Fossili, il saccheggio del pianeta continua

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Divesi rapporti, Club di Roma, IEA e EIA, fanno il punto su quante risorse minerali, e combustibili fossili in particolare, restano all'umanità. Le posizioni sembrano distanti, ma, alla fine dei conti, stanno tutti dicendo la stessa cosa: il pianeta è stato ampiamente saccheggiato, anche se non del tutto. Vale la pena continua a bruciare fonti fossili? Un articolo di Ugo Bardi.

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Escono quasi contemporaneamente in questi giorni divesi rapporti sulle risorse minerali rimanenti su questo pianeta. Da una parte, il rapporto del Club di Roma intitolato, “Il Pianeta Saccheggiato”, dall’altra i rapporti dell’Energy Information Agency (EIA) e dell’International Energy Agency (IEA). Sono rapporti apparentemente diversissimi come approccio e contenuti: quello del Club di Roma si concentra sul fatto che le risorse rimanenti stanno diventando care e difficili da estrarre, quelli dell’IEA e dell’EIA sul fatto che le risorse rimanenti sono abbondanti. Ma, alla fine dei conti, stanno tutti dicendo la stessa cosa: il pianeta è stato ampiamente saccheggiato, anche se non del tutto.

Negli ultimi secoli, ci siamo comportati con le risorse minerali come una banda di pirati che ha dato l’assalto a un galeone spagnolo; arraffando e portando via i tesori che c’erano nella stiva. Il Club di Roma ci sta dicendo che quanto c’era di meglio in termini di oro e gioielli è ormai sparito; le agenzie energetiche ci dicono che ravanando bene nel fondo della stiva si trova ancora qualcosa da razziare. Magra consolazione, ma per alcuni è meglio di niente.

Così, con il petrolio siamo di fronte a un’evidente crisi produttiva, con la produzione di liquidi combustibili in sostanziale stasi da anni. La produzione pro capite è oggi allo stesso livello di quella del 1987 non avendo mai più raggiunto i livelli del picco degli anni ‘70. Molti dei principali produttori tradizionali sono in calo da anni e alcuni, per esempio la Russia, si stanno trovando proprio ora in grossa difficoltà e le loro esportazioni sono in calo. Insomma, una situazione difficilissima nella quale il meglio che possiamo dire è che si riesce a evitare un calo produttivo, per ora. Sono soltanto i prezzi di mercato molto alti (e che una volta sarebbero stati considerati inconcepibili) che rendono possibile per l’industria ottenere profitti anche da risorse molto costose da estrarre.

Di fronte a questa difficile situazione, la IEA e la EIA allineano i loro barili estraibili un po’ come se fossero truppe schierate per la battaglia. Sembrano ragionare come Saddam Hussein quando schierava le sue truppe in Kuwait, pensando “più sono, meglio è”. Ma in battaglia conta poco il numero dei soldati schierati, quello che conta è la loro capacità di combattere. Così, nella produzione di energia conta poco il numero di barili teoricamente estraibili. Quello che conta è il loro costo di estrazione. A questi costi, saremo in grado di estrarre le risorse listate dalle agenzie energetiche? E ne vale la pena, considerando quanto ci verrà a costare? Soprattutto, vale la pena correre il rischio di continuare a bruciare i fossili, quando l’evidenza del disastro climatico in corso diventa sempre più chiara?

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