loro produzione elettrica, per soddisfare la domanda che deriva da un’economia e una popolazione in grande crescita, e che altrimenti non avrebbero altra scelta che ricorrere sempre più all’uso del carbone. Secondo l’IEA al 2035 avremo un portafoglio energetico diviso in tre parti principali dove le fonti fossili copriranno il 60% della domanda, il nucleare circa il 10% e il restante 30% del fabbisogno sarà coperto dalle energie rinnovabili. In questo quadro generale, poi, ogni paese troverà il mix di fonti che più gli è congeniale.

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