Biomasse e biogas, un mondo che dovrà cambiare

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Biomasse solide e biogas sono tra le tecnologie più colpite, soprattutto per i grandi impianti, dal decreto sulle rinnovabili elettriche entrato in vigore il primo gennaio. Proprio per questo motivo il settore dovrà cambiare: bisognerà puntare su impianti piccoli integrati in una filiera locale, spiega il nuovo report dell'Energy & Strategy Group.

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Biomasse solide e biogas, specialmente per i grandi impianti, sono tra le tecnologie più colpite dal decreto sulle rinnovabili elettriche entrato in vigore il 1° gennaio. Proprio per questo iul settore dovrà cambiare: gli incentivi in vigore negli anni scorsi hanno favorito lo sviluppo di impianti di grandi dimensioni che basano parte del loro approvvigionamento sull’import di biomassa. Con il nuovo sistema incentivante invece si dovrà puntare su impianti piccoli e integrati in una filiera locale. A sottolinearlo è il nuovo report sulle rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che sarà presentato giovedì 21 marzo a Milano (ma che QualEnergia.it ha potuto vedere in anteprima) e che contiene un ampio approfondimento sul settore delle biomasse.

(Aggiornamento: qui la pagina da cui scaricare il report)

Per queste tecnologie il decreto rinnovabili, ossia il DM 6 Luglio 2012, prevede un taglio delle tariffe che, sebbene differenziato per tipologia di biomassa, va a colpire in particolare le taglie di impianto più grandi e in generale il biogas, con una riduzione mediamente del 30% solo in parte mitigata dalla presenza di “premi” e da un allungamento del periodo di incentivazione, da 15 a 20 anni.

Favoriti risultano gli impianti di piccola taglia, che godono di tariffe più generose e facilitazioni di accesso agli incentivi, soprattutto se associati a valorizzazione dei sottoprodotti e riutilizzo degli scarti dei processi di produzione di energia. I bonus combinati permettono, in alcuni casi, di raggiungere livelli di incentivazione quasi prossimi a quelli della Tariffa Omnicomprensiva in vigore fino al dicembre 2012, confermano le analisi condotte dall’Energy & Strategy Group.

Come è andato il mercato delle biomasse nel 2012 e come cambierà col nuovo sistema? Mentre biomasse agroforestali e inceneritori a RSU nell’anno appena concluso hanno avuto una crescita appena accennata, oli vegetali e biogas sono cresciuti con maggior decisione: +153 MW nel primo caso e +264 MW, in linea con quanto già successo nell’anno precedente, per il biogas. Il volume d’affari della filiera del biogas è più che raddoppiato dai 900 milioni di € del 2010 ai 2 miliardi € di fine 2012.

Ora però, come detto, le cose cambieranno. La crescita degli impianti ad olio vegetale, prevede l’Energy & Strategy Gorup – si arresterà, mentre il potenziale di sviluppo degli impianti a biogas di origine agricola rimarrà strettamente legato alla disponibilità di biomassa da destinare in input al processo di digestione.

Dato il crescente abbandono dei campi, con la superficie agricola non utilizzata in continua crescita, si spiega, c’è la possibilità di sfruttare i terreni non coltivati per produrre le materie prime che alimentino la produzione di biogas senza dover sottrarre spazio alle colture “food”. Il recente cambio normativo tuttavia introduce una maggiorazione degli incentivi per i sottoprodotti agricoli che, quindi, andrà ulteriormente a limitare la realizzazione di nuove coltivazioni ad hoc per gli usi energetici, a favore del riutilizzo di sottoprodotti.

Qualcosa di simile accadrà anche per le biomasse agrofrorestali, mercato rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi 3 anni. Il mercato dei grandi impianti, si legge nel report, sono ormai maturi, mentre esistono ancora opportunità di sviluppo per quanto riguarda gli impianti di piccola taglia (< 1 MW). Con il nuovo sistema di incentivi è prevedibile un radicale cambiamento della situazione a favore dei piccoli e delle filiere locali. Con diversi vantaggi, spiegano gli autori del report: una corretta gestione delle risorse boschive italiane permetterebbe di ridurre il fabbisogno di import e di valorizzare al meglio le biomasse disponibili. Al contempo, spiegano, una gestione attiva dei boschi, permetterebbe di limitare il rischio di future problematiche idrogeologiche.

Una tendenza, quella di andare verso piccoli impianti, che peraltro è confermata dai risultati delle prime procudure d’iscrizione a Registri e Aste, pubblicati il 15 gennaio: mentre le aste, per le quali devono passare gli impianti sopra ai 5 MW, sono andate praticamente deserte (richieste in media per il 10% del contingente incentivabile), per il Registro, che tratta gli impianti di potenza inferiore, si sono avute rischieste per una potenza del 30% superiore rispetto al contingente incentivabile. 

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