Trivellazioni, i motivi per dire ‘No’ al progetto “Ombrina Mare”

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Il Ministero dell'Ambiente ha dato il via al grande progetto petrolifero “Ombrina Mare” della società inglese Medoilgas: una piattaforma di produzione, chilometri di tubazioni sottomarine e una nave raffineria proprio di fronte alla Costa dei Trabocchi, un'area di pregio naturalistico. Una manifestazione a Pescara, sabato 13 aprile.

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Il Ministero dell’Ambiente ha dato il via al grande progetto petrolifero denominato “Ombrina Mare” della società inglese Medoilgas. Il progetto è composto da una piattaforma di produzione posta a soli 5 km dalla costa con 6 pozzi, 36-42 km di tubazioni sottomarine e una grande nave raffineria FPSO di 320 metri di lunghezza ormeggiata a 10 km dalla costa per almeno 24 anni. Il tutto di fronte alla Costa dei Trabocchi, un’area di tale pregio naturalistico tale da essere individuata dal Parlamento italiano nel 2001 come Parco nazionale. Solo nella fase di perforazione verrebbero prodotti 14.258 tonnellate di rifiuti, soprattutto fanghi.

Per protestare contro questa decisione Legambiente e Wwf  Italia organizzeranno la Manifestazione “No Ombrina Mare”, che si terrà sabato prossimo, 13 aprile, a Pescara (appuntamento alle 15.30 al Porto di Pescara). Una manifestazione che però sarà contro tutta la politica italiana sugli idrocarburi: attualmente nel nostro paese si contano complessivamente, a mare e sulla terraferma, 202 concessioni di coltivazione, 117 permessi di ricerca, 109, istanze di permesso di ricerca, 19 concessioni di coltivazione, 3 istanze di prospezione (vedi documento Wwf Italia).

Per le associazioni ambientaliste è stato molto grave aver trovato nel faldone del procedimento presso il ministero, una lettera inviata dalla Medoilgas al Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini (pdf), in cui si ringraziava l’esponente governativo per aver promosso, con l’art. 35 del decreto legge “sviluppo” del 22 giugno 2012, la revisione del ‘Decreto Prestigiacomo’ che aveva bloccato alcuni progetti di estrazione lungo le coste italiane tra cui Ombrina.

Come denunciato dalle associazioni fin dal giugno 2012, quando è stata introdotta la modifica al Codice dell’ambiente molto “apprezzata” nella lettera di Medoilgas, non solo è stata cancellata la distanza delle 12 miglia dal confine esterno delle aree marine protette e costiere, ma è stata compiuta una gravissima “sanatoria” retroattiva di fatto, non tanto e non solo dei titoli abilitativi acquisiti, ma di tutti i procedimenti per la prospezione, ricerca ed estrazione di petrolio presentati in corso a partire dal giugno 2010. Sanatoria censurata dai Consigli regionali delle regioni costiere ioniche ed adriatiche riunite a Venezia il 9 novembre 2012 che hanno richiesto nel loro documento conclusivo “sottoporre a referendum l’abrogazione dell’art 35 del dl 22 giugno 2012 n.83 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n.134 in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi”

Ma perché è necessario fermare il progetto di trivellazioni petrolifere ‘Ombrina Mare’? Innanzitutto vediamo le dimensioni della Piattaforma Ombrina: 35 metri X 24 metri X 43,50 metri di altezza sul livello medio marino (come un palazzo di 10 piani). Questa sarà collegata ai 4-6 pozzi che dovrebbero essere perforati in un periodo di avvio del progetto della durata di 6-9 mesi.
La piattaforma sarà poi collegata ad una grande nave della classe Panamax riadattata per diventare una vera e propria raffineria galleggiante, definita Floating Production, Storage and Offloading (FPSO), posizionata con ancoraggi a 10 km di distanza dalla costa. La nave avrebbe le seguenti dimensioni: 320 metri di lunghezza per 33 di larghezza e 54 metri di altezza massima (le fiancate si alzeranno dal mare per 22 metri; per paragone, l’ingombro dello Stadio Adriatico da curva a curva è 220 metri, quindi 2/3 della lunghezza della nave, si veda la simulazione allegata). Essa è destinata alle operazioni di separazione dell’olio dal gas, dissalazione e al delicato processo di desolforazione del gas, tre fasi normalmente considerate negli schemi dei petrolieri proprie della raffinazione (che, poi, ne comprende anche altre).

La FPSO potrà stoccare 50.000 tonnellate di olio oltre a 10.000-15.000 mc di acqua di formazione. Ogni mese per 25 anni, la FPSO verrà avvicinata da un’altra nave che caricherà l’olio per trasportarlo verso altre destinazioni. A collegare piattaforma, nave FPSO e Campo S. Stefano (dove viene diretto il gas addolcito), sarebbero realizzati da 36 a 42 km di condotte per olio, gas e acqua di produzione/strato, o posate o affossate in trincee scavate sul fondale.

Per questa ragione, lungo 16-17 km di queste condotte sarà vietato l’ancoraggio a tutte le navi per una fascia larga 926 m; pertanto, considerando anche una zona di divieto di 500 metri dalla FPSO e dalla Piattaforma, tra 1531 a 1624 ettari di mare saranno interdetti all’ancoraggio. Tutte queste strutture rimarrebbero per almeno 26 anni, di cui 6-9 mesi destinati alla perforazione e 25 anni alla produzione, rilasciando nel mare una quantità di metalli pari a 29 tonnellate.

La produzione giornaliera dovrebbe essere di 5-7.000 barili di olio e di 85.000 Smc di gas, pari, rispettivamente, allo 0,41-0,57% del consumo giornaliero di petrolio in Italia (se si considerasse tutta l’energia consumata il dato sarebbe sensibilmente più basso) allo 0,0001% del consumo di gas (entrambi, peraltro, in forte calo negli ultimi anni).

