Rinnovabili, tutti quei benefici economici se solo si guardasse al 2030

Con un obiettivo europeo forte al 2030 per le rinnovabili si possono ottenere diversi vantaggi economici: 4,4 milioni di posti di lavoro, quasi mezzo punto percentuale di Pil aggiuntivo e un risparmio di circa 370 miliardi di euro sull'importazione dei combustibili fossili. Un report dell'European Renewable Energy Council che è una risposta al Libro Verde della Commissione.

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All’Europa serve un obiettivo per le rinnovabili e per l’efficienza energetica coraggioso e vincolante al 2030. Solo così il vecchio continente potrà sperare di raggiungere i traguardi fissati dalla Roadmap per il 2050 e fare quanto servirebbe per affrontare adeguatamente la questione clima. Ma non solo: una traiettoria di crescita adeguata delle rinnovabili ben definita che vada oltre il 2020 porterebbe non pochi vantaggi economici: 4,4 milioni di posti di lavoro, quasi mezzo punto percentuale di Pil e una riduzione di circa 370 miliardi di euro sull’import di combustibili fossili (più del doppio del deficit commerciale del 2011). Oltre al fatto non irrilevante che dare subito un orizzonte normativo ridurrebbe i costi dell’incertezza, permettendo di tagliare più in fretta gli incentivi.

È questa la bottom line del report (vedi allegato in basso) presentato pochi giorni fa dall’European Renewable Energy Council (EREC), una sorta di risposta al Libro Verde per il 2030 della Commissione, nel quale l’Europa chiede agli Stati membri come dovranno essere a loro avviso le politiche su clima ed energia dopo il 2020.

Come abbiamo scritto (QualEnergia.it, Inquietanti cambiamenti della politica europea su clima ed energia?), il Libro Verde sembra frenare sulla necessità di puntare su efficienza energetica e rinnovabili e si limita a suggerire per le rinnovabili un obiettivo pari al 30% dei consumi finali al 2030, un traguardo piuttosto modesto e probabilmente raggiungibile senza ulteriori sforzi. “Abbiamo bisogno di un obiettivo che sia più che una proiezione di scenario business as usual – sottolinea il presidente Rainer Hinrichs-Rahlwes di EREC – perché chi a suo tempo aveva suggerito l’obiettivo, poi adottato, del 20% al 2020, ha buoni motivi per credere che un obiettivo del 45% al 2030 sia realistico”.

L’UE, come ben sappiamo, negli anni passati è stata anticipatrice degli obiettivi in materia di energia pulita. Grazie all’obiettivo 2020 di arrivare a soddisfare con le rinnovabili il 20% dei consumi, negli ultimi anni la produzione di energia rinnovabile è cresciuta in media del 6% all’anno e il comparto si è sviluppato tanto da occupare circa 1,2 milioni di addetti, il 30% in più che nel 2009. La strada indicata dai paesi membri dell’Unione Europea è stata seguita da molte altre nazioni: i paesi che si sono dati obiettivi sulle rinnovabili sono più che raddoppiati dal 2005 al 2012 e adesso sono 118.

Il problema è che in Europa la strada è definita solo fino al 2020. Se non venisse stabilito un ulteriore traguardo vincolante da raggiungere al 2030, dicono le stime della Commissione stessa, la crescita della produzione da rinnovabile crollerebbe dalla citata media annuale del 6% all’1% e l’obiettivo della Roadmap 2050 – ridurre le proprie emissioni di gas serra dell’80-95% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990 – sarebbe irraggiungibile, specialmente se si considera che, come denuncia EREC, le fonti fossili in Europa continuano a ricevere un supporto economico che è 4 volte quello delle rinnovabili.

Stabilire subito un traguardo adeguato da raggiungere al 2030, sottolinea il report, servirebbe a ridurre uno dei freni maggiori allo sviluppo delle rinnovabili: il costo dell’incertezza normativa. In questo modo si potrebbero ridurre più in fretta gli incentivi e si raggiungerebbe anche nel modo meno costoso possibile l’obiettivo al 2020.

Vediamo gli altri vantaggi economici che l’Ue avrebbe da una politica di questi tipo. L’industria delle rinnovabili, tra le poche ad aver continuato la crescita in questo periodo di recessione, contribuisce per un punto percentuale di Pil, l’obiettivo del 20% al 2020 porterà un aumento aggiuntivo dello 0,25%, il traguardo per il 2030 suggerito da EREC porterebbe, secondo il report, ad un ulteriore +0,45%.

Dal punto di vista dell’occupazione, se con l’obiettivo 2020 si dovrebbero raggiungere per quell’anno i 2,7 milioni di occupati in Europa, con quello proposto da EREC per il 2030, si arriverebbe a 4,4 milioni di addetti.

C’è poi la riduzione dell’import di combustibili fossili: l’import di combustibili fossili nel 2011 è pesato per 388 miliardi di euro sulla bilancia commerciale europea, il 3% del Pil e più del doppio del deficit commerciale che è stato di 150 miliardi di euro. Con le fonti rinnovabili si potrebbe ridurre il fabbisogno di combustibili fossili di 550 Mtep al 2030, con un risparmio di circa 370 miliardi di euro sull’import.

Se a questi vantaggi se ne aggiungono altri più difficilmente quantificabili – dalla prevenzione del cambiamento climatico, ai danni ambientali e sanitari da fossili evitati – è facile capire che spingere di più sulle rinnovabili è probabilmente una scelta oculata, di medio-lungo periodo, che una politica europea degna di questo nome dovrebbe rendere operativa entro al massimo un paio di anni.

Il report di EREC (pdf)

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