I candidati alle primarie del centrosinistra su energia e clima

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Greenpeace, che chiede ai politici di tutti gli schieramenti e ai candidati alle primarie del centrosinistra di misurarsi con le politiche energetiche e ambientali, riporta questi argomenti spesso marginali nel dibattito pubblico degli ultimi mesi. Interessanti anche le risposte dei candidati alle primarie pubblicate su Le Scienze; e le risposte date agli Ecodem.

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Greenpeace aveva inviato un paio di settimane fa ai candidati di tutti gli schieramenti della politica nazionale un questionario con 9 domande a risposta binaria (“sì” o “no”)  che richiedeva loro di misurarsi con le questioni energetiche e i cambiamenti climatici e in particolare sulla loro posizione su carbone, petrolio, rinnovabili ed efficienza energetica. Si tratta della campagna “Io non vi voto. Sfida alla classe politica fossile”.

A due giorni dalla scadenza del termine dati ai politici, inclusi i candidati alle primarie del centro sinistra, hanno risposto solo Nichi Vendola, Antonio Di Pietro, Laura Puppato e Giampiero Samorì. Questi quattro hanno risposto positivamente a tutti gli impegni chiesti da Greenpeace. A oggi non hanno risposto, tra i candidati alle primarie del centro sinistra, Bersani, Renzi e Tabacci.

Attraverso il sito di Greenpeace www.iononvivoto.org anche i cittadini possono porre condizioni chiare e inequivocabili a chi si candida a governarli sulla politica energetica e ambientale.

È chiaro che i politici possono darci loro visioni edulcorate, magari degli auspici, anche in buona fede, ma saranno in grado di contrastare le lobby che spingono per le fonti fossili e che contrastano le energie pulite e le politiche che mettono al centro green economy ed elevati standard per l’efficienza energetica? E questa ambiguità è presente in tutti gli schieramenti politici.

Con questo spirito è bene leggere le risposte dei candidati alle primarie del centrosinistra pubblicate in un bel servizio de Le Scienze, che fra i diversi argomenti trattati prevedevano anche la domanda che qui ci interessa, cioè quella sui cambiamenti climatici e le politiche energetiche (vedi sotto).

Anche gli Ecologisti Democratici hanno fatto tredici domande ai candidati. Ecco le risposte pervenute (pdf).

A parte la differenziazione degli argomenti messi al centro nelle loro risposte e il diverso peso dato ad alcune strategie rispetto ad altre, almeno possiamo affermare, e questo lo sappiamo anche al di là di quanto troverete scritto, che queste personalità della politica conoscono la materia per averla trattata nella loro esperienza politica e/o di governo. Resta il fatto che le strategie e le politiche indicate da loro non devono essere applicate come un qualcosa di slegato, a compartimenti stagni, rispetto alla normale azione politica, ma dovrebbero invece permeare tutta la pratica di governo. Solo allora potremmo dire di avere esponenti politici con una visione di ampio respiro capace di rimodellare il sistema di sviluppo economico della nostra società nella direzione della sostenibilità, concetto più che abusato ma qui indispensabile.

Riportiamo qui sotto, come detto, le risposte dei candidati alle primarie pubblicate su Le Scienze alla domanda Qual è la sua posizione sul cambiamento climatico e quali politiche energetiche si propone di mettere in campo? (per un quadro completo sulle posizioni dei candidati anche su fecondazione assistita, OGM, sicurezza del territorio e altro ancora vedi “Primarie del centrosinistra, domande e risposte su scienza e ricerca”).

La risposta di Nichi Vendola

Guardo con molta attenzione ai cambiamenti climatici e nel ruolo che con orgoglio rivesto nel Comitato delle Regioni UE, quello di coordinatore della Piattaforma di cambiamenti climatici e sviluppo sostenibile, ho provato a costruire azioni concrete in chiave europea per il contrasto ai rischi dei cambiamenti climatici, a incominciare dalla desertificazione della sponda euro mediterranea.