Sulla FPSO le attività di separazione e desolforazione comporterebbero, soprattutto a causa dell’energia necessaria agli impianti e all’incenerimento dei gas di scarto, l’immissione in atmosfera di 2.413.000 tonnellate complessive di emissioni nei 25 anni di attività. Qui sono ricomprese anche quelle di anidride carbonica, uno dei principali gas-serra, che non vengono quantificate dal proponente, ma che dovrebbero essere, in base ai dati di bibliografia, all’incirca il 10-15% del totale (quindi pari ad alcune centinaia di migliaia di tonnellate). Una quota rimanente delle emissioni complessive relative sia alla fase di perforazione che alla fase di produzione è costituita da inquinanti che il proponente quantifica. Sarebbero quindi emesse:

  • circa 8.470 tonnellate di metano (il metano ha un potenziale clima-alterante di 25 volte la CO2).
  • 915 tonnellate di idrocarburi pesanti e Composti Organici del Carbonio (VOC)
  • 1.615 tonnellate di ossido di carbonio
  • 885 tonnellate di ossidi di azoto
  • 473 tonnellate di ossidi di zolfo
  • 912 kg di polveri

Sulla piattaforma ci sono 2 punti di emissione: una candela ad alta pressione funzionante 6 ore/anno; un braccio spurgo funzionante 36 ore l’anno.
Sulla grande nave FPSO sono previsti 11 punti di emissione: 1 termodistruttore (inceneritore nello schema) funzionante h24 tutto l’anno; 2 torce HP e LP funzionanti h24 tutto l’anno; 2 punti di emissioni collegati ai motori da 1 MW ciascuno funzionanti h24 tutto l’anno (in alternanza e accopiati); 1 punto di emissione dalla caldaia hot oil; 2 generatori elettrici per emergenza (funzionanti 36 ore/anno); 2 torce di emergenza per depressurizzazione (solo in emergenza). Infatti, in caso di emergenza, è prevista l’emissione 50,740 tonnellate/ora di fumi di combustione di gas acido.

Il più aggiornato studio sugli incidenti riguardanti progetti simili ad Ombrina è il testo “Accident Statistics for Offshore Units on the UKCS 1990-2007” della OIL and GAS UK, pubblicato nel 2009, che riassume tutti gli incidenti avvenuti tra il 1990 e il 2007 nelle strutture di sfruttamento degli idrocarburi attive nella piattaforma continentale inglese.

Per quanto riguarda le piattaforme fisse inglesi nel periodo considerato sono avvenuti 5.871 incidenti con una frequenza di 3,4 incidenti per unità all’anno. Gli incendi sono stati 0,412 l’anno per unità, le esplosioni 0,024 l’anno e le perdite in mare di petrolio ben 1,76 l’anno per unità. Pertanto, se la piattaforma di produzione del progetto Ombrina mantenesse la frequenza media di incidenti delle strutture fisse inglesi si potrebbero prevedere nel suo ciclo di vita 42 perdite in mare (e gli incendi una sessantina).
Per quanto riguarda le 16 navi FPSO inglesi nel periodo considerato sono avvenuti 603 incidenti con una frequenza di 4,10 incidenti per FPSO all’anno. Gli incendi sono stati 0,42 l’anno per unità, le esplosioni 0,013 l’anno e le perdite in mare di petrolio ben 2,82 l’anno per unità. Pertanto, se la FPSO del progetto Ombrina mantenesse la frequenza media di incidenti delle FPSO inglesi si potrebbero prevedere nel suo ciclo di vita 68 perdite in mare (e gli incendi una ventina).

Uno studio del Direttorato Norvegese per il Petrolio riporta la stima di perdite in mare di petrolio dalle FPSO di 3.240 barili in un ciclo di vita di 24 anni, solo tenendo conto delle perdite che avvengono durante l’allibo, il trasferimento del petrolio dalla FPSO alla petroliera (procedura che nel progetto Ombrina è prevista una volta al mese per 24 anni). Ovviamente a queste perdite vanno aggiunte quelle relative ad altre fasi della produzione e gestione.

Un simile quantitativo ha, potenzialmente, secondo l’UNEP, la capacità di coprire circa 400.000 ettari di mare con un sottile film di meno di un mm di spessore. Nello stesso studio relativo alle strutture della piattaforma continentale norvegese, si riporta una frequenza di collisioni tra FPSO e petroliera di 0,15 collisioni per anno per unità, ben superiori alla frequenza di collisione tra navi e altri tipi di installazioni petrolifere. Pertanto, se la FPSO del progetto Ombrina mantenesse la frequenza media di collisioni delle FPSO norvegesi si potrebbero prevedere 3 collisioni nel ciclo di vita del progetto. Le perdite possono essere massive. Nel 2011 una FPSO della Shell posta a circa 75 miglia al largo del Delta del Niger, secondo i dati forniti dalla compagnia petrolifera, ha riversato in mare 40.000 barili di petrolio. La marea nera si estendeva per 70 km, coprendo 92.300 ettari di mare, secondo quanto dichiarato dalla stessa compagnia.

Per tutti questi motivi gli ambientalisti, insieme a imprenditori turistici, diocesi, agricoltori e altri movimenti vogliono dire “NO” al progetto ‘Ombrina Mare’ e alle politiche energetiche ‘pro idrocarburi’.

(Fonte: tratto da comunicato congiunto Legambiente – Wwf Italia)

Per ulteriori informazioni: Uffici Stampa
Legambiente: tel 06.86268376 – 53 – 99
WWF Italia: tel. 06 84497 265/213; 02 83133233

Sulle trivellazioni in Abruzzo: documento Legambiente

 

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