Pompe di calore, tra potenzialità e le delusioni del conto termico

In Italia il potenziale di sviluppo per le pompe di calore elettriche è grande, sia per le condizioni climatiche del nostro paese, sia per le possibilità date dall'integrazione con il fotovoltaico e le reti domestiche intelligenti. Ma il nuovo conto termico, che dovrebbe spingere questa tecnologia, delude gli operatori del settore.

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Il mercato delle pompe di calore negli anni scorsi ha avuto una crescita significativa, fermata, temporaneamente dalla crisi. Il potenziale è grande, sia per le condizioni climatiche del nostro paese, sia per le possibilità date dall’integrazione con il fotovoltaico e le reti domestiche intelligenti. Ma il nuovo conto termico, che dovrebbe spingere questa tecnologia, delude gli opertori del settore. Ne parliamo con Giampiero Colli, segretario generale di Co.Aer, l’associazione che all’interno di Anima si occupa di questa tecnologia.

Colli, come sta andando il mercato delle pompe di calore?

In questi ultimi anni, almeno fino all’anno scorso, è stato un mercato in crescita, con tassi di incremento del 10-15%. L’anno scorso invece il mercato si è fermato, a causa delle note circostanze economiche. Il potenziale comunque è grande: ci aspettiamo che, una volta superata la crisi, si ricominci a crescere ai ritmi degli anni precedenti, se non a ritmi che potrebbero essere accelerati da provvedimenti che promuovano specificatamente le pompe di calore, alla luce del contributo che possono dare nel tagliare i consumi di energia primaria, aumentare il ricorso all’energia rinnovabile e affrontare seriamente il problema dell’inquinamento, in particolare quello urbano.

Provvedimenti che non sono ancora arrivati?

No. Se guardiamo ai provvedimenti che sono stati approvati finora, dal piano per l’efficienza energetica a quello per le rinnovabili termiche, passando per la Strategia Energetica >Nazionale, vediamo che in ciascuno è riconosciuta l’importanza del potenziale e l’ottimo rapporto costi-benefici delle rinnovabili termiche e in particolare delle pompe di calore. Ma siamo ancora qui ad aspettare che questi strumenti di sostegno vengano attuati: un peccato, perché con misure efficaci, come quelle che ha preso di recente la Danimarca (vedi QualeEnergia.it, ndr), questa tecnologia potrebbe dare molto.

Ma è appena entrato in vigore il conto energia termico,che promuove anche le pompe di calore con un incentivo dedicato. Non vi soddisfa?

Il conto termico così come lo conosciamo è assolutamente inefficace, anzi, è distorsivo. Nostri studi mostrano che con le tariffe del nuovo decreto, anche considerando le zone climatiche in cui gli incentivi sono più generosi, non si arriva a coprire il 20% dell’investimento. Oltre a questo, il nuovo conto introduce complicazioni burocratiche che non ci sono con le detrazioni fiscali del 55%, il cui destino è noto solo fino al 30 giugno. Tutto ciò significa che alla remuneratività già molto bassa si aggiungono altri costi d’investimento. A questo punto converrebbe scegliere le detrazioni anche se queste venissero abbassate al 36%. Non credo che il conto termico porterà alcun sostegno a questo mercato. La speranza è che il 55% venga prorogato e che continui a comprendere tra gli interventi incentivati le pompe di calore.

Altro ostacolo al mercato delle pompe di calore è quello delle tariffe elettriche: con il sistema a scaglioni, che vede il costo del kWh aumentare al crescere dei consumi, l’utilizzo delle pompe di calore rischia di costare molto caro agli utenti. Come proponete di risolvere questo problema?

Una cosa che potrebbe essere vista come positiva del conto termico è che all’articolo 6 si dispone che l’Autorità per l’Energia crei una tariffa elettrica ad hoc per le fonti di calore. Al momento, con il sistema a scaglioni chi ha una pompa di calore paga anche 30 centesimi a kWh, quando il kWh a gas costa circa 10 centesimi. Una situazione paradossale: anche se una pompa di calore tagliasse i consumi di circa tre volte rispetto ad una caldaia a condensazione, questa riduzione non si tradurrebbe nella stessa misura in risparmio economico a causa delle tariffe elettriche. Assurdo poi è anche che sull’elettricità consumata dalla pompa di calore, che consente l’utilizzo di energia rinnovabile, si debba pagare pure la componente A3 per il sostegno alle rinnovabili stesse: non ci aspettiamo tariffe speciali, ma depurate dai costi non dovuti.

L’installazione di una pompa di calore può diventare economicamente più interessante se abbinata al fotovoltaico, in modo da massimizzare l’autoconsumo di energia elettrica. Che contributo può dare il riscaldamento elettrico in un’ottica di integrazione con le reti intelligenti, anche a livello di singola abitazione, e con le rinnovabili non programmabili?

Se pensiamo che il futuro sia elettrico, e noi lo pensiamo, in un’ottica di smart cities e di reti elettriche intelligenti, fotovoltaico e pompe di calore vanno a braccetto. Uno dei pregi del riscaldamento elettrico è proprio quello di integrarsi perfettamente con le tecnologie smart, come i sistemi di controllo della rete o dell’edificio, e parliamo di cose che si fanno già ora e non di sperimentazioni. Le potenzialità ci sono, ma in Italia le pompe di calore come detto hanno un incentivo assolutamente insufficiente e devono confrontarsi con tecnologie concorrenti che al contrario sono sostenute generosamente: all’estero non è così, tanto che l’industria italiana del settore sopravvive grazie a un 30-40% di export. Ed è un peccato che non si riesca a sviluppare a pieno un mercato italiano, perché il nostro paese avrebbe le condizioni climatiche ideali per la diffusione di questa tecnologia.

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