La struttura geologica e geoclimatica del nostro paese ci può consentire di pensare ad un futuro esclusivamente rinnovabile. Le nuove energie per il riscaldamento e il raffrescamento come il solare termico e la geotermia a bassa entalpia e le strategie di cogenerazione anche del metano possono portarci nei prossimi cinque anni a ridurre del 50% il costo della bolletta energetica per riscaldamento. La diffusione delle energie rinnovabili elettriche può trasformare l’Italia in un paese libero dal ricatto – politico, oltre che economico – di carbone ed energie fossili. Per l’oggi e il futuro occorre per il fotovoltaico puntare sulla generazione di energia elettrica distribuita su tutto il territorio nazionale, liberalizzare lo scambio di energia rinnovabile tra produttori e consumatori, sostenere gli stoccaggi di energie rinnovabili, occorre una politica delle smart grid delle reti locali a partire dal condominio interconnettendo l’Italia come un grande alveare democratico. L’incentivo per il fotovoltaico del futuro è la libertà di produrre e scambiare energia nel rispetto del paesaggio e della libertà di liberarsi dal giogo delle bollette.

Accanto al fotovoltaico si potranno sviluppare certamente le altre energie rinnovabili come l’energia eolica con la partecipazione al capitale delle comunità locali, sviluppando anche le possibilità dell’eolico in mare nel rispetto dei paesaggi, la diffusione del mini e microeolico e il sostegno alla ricerca dei sistemi di eolico senza pale o di quello troposferico. Credo anche che si debba valorizzare l’idroelettrico ma con i sistemi di mini idroelettrico rispettando le portate minime dei fiumi e l’ittiofauna, portando in produzione tutti gli invasi esistenti svuotandoli dai fanghi e integrandoli con i sistemi fotovoltaici anche con la ricarica notturna dei bacini. Promuoveremo la geotermia a ciclo binario, ovvero con la reimmissione totale dei fluidi e dei vapori nel sottosuolo per non turbare gli equilibri idrici e non inquinare e accetteremo le produzioni di energia da biomasse solo di piccola taglia.

La risposta di Pierluigi Bersani

Credo in una politica industriale integralmente ecologica. A livello internazionale c’è ora un consenso quasi unanime sulla gravità della crisi climatica e sulle sue cause. La Conferenza internazionale sul clima del 2011 di Durban ha definito un’agenda per nuovi obiettivi che saranno operativi dal 2020, e il Governo Monti ha avviato una consultazione su una proposta condivisibile di Strategia Energetica Nazionale. Noi siamo nettamente dalla parte del potenziamento del protocollo di Kyoto nella prospettiva delineata dalla Commissione Europa con gli obiettivi della riduzione dell’80% delle emissioni al 2050.

La nostra strategia si sviluppa lungo due assi principali: efficienza energetica e minimizzazione degli agenti inquinanti, agendo sui cicli di produzione e consumo, e diversificazione dell’approvvigionamento energetico, sostenendo le fonti rinnovabili. Gli incentivi alle fonti rinnovabili sono stati uno strumento importante di politica industriale, che ho fortemente sostenuto dal 2006 al 2008 durante il mio impegno da Ministro dello Sviluppo Economico, benché successivamente il governo di destra abbia trascurato sia il necessario adeguamento dei meccanismi di agevolazione, sia la loro regolazione. Queste scelte, che rivendico come lungimiranti, hanno favorito l’iniziativa imprenditoriale e la creazione di buona occupazione, portando l’Italia ai vertici mondiali di crescita nel settore delle rinnovabili e limitando la dipendenza dalle importazioni. Le nostre sono scelte per l’ambiente, per lo sviluppo e per la sicurezza nazionale, all’interno di una strategia di rilancio dell’economia che guardi alla sostenibilità nel lungo periodo.

