Il gas cerca spazio in un sistema energetico che cambia

L'Anigas, l’Associazione Nazionale Industriali Gas, presentando al MiSE le sue posizioni sulla SEN, cerca un ruolo più rilevante per il settore e accusa di aver esagerato con i target per le rinnovabili che andranno oltre gli obiettivi 2020 indicati nella direttiva europea. Ma la crisi del termoelettrico ora si fa sentire anche in Germania.

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La scorsa settimana Anigas, l’Associazione Nazionale Industriali Gas, ha illustrato al ministero dello Sviluppo Economico la posizione dell’industria del gas sul documento di Strategia Energetica Nazionale (SEN). Anigas ritiene che il documento governativo “non metta in luce il ruolo centrale che il gas naturale ha e continuerà ad avere visto che si prevede un mix energetico che vede una riduzione dello stesso (dal 41% al 35-37%) e un notevole incremento della quota delle energie rinnovabili (dall’11% al 23%)”.

Prevedibile dunque la critica allo sviluppo delle rinnovabili, che nella SEN avrebbero, secondo l’organizzazione, un target che va oltre quanto richiesto dall’Unione Europea: “ciò suscita perplessità in merito alla coerenza con quanto percorso negli anni precedenti in Italia, con la necessità di contenere gli oneri a carico del sistema e con l’obiettivo di costruire uno sviluppo energetico economicamente sostenibile”, spiega Anigas nel suo comunicato. Ecco che ritorna il concetto di sostenibile, quasi unicamente legato alla economicità di una strategia nel breve periodo. Concetto ripreso più volte anche nella SEN.

“Il nostro Paese ha promosso e sostenuto la metanizzazione dell’intero territorio e ha sviluppato un parco di generazione termoelettrica a cicli combinati a gas di eccellenza – ha affermato il Presidente di Anigas, Bruno Tani – anche con finanziamenti pubblici, e pertanto è necessario che anche nel mix energetico futuro il gas naturale conservi un ruolo importante”.

A proposito di coerenza, va detto che dal decreto ‘sblocca centrali’ del febbraio 2002 (governo Berlusconi, Marzano ministro) si è agito senza che la mano destra sapesse cosa stesse facendo la sinistra. Si è investito troppo nel termoelettrico, cicli combinati e turbogas: circa 25 miliardi di euro. Tutti gli operatori dell’energia sapevano che avevamo obblighi europei vincolanti sulle rinnovabili e sulle emissioni, ma si è fatto finta di non vedere solo qualche anno in avanti. Ed è normale che quando un settore come quello delle rinnovabili cresce, lo spazio per gli altri viene eroso di conseguenza. Non esiste un’evoluzione o una transizione nel settore dell’energia o della tecnologia in genere che non comporti una situazione di crisi per qualcuno. Sapevamo che questa evoluzione avrebbe fatto male a qualcuno e così è stato. Hermann Scheer parlava già tanti anni fa di vinti e di vincitori nella fase di mutamento del sistema energetico. Tutto ciò è arrivato puntualmente, anche se con qualche anno di anticipo sul previsto, anche a causa di una domanda che non cresce più, ma anzi arretra.

Questa sovraccapacità sta falsando gli equilibri di mercato. La soluzione tampone proposta, diciamo l’estrema ratio, è l’attuazione di un “capacity payment”, cioè dare una remunerazione a tutta la potenza installata di cicli combinati che stanno lavorando per molte meno ore, meno di 3mila contro le 4.500 previste in molti business plan. Una soluzione che comunque appesantirà i costi di sistema e che dovrà essere gestita con pragmatismo ed equilibrio (QualEnergia.it, Il soccorso ai cicli combinati e a quei 25 miliardi di investimenti).

