A Roma prove di lobbying su sabbie bituminose e shale gas

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Un convegno organizzato a Roma dall'Ambasciata di Polonia e del Canada lancia un segnale per una strategia di lobbying comune sulle fonti non convenzionali di energia fossile, petrolio dalle sabbie bituminose e gas di scisto. Tra le aziende interessate allo shale gas anche ENI e Sorgenia, che hanno già iniziato le esplorazioni in Polonia.

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Il titolo del convegno organizzato il 4 marzo fa presso l’Università Luiss di Roma non poteva essere meno azzeccato: lo hanno chiamato “Innovazione attraverso la Sostenibilità”. Era in realtà un evento organizzato dall’Ambasciata di Polonia e del Canada per iniziare una strategia di lobbying comune sulle cosiddette fonti non convenzionali di energia fossile: petrolio proveniente dalle sabbie bituminose e gas di scisto. Un evento fatto in Italia per trovare un altro alleato tema in chiave europea? Come più volte analizzato anche su questo sito, si tratta di tecnologie estrattive che consumano molta più energia delle tradizionali, portando quindi a un impatto ambientale maggiore: per le sabbie bituminose, le emissioni di gas serra sono circa del 23% in più rispetto al petrolio convenzionale.

Il Canada ha un chiaro interesse a promuovere l’utilizzo delle risorse petrolifere presenti soprattutto nella provincia dell’Alberta: preoccupata dalla prossima decisione della Commissione Europea in merito alla Fuel Quality Directive, che potrebbe mettere fuori dal mercato europeo i combustibili molto inquinanti, e quindi anche il suo petrolio da sabbie bituminose (tar sand), sta cercando un alleato europeo. La Polonia, invece, ha riserve estese di gas di scisto (shale gas); tra l’altro, il prossimo round delle negoziazioni internazionali sul clima si svolgeranno proprio a Varsavia, a fine novembre di quest’anno (COP 19).

In apertura del convegno l’Ambasciatore polacco Wojciech Ponikiewski annuncia con soddisfazione che alcune aziende italiane sono attualmente già attive in Polonia: “Moltissime aziende hanno manifestato interesse per lo shale gas: in particolare ENI e Sorgenia, che hanno già iniziato le esplorazioni in Polonia.” Annuncia anche nel corso del convegno che si sarebbero affrontate tutte le problematiche ambientali relative allo sfruttamento delle fonti fossili non tradizionali. Invece nel corso dell’evento, non si accenna né ai cambiamenti climatici, e nemmeno alla concorrenza con le energie rinnovabili.

A proposito delle nostre aziende va ricordato che Sorgenia (gruppo CIR), attraverso la controllata Sorgenia E&P S.p.A, operativa nel campo dell’esplorazione e produzione di idrocarburi, nel 2012 ha iniziato le operazioni di trivellazione per l’estrazione del shale gas nel nord della Polonia, nell’ambito di tre licenze di esplorazione. ENI aveva già raggiunto un accordo nel 2010 per l’acquisizione di Minsk Energy Resouces e diventare così titolare di tre licenze nel bacino baltico della Polonia (e nella confinante Ucraina), in un’area di 1.967 chilometri quadrati.

Nel corso del convegno di Roma, sullo shale gas si parla solo degli effetti locali delle estrazioni, mentre le sabbie bituminose vengono presentate addirittura come la soluzione energetica del futuro: lo sostiene Chris Holly, del Dipartimento per l’Energia dell’Alberta, secondo il quale “non ha senso distinguere tra energia convenzionale e non convenzionale”. Il suo motto è “This is not my father’s business – he would be amazed at what is being done today” (“Non è più il business di mio padre – sarebbe meravigliato per ciò che è stato fatto”).

Riguardo all’Alberta, lo scienziato NASA James Hansen aveva dichiarato che “se il Canada procederà, e noi non faremo niente, sarà game over per il clima. Il petrolio delle sabbie bituminose contiene il doppio dell’ammontare di anidride carbonica emessa dall’utilizzo del petrolio in tutta la nostra storia […]. Quel livello di gas serra farebbe accelerare in modo non controllabile lo scioglimento della superficie dei ghiacciai. Il livello dei mari aumenterebbe, distruggendo le città costiere. Le temperature globali diventerebbero intollerabili. Dal 20 al 50% delle specie del pianeta si estinguerebbe. La civilizzazione sarebbe a rischio.”Uno scenario che sembra non destare preoccupazione ai relatori del convegno: magari più che preoccuparsi dei padri dei petrolieri, dovremmo pensare al mondo che lasciamo ai nostri figli e alle generazioni future.

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