Vorrei un’Italia competitiva, eccellente a livello internazionale, che non si limiti all’installazione di tecnologia sviluppata e prodotta all’estero, ma che valorizzi la propria creatività e capacità manifatturiera. Sosterremo e valorizzeremo la ricerca di eccellenza italiana in tecnologie rinnovabili come solare fotovoltaico, termico e termodinamico, eolico, geotermico, idroelettrico, moto ondoso e biomasse, nei sistemi per la gestione integrata dei rifiuti e nelle tecnologie trasversali come la microelettronica, i nuovi materiali e la robotica.

La risposta di Matteo Renzi

Affrontare il tema della tutela del territorio, e quindi della prevenzione dei rischi sismico e idrogeologico, in modo slegato dal tema del cambiamento climatico è riduttivo da entrambi i punti di vista. Il cambiamento climatico è in atto, e i suoi effetti (aumento delle temperature, incremento della frequenza degli eventi estremi etc.) sono evidenti a tutti.

L’adozione di una politica climatica, che porti a termine entro un anno i lavori della Strategia Nazionale per l’Adattamento e avvii i lavori per un Piano Nazionale per l’Adattamento da ultimare nella legislatura sono la cornice in cui sviluppare le politiche “ambientali” ed energetiche. Implementare policy di adattamento, infatti, significa intervenire sulle componenti ambientali che sono sottoposte a stress climatico al fine di ridurre gli impatti dei cambiamenti già in atto e che non possiamo evitare. Questo si collega quindi a politiche di gestione del territorio e di gestione-tutela delle risorse (es: idriche) stabilendo delle priorità e dei sistemi di gestione integrati e funzionali.  Queste politiche trovano una connotazione europea all’interno della Politica di Coesione 2014-2020, all’interno della quale è possibile trovare anche le risorse.

I cambiamenti climatici in atto hanno modificato la frequenza degli eventi di pioggia: questo ci impone, con urgenza, di rivedere e ricalcolare le mappe di rischio idrogeologico per fornire agli Enti Locali strumenti aggiornati ed affidabili per intervenire nella messa in sicurezza del territorio. Non sono ammessi errori di valutazione. Le politiche di adattamento saranno integrate ed affiancate dal proseguimento delle politiche di mitigazione, sia a livello centrale che locale.

Sarà opportuno definire delle linee guida, ricavate dalle best practice messe in campo dai Comuni che hanno aderito al Patto dei Sindaci, che forniscano delle informazioni essenziali per la mitigazione negli Enti Locali. Per rendere efficaci tali misure sarà allo studio una revisione del Patto di Stabilità per sbloccare gli investimenti agli Enti Locali nel settore del risparmio e dell’efficienza energetica e della tutela del territorio (integrando così le azioni di adattamento e mitigazione). A livello centrale saranno rispettati i vincoli che l’Unione Europea ci pone sia nel Pacchetto 20-20-20 che nella Roadmap 2050. Alcuni obiettivi sono contenuti nella Strategia Energetica Nazionale; altri, presenti in essa, non sono condivisi (concessioni nazionali per trivellazioni off-shore). Il futuro del nostro paese è lontano dai combustibili fossili: il futuro del nostro paese è l’efficienza energetica, l’innovazione e l’uso delle rinnovabili.

Nel settore delle rinnovabili andrà ottimizzato il sistema degli incentivi, per tutelare sia il consumatore che gli investitori: occorrono programmazioni di lungo periodo con garanzie di stabilità e incentivi modulati per evitare effetti distorti nel mercato. Investimenti nelle rinnovabili, tutela del territorio e integrazione con le politiche agro-forestali non possono essere disaccoppiati: occorre infatti evitare contrasti tra questi settori ma permettere che operino in sinergia, valorizzandone la qualità (energia pulita, qualità del prodotto agricolo, unicità del territorio).