L’Associazione del gas comunque vorrebbe rivedere gli obiettivi per il gas naturale che ritiene una risorsa “a basso impatto ambientale con funzione complementare rispetto all’impiego delle fonti rinnovabili”. Parte del settore dei produttori di energia elettrica da cicli combinati, che ha avuto, comprensibilmente dal proprio punto di vista, un atteggiamento critico nei confronti degli incentivi alle rinnovabili, accusati di far lievitare la bolletta elettrica degli italiani, non ha però mai veramente dichiarato a quale prezzo acquista il gas per le proprie centrali. Un dato difficile da individuare e su cui regna un omertoso riserbo.

L’Autorità ha spiegato meno di un anno fa che il differenziale di prezzo in Borsa tra MWh elettrico italiano e tedesco è dell’ordine di 20 € circa. E che se da noi potessimo comprare il gas per l’uso in centrale allo stesso prezzo di un produttore tedesco, questo differenziale si ridurrebbe di 10 €/MWh. Solo oltre e dopo questa cifra c’è tutto quello che riguarda gli oneri di sistema, gli incentivi alle rinnovabili e i costi per la congestione della rete, che è meno della metà di questo differenziale.

Nel 2010 quando la potenza da fotovoltaico era di 2-3 GW (ora siamo oltre i 16 GW), i cicli combinati già funzionavano con uno spark spread (la differenza tra costo del combustibile e prezzo di vendita dell’energia) di appena 5,2 euro/MWh, cioè un valore non in grado di remunerare gli investimenti realizzati. La situazione era già pessima per questi impianti e poi non ha fatto che peggiorare con il boom delle rinnovabili e in particolare del fotovoltaico che produce soprattutto nelle ore diurne quando l’elettricità è più costosa.

Il prezzo del gas è troppo elevato rispetto ai prezzi sul mercato elettrico e non c’è più quel giusto margine per potere generare elettricità. Gli operatori del gas dovrebbero allora spiegarci, con un’operazione di trasparenza verso i consumatori, quanto costa veramente a loro il gas in bocca di centrale. Un dato che non riusciamo proprio a scoprire e che presumiamo comunque non uniforme per tutti gli operatori.

Contrariamente a quanto detto, in merito, Anigas sottolinea come il prezzo del gas naturale in Italia, al netto della tassazione, presenti invece livelli allineati alla media europea o di poco superiori a seconda della classe di consumo e del settore di impiego. Questo però, ripetiamo, non è vero per le centrali a ciclo combinato.

Ovviamente anche le rinnovabili termiche danno fastidio a questo comparto, semplicemente perché fanno risparmiare gas naturale. Per Anigas nella Strategia Energetica Nazionale c’è una grave lacuna poiché manca qualsiasi riferimento alla fiscalità, che rappresenta invece una delle voci che più pesano sulla bolletta energetica e rispetto alla quale sussiste un gap rispetto ai Paesi europei. “La leva fiscale, oltre ad attestarsi su livelli più confrontabili con il resto dell’Europa, dovrebbe recepire quegli ‘oneri impropri’ che oggi gravano sulla bolletta.Perd esempio, con il recente decreto che istituisce il Conto Termico, gli incentivi andranno a gravare pesantemente sulla tariffa del gas naturale”, ha ammonito l’Anigas. Non per niente questo provvedimento, arrivato con grande ritardo e sicuramente non così efficace come molti si auguravano, ha subìto in questi mesi una pesante influenza da parte del mondo del gas.

La crisi del termoelettrico comunque si sta acuendo anche in Germania per colpa o merito delle rinnovabili. Il quotidiano tedesco Der Spiegel ha pubblicato un articolo in cui si afferma che 29 impianti alimentati a gas e carbone su 72 della Nord Renania-Vestfalia rischiano di chiudere a partire dal 2014 perché fuori mercato visto che non riusciranno a produrre energia a sufficienza e a un prezzo abbastanza competitivo per restare aperti. Si tratterebbe di previsioni estratte da uno studio commissionato dal Ministero dell’Ambiente regionale di Düsseldorf, tenuto riservato, ma che il prestigioso quotidiano tedesco ha scoperto.

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