L’Africa e le feed-in tariff per le rinnovabili

Le energie rinnovabili possono fare tantissimo per l'Africa sotto diversi punti di vista e uno dei modi per farle decollare è tramite le cosiddette feed-in tariff. E' questa la sintesi di un report curato dal World Future Council e dalla Heinrich Böll Foundation che tratta dell'applicabilità nel continente africano di questa forma di incentivazione.

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Le energie rinnovabili possono fare molto per l’Africa sotto diversi punti di vista e il modo migliore per farle decollare è tramite le feed-in tariff. E’ questa in estrema sintesi la conclusione di un report curato dal World Future Council e dalla Heinrich Böll Foundation che tratta dell’applicabilità nel continente africano di questa forma di incentivazione, di cui il nostro conto energia è una declinazione (vedi allegato in basso).

I motivi per i quali l’energia pulita in Africa è ancora più conveniente che altrove sono noti: il ricorso a combustibili fossili, oltre ad essere costoso, contribuisce ad aggravare il riscaldamento globale, i cui effetti in quel continente colpiscono più duramente che altrove. Inoltre, in questi paesi c’è un sistema energetico ancora per gran parte da costruire: meno del 25% delle abitazioni dell’Africa sub-sahariana ha accesso all’elettricità, percentuale che scende al 10% nelle zone rurali. I paesi africani hanno, dunque, la possibilità di crescere puntando sulle rinnovabili, saltando così la fase fossile che anche il resto del mondo dovrà lasciarsi alle spalle.

Le tariffe feed-in (o FIT), finora, spiega il report, hanno dimostrato di essere particolarmente efficaci nel promuovere le fonti rinnovabili soprattutto nei peasi industrializzati: il 67% della potenza eolica e l’87% di quella fotovoltaica mondiale è stato installato grazie a incentivi di questo tipo. Quando modellate sul contesto locale, si sottolinea, possono spingere con successo le installazioni, sia allacciate alla rete che off-grid, creare sviluppo e migliorare l’accesso all’elettricità per tutti. Inoltre “l’approccio decentralizzato dei meccanismi FIT permette diversi modelli di proprietà e governance, offrendo la possibilità di dare potere alle comunità locali e rinvigorire democrazia locale e auto-governo”.

Alcune nazioni del continente africano stanno già sperimentando questa forma di incentivazione, con risultati non sempre soddisfacenti. Delle 65 nazioni nel mondo che hanno adottato una FIT di questo tipo 13 sono africane: Algeria, Botswana, Egitto, Etiopia, Ghana, Kenya, Mauritius, Namibia, Nigeria, Ruanda, Sud Africa, Tanzania e Uganda.

Lo studio va a guardare come hanno funzionato, o non funzionato, le tariffe feed-in messe in piedi finora in questi paesi. I casi trattati vanno da una nazione piccola, insulare e quasi totalmente dipendente dall’estero, come le Mauritius a nuove potenze come il Sud Africa (che ha recentemente abbandonato la FIT per un sistema diverso); da paesi dove l’accesso all’energia è ormai universale come Egitto e Algeria, ad altri come la Tanzania dove nelle aree rurali solo il 3% delle abitazioni è connneso alla rete ed ha accesso all’energia.

Per ogni paese preso in considerazione (si vedano le schede del documento da pagina 30) si delinea un breve ritratto del sistema energetico del paese, si descrive il sistema di incentivi in vigore e si valuta che impatti ha avuto e che prospettive potrà avere. Si scopre così, ad esempio, che in Algeria le tariffe feed-in per ora non sono riuscite a far partire nemmeno un singolo progetto. Essendo la tariffa algerina calcolata come percentuale sul costo dell’elettricità, a renderla poco attraente è il fatto che nel paese, grazie ai sussidi alle fonti fossili, è in vigore un prezzo dell’elettricità per i consumatori inferiore agli stessi costi di generazione.

All’opposto, molto interessante è il caso della Tanzania. Nelle aree rurali del paese l’incentivo introdotto ha mostrato come la tariffa feed-in possa essere applicata con successo anche a contesti off-grid o di piccole reti locali e ha portato ad un discreto volume di installato (soprattutto da mini-idro) che ha consentito di dare elettricità a chi non l’aveva o di sostituire costosi e inquinanti generatori diesel.

Ma, casi particolari a parte, l’analisi serve soprattutto come guida per pensare a tariffe feed-in veramente efficaci nei contesti in cui operano. Ad esempio si raccomanda cautela per evitare che gli incentivi pesino troppo sulle bollette di cittadini, già poveri, e si suggerisce di usare risorse alternative per finanziare gli incentivi, come ad esempio tasse sui combustibili fossili o fondi internazionali per il clima. E ancora si mette in guardia dalla creazione di procedure burocratiche troppo complesse e si suggeriscono soluzioni per facilitare l’accesso al credito.

Insomma, un documento che si spera vengo visionato dai governi africani: se ben congegniate le FIT, promuovendo l’energia pulita, possono giovare all’elettrificazione delle zone rurali, aumentare la potenza installata e dare stabilità alla rete, garantendo uno sviluppo più sostenibile e inclusivo.

Il report (pdf)

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