La risposta di Laura Puppato

I cambiamenti climatici sono il tema all’ordine del giorno delle agende dei Governi del mondo e anche coloro che li hanno negati fino a ieri, oggi si rendono conto dell’evidenza di cambiare modello produttivo, costruttivo e di mobilità. Una nuova politica deve risultare anche per l’Italia finalizzata ad un’economia ad alta efficienza e a bassa emissione di CO2; verso una società carbon free questo deve essere il nostro imperativo categorico, fissando come la Germania obiettivi più virtuosi di quelli previsti dalle politiche comunitarie. Per noi infatti, che non abbiamo fonti energetiche fossili, che abbiamo gravi problemi di inquinamento ambientale con costi sociali e sanitari notevoli e che abbiamo il costo energetico kWh più caro d’Europa e che corriamo il rischio di non mantenere l’impegno previsto per l’ETS – ovvero risultare costretti ad acquistare quote nel mercato delle emissioni dai Paesi più virtuosi – il tema è: subito politiche energetiche e produttive adeguate.

Politicamente è necessario attuare al più presto gli obiettivi vincolanti e qualificanti di limitazione e riduzione di questi gas, definiti dal Protocollo di Kyoto e sottoscritti dai maggiori paesi industrializzati del mondo. Obiettivi in cui io ho creduto e che ho perseguito fin da quando ero sindaco tanto che la mia città a partire dal 2004 è stata selezionata assieme ad altri 8 enti locali di tutta Italia, per partecipare al progetto “Enti Locali per Kyoto”. Un significativo risultato di politiche ambientali capaci di produrre qualità della vita e risparmi per le tasche dei cittadini.

In campo di politiche energetiche la strategia nazionale che sta proponendo Passera in questi giorni, basata ancora per la maggior parte su su gas, petrolio e carbone penso sia un errore e un ritorno al passato. Penso che il Paese abbia bisogno invece di nuove prospettive e produzioni ad elevata qualità ecologica che garantirebbero sviluppo e risanamento climatico. Solo qualche dato. Secondo l’International Energy Agency (IEA) se gli incentivi ai combustibili fossili (superiori quest’anno al trilione di dollari) fossero eliminati entro i prossimi 8 anni, il consumo globale di energia si ridurrebbe del 3,9% l’anno con un taglio di CO2 pari a tutte le emissioni annuali della Germania. Inoltre, da oggi al 2015 il taglio dei contributi porterebbe ad una diminuzione delle emissioni tali da influire sui processi di cambiamento climatico.

La risposta di Bruno Tabacci

Il criterio guida per affrontare responsabilmente queste tematiche è sostenibilità: interpretata come fattibilità proiettata nel tempo e accortamente declinata nelle tre dimensioni di sostenibilità ambientale, sostenibilità economica e sostenibilità del consenso dei sistemi sociali coinvolti. Rientra nella dimensione del consenso dei sistemi sociali coinvolti ad esempio la questione centrale dei Paesi a tasso elevato di crescita quali la Cina e l’India dove si decide il futuro del pianeta: la Cina installa ogni anno nuova potenza elettrica con centrali a combustibile fossile di entità confrontabile al parco centrali operante in Italia.

Va preso atto della posizione di questi attori decisivi che non intendono subire limitazioni al loro sviluppo (e nemmeno, come avvenuto finora, gli Stati Uniti d’America) e dell’irrilevanza di fatto di una politica di riduzione delle immissioni di anidride carbonica. Né si può ignorare che per questo motivo il Protocollo di Kyoto e le sue successive evoluzioni non hanno funzionato in modo soddisfacente: non si sono significativamente ridotte le immissioni, mentre si è prodotto qualche guasto economico attraverso i meccanismi compensativi all’interno dei paesi.

