Rinnovabili, prodotti assicurativi contro l’instabilità delle politiche

Per spingere gli investimenti in rinnovabili servono strumenti assicurativi adeguati che tutelino gli investitori dai rischi, primo fra tutti quello dell'instabilità normativa. In questo modo si abbasserebbe il costo del capitale attraendo finanziatori. La conclusione di un trittico di studi appena pubblicati da Climate Policy Initiative.

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Per spingere gli investimenti in rinnovabili servono strumenti assicurativi adeguati che tutelino gli investitori dai rischi, primo fra tutti quello dell’instabilità normativa. È questa la conclusione di un trittico di studi (vedi qui) appena pubblicati da Climate Policy Initiative (CPI) nei quali si analizza l’efficacia degli strumenti di prevenzione del rischio esistenti a disposizione di progetti nel campo dell’energia pulita.

Strumenti che sono ancora in fase di sviluppo: ci sono già diversi progetti pilota per assicurazioni di “first loss protection”, che tutelano l’investitore da un determinato livello di perdita finanziaria, “un passo nella direzione giusta” – si spiega nel report – ma resta da fare molta strada per offrire una copertura adeguata e a un prezzo vantaggioso.

La diffusione di assicurazioni che coprano il rischio dovuto all’incertezza normativa, si spiega, aumenterebbero gli investimenti in rinnovabili, diminuendo il costo dei capitali. Occorre che questi strumenti prendano piede, in modo che le compagnie di rating ne tengano conto quando valutano progetti nelle rinnovabili.

“La nostra analisi mostra che i repentini e inaspettati cambi nelle politiche, l’immaturità dei mercati finanziari nei Paesi emergenti e la relativa novità delle tecnologie pulite non sono sufficientemente coperti da strumenti assicurativi e possono scoraggiare gli investitori, – riassume Barbara Buchner, direttrice di CPI Europe – le istituzioni finanziarie che promuovono lo sviluppo e il pubblico hanno l’opportunità di colmare questo vuoto”.

Le rinnovabili d’altra parte possono essere anche una buona occasione per le compagni assicurative che, come sappiamo, hanno un altro importante motivo che da tempo le ha portate a tifare per una veloce decarbonizzazione del sistema energetico: i danni provocati dagli eventi meterologici estremi, conseguenza del global warming, che rischiano sempre di più di essere economicamente insostenibili per il settore (vedi QualEnergia.it). Una buona occasione che è descritta in un altro report uscito in questi giorni, quello del gigante delle assicurazioni Swiss Re (qui in allegato, pdf). Nel documento si spiega come l’aumento degli investimenti in rinnovabili e la crescita della richiesta di prodotti assicurativi per proteggersi dalle conseguenze dei cambiamenti climatici impatteranno sulla vita delle assicurazioni.

Lo studio ipotizza una serie di scenari, compreso un “best case scenario”, in cui al 2050 le fonti rinnovabili coprono il 92% del fabbisogno elettrico mondiale. “Gli assicuratori dovrebbero sostenere lo sviluppo dell’energia low-carbon” – commenta Agostino Galvagni, CEO di Swiss Re Corporate Solutions – devono essere innovativi e proporre soluzioni lungo tutta la filiera. Per esempio, potrebbero favorire il project financing sulla costruzione attraverso le assicurazioni e ridurre l’aleatorietà del flusso di cassa dei progetti della produzione non programmabile di energia con soluzioni che traferiscano il rischio legato alle condizioni meteo.”

Qualcosa di simile si trova scritto anche in un altro report uscito in questi giorni, quello del World Economic Forum sugli investimenti verdi: affinché si mobilitino gli investimenti privati necessari a trasformare il sistema energetico per evitare gli effetti peggiori del global warming, è essenziale che si trovino soluzioni, anche grazie all’intervento pubblico, che minimizzino i rischi economici per chi punta sulle fonti rinnovabili.

La nuova rubrica di QualEnergia.it: “L’opinione dei lettori

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