Rinnovabili, come le politiche di Obama iniziano a delinearsi

Dopo un discorso che dà speranza, si inizia a delineare la strategia del presidente Usa sull'energia pulita. La parola d'ordine è creare un campo da gioco livellato agendo tramite la fiscalità. Investimenti mirati in aree chiave e avanti con il Clean Energy Standard. Mentre i democratici propongono un piano “senza Congresso”.

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Nel recente discorso di insediamento del suo secondo mandato da presidente, Barack Obama ha fatto sperare il mondo delle energie rinnovabili, dato che ha parlato con grande enfasi della minaccia del riscaldamento globale – “fallire su questo tema sarebbe tradire i nostri figli e le generazioni future” – e ha sottolineato come gli Usa debbano “guidare” la transizione energetica e “non lasciare ad altre nazioni lo sviluppo di tecnologie che creeranno nuovi lavori e nuove industrie”. Ora, dopo le parole, inizia a delinearsi anche una linea d’azione: la promozione delle rinnovabili, sembra, passerà soprattutto dalla fiscalità.

A illustrare la strategia di questo secondo mandato è stato Brian Deese, uomo della casa bianca e direttore del National Economic Council, intervenendo a una conferenza a Washington. Sarà la riforma della fiscalità per le aziende, ha spiegato, a essere centrale nello spingere gli investimenti verso le tecnologie pulite per creare crescita verde. “Le modalità con cui verrà fatta la riforma sulla fiscalità per le imprese può avere un effetto decisivo e di lungo termine nell’incentivare gli investimenti nelle diverse tecnologie rinnovabili negli Usa” – si legge nella trascrizione del suo intervento, raccolta da Reuters –  l’amministrazione, ha aggiunto Deese, vuole creare un “campo da gioco livellato” per le rinnovabili.

Insomma: occorre permettere alle energie pulite di competere alla pari e questo significa anche agire sui diversi vantaggi di cui le fossili godono, oltre a quello di scaricare sulla collettività la quasi totalità dei danni sanitari e ambientali che producono. Obama nel recente compromesso sul fiscal cliff, è riuscito con successo ad estendere gli sgravi fiscali per l’eolico e le altre rinnovabili, ma finora ha fallito più volte nei suoi piani di ridimensionare le esenzioni di cui gode l’industria delle fonti fossili, difesa con combattività dai repubblicani.

Per questo secondo mandato Obama però potrebbe avere più successo nello scalfire i privilegi dei petrolieri. Anche se i repubblicani continuano ad avere il controllo della Camera, cosa che comporterà una dura lotta l’approvazione di politiche serie per l’energia pulita e contro il global warming, c’è un maggiore appoggio bipartisan a proposte per ridimensionare gli sgravi fiscali all’industria delle fossili: si tratta infatti di miliardi di dollari di mancate entrate, sempre più difficili da giustificare vista la situazione dei conti pubblici Usa.

Quanto ad aiuti alle aziende del clean tech, gli Stati Uniti, ha spiegato Deese, non saranno in grado di imitare Cina e Corea del Sud, versando finanziamenti milionari direttamente alle industrie della green economy, ma la Casa Bianca continuerà a fare investimenti “mirati e intelligenti” nelle aree chiave dell’efficienza energetica e delle rinnovabili.

Nonostante l’opposizione dei repubblicani, poi, Obama vorrebbe continuare la politica del Clean Energy Standard che obbliga le utility a ottenere da rinnovabili quote crescenti della loro produzione elettrica.

Nello stesso giorno del discorso del direttore del National Economic Council, a Obama è arrivata una lettera di proposte per le politiche su clima ed energia (qui, pdf), scritta da tre democratici al Congresso molto attivi su questi temi: Henry Waxman, Edward Markey e Sheldon Whitehouse. Visto l’immobilismo che il Congresso ha avuto in questi ultimi due anni, vi si legge, la Casa Bianca deve preparare un piano “che permetta di agire senza il Congresso”.

La lettera suggerisce a Obama di dare istruzioni all’EPA, l’agenzia di protezione ambientale, di preparare “un piano d’azione molto più aggressivo” che vada ad aggiungersi ai limiti sulle emissioni che l’ente ha già stabilito per veicoli e nuove centrali a carbone. Allo stesso modo, propongono i tre democratici, il DOE, cioè il dipartimento per l’Energia, potrebbe imporre standard di efficienza energetica e indicare come i fondi federali possono essere usati per ridurre le emissioni e promuovere l’energia pulita.

Vedremo se Obama accoglierà questi suggerimenti e, in generale, come le incoraggianti parole del discorso si tradurranno in politiche concrete. Per ora c’è stato l’annuncio di volere migliorare nei prossimi quattro anni l’efficienza energetica di almeno il 75% del patrimonio edilizio del governo federale. A breve, poi, Obama dovrà confrontarsi con il dilemma dell’approvazione del Keystone XL, oleodotto dal forte impatto ambientale concepito per portare negli Usa il greggio dalle sabbie bituminose canadesi: se lo approvasse, cedendo alle fortissime pressioni che ci sono (recentissimo l’appello di 57 senatori), sarebbe un evidente contraddizione rispetto a quanto dichiarato nel discorso di insediamento.

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