Non dimenticando i vincoli ineludibili della sostenibilità economica, le azioni dovranno dispiegarsi su diversi fronti:

– politica decisa di promozione dell’efficienza energetica, un obiettivo che oltre a dare risultati favorevoli sull’ambiente (per le immissioni di qualunque tipo nell’ambiente) agisce positivamente anche su fronti quali appunto la bolletta energetica e l’innovazione tecnologica;

– partecipazione attiva dell’Italia anche attraverso programmi internazionali ad attività di ricerca e sviluppo e dimostrazione sui modelli climatici, sulle strategie di prevenzione e di risposta, in particolare sulla cosiddetta mitigazione delle conseguenze che strettamente correlata anche con il tema della messa in sicurezza del territorio di cui alla domanda precedente);

– ridiscussione in sede UE delle misure economiche compensative che nell’attuale formulazione penalizzano immotivatamente l’Italia e non danno alcun reale beneficio all’ambiente.

Ma il punto fondamentale è agire nella consapevolezza che non c’è niente di più globalizzato che la questione integrata energia e ambiente, questione da affrontare quindi su scala planetaria: un contributo alla soluzione può giungere da una collaborazione internazionale che veda i paesi in fase di industrializzazione installare impianti ad alta efficienza e a basso impatto il cui costo aggiuntivo rispetto a quello dell’impianto tradizionale sia in parte sostenuto dai paesi già sviluppati che potrebbero fornire le tecnologie e i componenti necessari (e si risponderebbe così alla sovraccapacità produttiva nel mondo) con finanziamenti a lungo termine gestiti da Organismi Finanziari di Cooperazione Internazionali la cui restituzione sia legata anche ai ritorni della vendita dell’energia generata (una sorta di Piano Marshall del settore energetico in joint venture e in project financing internazionale).

Certo è che le decisioni adottate in questi anni sulle installazioni di impianti nei paesi in crescita condizioneranno i prossimi decenni come è certo che al contrario a condizionare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera non saranno la maggiore o minore parsimonia delle immissioni di CO2 in atmosfera legate alle poche nuove installazioni di impianti energetici nei paesi europei (soprattutto per la loro sostanziale irrilevanza sul piano quantitativo). Per lanciare uno slogan semplicistico ma utile sul tema energia ambiente si potrebbe dire “il mondo è adesso, ma rispetto all’Europa è altrove”; dobbiamo prenderne atto e agire di conseguenza, agendo là dove serve nei Paesi appunto come la Cina e l’India.

Altre priorità per la politica energetica sono ovviamente in primo luogo la razionalizzazione e la gestione della domanda (un approccio più moderno ed efficace rispetto a quello evocato dall’espressione risparmio energetico che è in realtà riduttiva) la riduzione della vulnerabilità degli approvvigionamenti (attraverso la diversificazione delle fonti energetiche e delle provenienze geopolitiche, il rafforzamento delle infrastrutture in termini di reti e stoccaggi, incluso sia il ricorso al ciclo composto da gassificazione, metaniere e rigassificatori sia la promozione delle rinnovabili con un equilibrio tra l’auspicabile velocità di penetrazione e la necessaria selezione delle tecnologie innovative via via disponibili a più elevate prestazioni per evitare un parco costruito velocemente, ma con tecnologia ed efficienza basse, anche alla luce del peso degli incentivi che le soluzioni meno efficienti comportano sulla bolletta elettrica.

La ricerca nel settore energetico ha ancora prospettive promettenti e va perseguita con una logica selettiva anche come prerequisito per dare attuazione al concetto di capacity building (costruire nel Paese visto come un sistema integrato della molteplicità di operatori un complesso di infrastrutture non solo impiantistiche, ma anche operative e di competenze) che è alla base di una capacità di risposta dinamica a un quadro non solo tecnologico, ma sociopolitico, socioeconomico e ambientale in evoluzione accelerata rispetto al passato anche recente. Accrescere la capacity building è un investimento sul futuro con ricadute diversificate anche a breve che consente di uscire dal particolarismo e dalla contrapposizione.

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