L’industria europea frena ancora sulla lotta al global warming

"Le politiche energetiche e climatiche comunitarie devono essere riallineate alla realtà economica", scrivono due grandi associazioni di categoria europee cui aderiscono anche Finmeccanica, Anima e Anie. Un messaggio miope che arriva proprio mentre il mondo è riunito a Doha per cercare una soluzione al problema del cambiamento climatico.

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“Le politiche energetiche e climatiche comunitarie devono essere riallineate alla realtà economica”. Tradotto: dato il contesto di crisi, meglio frenare sulla lotta al global warming. È il principale messaggio contenuto nel “manifesto” dell’industria manifatturiera europea pubblicato oggi da due associazioni di settore europee che assieme raccolgono oltre 200.000 società per un fatturato complessivo annuo di circa 2.600 miliardi di euro: Ceemet, che ha tra i membri anche la nostra Finmeccanica e Orgalime, cui aderiscono anche le italiane Anima e Anie.

Un messaggio che denota quanto meno una forte miopia tanto più perché pubblicato proprio nei giorni in cui a Doha si sta tentando di trovare un accordo internazionale sul clima e diversi report autorevoli ci mettono in guardia sul ritardo che stiamo accumulando nel contrasto al global warming: da quello dell’UNEP che fa notare come gli impegni di riduzione sul tavolo al momento siano assolutamente insufficienti a evitare il peggio, a quello dell’Agenzia europea per l’ambiente che rileva come il clima stia già cambiando nel Vecchio Continente, fino a quello della Banca Mondiale che parla di un Pianeta avviato verso un catastrofico riscaldamento di 4 °C.

Il manifesto degli industriali, presentato ieri al presidente della Commissione UE Manuel Barroso, lancia un allarme sul crescente divario tra i prezzi energetici in Europa, dove il settore sarebbe gravato dai sussidi alla fonti rinnovabili e dal sistema Ets, e negli Usa, dove le industrie beneficiano invece di gas sempre più a buon mercato anche per il ricorso allo shale gas, una fonte – ricordiamo per inciso – con impatti ambientali tali da essere stata sottoposta a moratorie in diversi Paesi e forse anche sovrastimata a livello di riserve. “La UE dovrebbe stare molto attenta a non danneggiare il settore manifatturiero europeo – scrivono le due associazioni – accrescendo inutilmente i prezzi energetici senza ottenere benefici ambientali”.

Ceemet e Orgalime formulano una serie di richieste all’Unione Europea: forniture energetiche affidabili e a buon mercato, normative più semplici e coerenti, un mercato interno funzionante e armonizzato, legislazioni ambientali prevedibili, maggiori fondi a ricerca e sviluppo e, appunto, una migliore gestione dei sistemi incentivanti per le fonti rinnovabili e obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 “ragionevoli” e concordati a livello mondiale.

Molte di queste industrie però negli anni passati, in tempi di vacche grasse, hanno investito pochissimo i loro utili in riqualificazione ambientale, efficienza energetica e sull’innovazione di prodotto e di processo. Magari preferendo impiegare i propri profitti nella finanza speculativa?

Il manifesto (pdf)

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