Fotovoltaico, con protezionismo UE 30mila posti a rischio

Il protezionismo europeo in chiave anti-cinese potrebbe fare molto male anche all'Europa stessa in termini di occupazione. Eventuali dazi metterebbero a rischio circa 30mila posti di lavoro nei prossimi 3 anni dentro e fuori dal settore, con perdite per 13,4 miliardi di euro, secondo uno studio di AFASE, la coalizione di industrie contrarie ai dazi.

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Il protezionismo europeo in chiave anti-cinese potrebbe fare molto male alla stessa Europa in termini di occupazione. I dazi metterebbero a rischio circa 30mila posti di lavoro nei prossimi tre anni dentro e fuori dal settore, 8mila solo in Germania. L’adozione di misure anti dumping, inoltre, potrebbe determinare una perdita economica complessiva di circa 13,4 miliardi di euro in tutti i Paesi UE.

Sono le conclusioni di un recente studio realizzato da AFASE (Alliance for Affordable Solar Energy), la coalizione internazionale dell’industria fotovoltaica che si batte contro le barriere doganali; in questo antagonista di EU ProSun, l’alleanza industriale guidata da Solarworld che chiede che l’industria europea venga protetta dalla concorrenza cinese, a suo avviso sleale.

Come sappiamo, in un contesto di overcapacity, con le industrie che si combattono a colpi di prezzi ribassati e con il 60% che rischia di morire nel giro di 3 anni, negli ultimi mesi è scoppiata la guerra commerciale mondiale del fotovoltaico. Oltre ai dazi Usa contro i produttori cinesi e alle contro-indagini di Pechino sull’industra occidentale, ci sono anche due procedimenti UE per verificare se la concorrenza cinese vìoli le regole del commercio (Qualenergia.it, Anti-dumping sul fotovoltaico cinese, via ad altra indagine UE).

Tra 13 mesi si sapranno gli esisti delle indagini, che potrebbero portare a imporre dazi anche retroattivi sull’import. Si tratta della più importante segnalazione di possibile dumping mai ricevuta dalla Commissione Europea: nel 2011 la Cina ha esportato verso la UE circa 21 miliardi di dollari di moduli e componenti FV. Chiaro che l’impatto sul settore di eventuali barriere doganali sarebbe molto rilevante, e non solo per le industrie cinesi.

Anche in Europa infatti, stando al report AFASE, le conseguenze potrebbero essere pesanti. Lo studio ipotizza diversi scenari, con dazi protezionistici del 20%, del 25% o del 60% sui prodotti fotovoltaici cinesi. In tutti e tre i casi si prevede una risalita dei costi del fotovoltaico e una conseguente contrazione della domanda, da cui il calo occupazionale.

I dazi su prodotti cinesi – che EU ProSun vorrebbe anche del 120% -, è la tesi di AFASE, metterebbero seriamente in discussione il cammino del fotovoltaico verso la grid parity. La questione che su queste pagine abbiamo spesso affrontato è complessa. Se da una parte è difficile negare che gli aiuti di Stato cinesi danneggino i concorrenti occidentali, permettendo all’industria nazionale di vendere sottocosto con le spalle coperte, aspetto fondamentale per la sopravvivenza nell’attuale contesto di overcapacity, dall’altra con gli aiuti pubblici la Cina sta indirettamente finanziando l’energia verde a basso costo in Europa e rendendo il fotovoltaico come tecnologia energertica sempre più competitiva.

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