Corruzione, mafia ed eolico: confisca record da parte della Dia

Con la confisca da parte della Direzione investigativa antimafia di un patrimonio di un 1,3 miliardi di euro al 're dell'eolico', Vito Nicastri, un imprenditore siciliano, si fa stringente il rapporto tra mafia e colletti bianchi. Dove c'è burocrazia, incertezza normativa e soldi pubblici, entra spesso la malavita organizzata.

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La mafia di Matteo Messina Denaro, numero uno dei latitanti di Cosa Nostra, potrebbe essere dietro a diversi progetti di fonti rinnovabili. Il sospetto è ora diventato più concreto con la confisca da parte della DIA, la Direzione investigativa antimafia, di un patrimonio di un miliardo e 300 milioni di euro al cosiddetto ‘re dell’eolico’, Vito Nicastri, un imprenditore siciliano di 57 anni per il quale è scattato l’obbligo di soggiorno nel suo comune di residenza, Alcamo.

È la più cospicua confisca di beni mai effettuata in Italia, come spiega il direttore della Dia, Arturo De Felice. “Un modo per colpire al cuore l’area grigia di Cosa nostra”, spiegano negli uffici Dia di Palermo, coordinati per questa mega-confisca dalla Procura di Trapani e dai magistrati della Direzione antimafia di Palermo. Sono scattati così i sigilli, si legge ancora sul sito del Corriere della Sera, per 43 tra società e partecipazioni societarie legate al settore della produzione rinnovabili di energia elettrica, 98 beni immobili fra ville e palazzine, terreni e magazzini, 7 fra autovetture, motocicli e imbarcazioni e 66 cosiddette “disponibilità finanziarie” fra conti correnti, depositi titoli, fondi di investimento, ecc. L’operazione ha riguardato Sicilia, Lombardia, Lazio e Calabria.

Su Il Sole24 Ore riemergono le accuse arrivate tempo addietro da fonti anonime che spiegavano come fosse la prassi in uso al dipartimento Energia della Regione Siciliana tra 2005 e inizio 2011 far accedere a questi uffici personaggi in odore di mafia: “C’era un caos organizzativo voluto: 15-16mila istanze che aspettavano di essere esaminate, alcune addirittura dal 2006, e corsie preferenziali per amici e raccomandati”, si legge.

“Fino al 2010 Nicastri – scrive Il Sole24 – ha fatto il lavoro sporco preparando la strada a chi poi avrebbe sfruttato il parco eolico procurando i terreni, lavorando al fianco delle amministrazioni locali, convincendo contadini e sindaci, seguendole pratiche autorizzative. Per questo lavoro si faceva pagare bene arrivando a incassare dai 15 ai 20 milioni per un parco eolico di medie dimensioni. Del resto era lui che si sporcava le mani infilandosi in un ambiente in cui bisogna oliare i posti giusti per accelerare le pratiche”.

Come si legge su Il Salvagente, “le mafie preferiscono mettere le loro mani in affari pubblici perché rendono più semplice l’aspetto parassitario della loro imprenditorialità. Più sono gli ostacoli burocratici, e più la corsa alle concessioni sarà favorita per chi riesce a ‘rimuovere’ gli ostacoli, e più soldi pubblici ci sono di mezzo, più stabile e garantito sarà il rapporto investimento/ritorno”.

“L’auspicio – ha dichiarato Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio Ambiente e legalità di Legambiente – è che inchieste come questa continuino per fare piazza pulita delle infiltrazioni mafiose in uno dei comparti di punta della Green economy, denunciate ogni anno da Legambiente nel Rapporto Ecomafia. La produzione di energia pulita va tutelata e sviluppata nella legalità e trasparenza. E’ grazie alla cosiddetta “zona grigia”, infatti, se prosperano gli affari dei clan, capaci di mettere radici ovunque sia possibile fare business e di sfruttare collusioni e connivenze. La crescita dell’impero che oggi è finito sotto confisca è anche il frutto della scarsa trasparenza con la quale sono state gestite per molti anni le concessioni autorizzative per la realizzazione di nuovi impianti soprattutto in Sicilia”.

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