Mercato elettrico nazionale, il paradigma che sta cambiando

I nuovi dati di Terna confermano che il panorama elettrico italiano sta mutando profondamente soprattutto per la penetrazione delle rinnovabili che nel 2012 hanno prodotto quasi 90 TWh. Con il conseguente drastico calo di funzionamento dei cicli combinati si preannuncia una guerra sempre più aperta tra rinnovabili e produzione convenzionale e centralizzata.

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Mettere mano al sistema elettrico conviene. Questo è ciò che in sintesi è emerso dall’incontro che Terna ha voluto fare alcuni giorni fa presso il Centro nazionale di controllo del sistema elettrico nazionale che per l’occasione ha aperto le porte alla stampa. Già, perché uno dei grafici presentato da Terna circa la realizzazione del collegamento SA.PE.I. tra la Sardegna e il continente, costato 700 milioni di euro, ha messo in luce il fatto che tra il 2008 e il 2013 il prezzo dell’energia elettrica sull’isola è sceso di circa il 30% passando dai 92 euro per MWh del 2008 ai 60 del febbraio 2013, allineandosi al PUN che nello stesso periodo è sceso da 87 euro per MWh a 64.

I benefici di ciò Terna li quantifica in un minor costo per il sistema di circa 70 milioni di euro l’anno, cosa che porta il punto di break even dell’opera a dieci anni, con benefici aggiuntivi per i restanti quaranta fino al fine vita della stessa quantificabili in circa 2,8 miliardi di euro. Ancora meglio per quanto riguarda la linea da 380 kV “S. Fiorano- Robbia” tra Svizzera e Italia il cui esercizio ha consentito l’importazione di 4 TWh in più, al 55% da fonti rinnovabili e al 40% da nucleare, per un totale di 24,7 TWh, con un differenziale di costi di circa 15 euro a MWh, consentendo benefici per 50 milioni di euro, con un punto di break even di un solo anno, visto che l’opera è costata, per l’appunto, la stessa cifra.

Di assoluto rilievo il ruolo delle fonti rinnovabili che nel 2012 hanno prodotto 89,8 TWh, con il fotovoltaico al secondo posto del podio, con 18,3 TWh, dopo l’idroelettrico che ha prodotto 41,5 TWh e con l’eolico che si è piazzato terzo con 13,1 TWh. In totale le rinnovabili hanno prodotto il 27,6%. E proprio le rinnovabili sono state il fenomeno, secondo Terna «repentino e inatteso» con 25 GW di capacità installata nel giro di pochi anni, che si sono aggiunti ai 22 GW di cicli combinati realizzati negli ultimi dieci anni a seguito della liberalizzazione del mercato. E il problema per Terna è quello della localizzazione degli impianti, sia rinnovabili, sia no, che sono molto spesso distanti dai luoghi classici di consumo nei quali sorgono gli impianti manifatturieri, ossia al nord.

E se per le rinnovabili è chiaro che la localizzazione geografica al Sud Italia è dovuta sia alla maggiore insolazione, sia alla ventosità, non è altrettanto chiaro come mai la crescita della potenza elettrica convenzionale nel decennio scorso sia avvenuta soprattutto al Meridione. E che di nuovi impianti convenzionali non ne servano altri è altrettanto chiaro, con buona pace di alcune aziende che tentano di erodere una maggiore marginalità da fatturati a rischio ricorrendo a fonti fossili come il carbone, visto che la domanda elettrica del 2012 è calata del 2,8%, tornando al livello del 2004. C’è da chiedersi cosa sarebbe successo se si fosse continuato con il nucleare, per la cui giustificazione si arrivava a “prevedere” nel 2010 un aumento del fabbisogno elettrico del 30% nel 2030, mentre la caduta che non si arresta, anche alla luce del primo trimestre del 2013 che ha visto un ulteriore calo su base annua del 3,5%.

E l’inedito scenario elettrico è un cambio di paradigma anche per Terna. Prima di tutto il gestore della rete rileva che le nuove installazioni, fossili e rinnovabili, hanno fatto superare l’insufficienza di produzione a copertura della domanda con un margine di riserva che è salito dal 9,5% del 2005 al 44,9% del 2012, con le nuove rinnovabili, eolico e fotovoltaico, che nel 2012 hanno coperto il 10% della domanda, con picchi del 28% a Napoli, del 22% a Palermo e del 20% a Cagliari.

Conseguenza: calo drastico di funzionamento dei cicli combinati che sono arrivati secondo Terna a 3.000 ore l’anno nel 2012, contro le 5.000 del 2006, cifra che per il Coordinamento FREE sarebbe ancora più bassa: 2.500 ore l’anno. E da questi dati è ovvio desumere come tra fonti fossili e rinnovabili d’ora in poi sarà guerra per la sopravvivenza, specialmente se consideriamo il fatto che a una precisa domanda Terna ha risposto che: «ci sono spazi per una ulteriore riduzione del Pun», con conseguente erosione della marginalità delle utilities, come ha peraltro affermato qualche giorno addietro Ubs in un suo rapporto.

Cosa che si rafforzerebbe ancora di più in presenza di accumuli, come i pompaggi, sui quali Terna ha preferito rispondere solo che sono: «in mano al mercato e non al gestore di rete», evitando di rinfocolare la polemica dello scorso anno con Enel sull’opportunità o meno che Terna potesse investire in maniera massiccia sull’accumulo. Se poi accumulo e Sistemi efficienti d’utenza (SEU) fossero sul serio utilizzati al meglio, in accoppiata con le rinnovabili, il “paradigma cambiato” di cui parla ora anche Terna, potrebbe sul serio innescare un cambiamento, ancora più profondo e in meglio, del sistema energetico italiano.

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