Una rete europea di cooperative dell’energia nei territori

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Creare una rete europea di cooperative di produzione di energia rinnovabile radicate nei territori, raccogliendo 100 milioni di € per aprire nuovi impianti, con il coinvolgimento di 6mila nuovi azionisti. È questo l’obiettivo principale del progetto REScoop 20-20-20, nato con il supporto del programma Intelligent Energy Europe, promosso dalla UE.

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Sviluppare una rete europea di cooperative di produzione di energia rinnovabile radicate nei territori. È questo l’obiettivo principale di REScoop 20-20-20, il progetto triennale lanciato dall’omonima federazione delle cooperative per la produzione di energia da fonti rinnovabili, nato con il supporto del programma Intelligent Energy Europe, promosso dall’Unione Europea.
L’obiettivo dell’iniziativa è quello di raccogliere 100 milioni di euro per realizzare nuovi impianti, con il coinvolgimento di 6mila nuovi azionisti e l’idea di ridurre i loro consumi energetici complessivi di almeno il 5%. Al momento il progetto REScoop è avviato da 12 organizzazioni che si trovano in 7 Paesi: Belgio, Danimarca, Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Olanda, ma punta a espandersi in altri Stati. Ne abbiamo parlato con Matteo Zulianello di Avanzi, centro di ricerca e di consulenza sui temi dello sviluppo sostenibile.

Zulianello, come nasce REScoop 20-20-20?

REScoop 20-20-20 nasce su stimolo di due soggetti. Uno siamo noi, Avanzi, e l’altro è Ecopower Belgio, un consorzio di cooperative che si occupano di produzione e vendita di energia ai propri soci.

Qual è la motivazione, diciamo politica, della nascita del progetto?

Questo progetto è nato dalla constatazione che anche le fonti rinnovabili non sono esenti da contrasti in ambito locale ma anzi, soprattutto per impianti di grandi dimensioni, il problema delle opposizioni sul territorio ha creato in molti casi vere e proprie difficoltà realizzative.

Quali sono i problemi fondamentali, in base alle vostre ricerche?

Più che altro sono legati alla dimensione degli impianti, al fatto che gli interventi provenivano quasi sempre da parte di un soggetto promotore grande che spesso aveva finalità speculative. C’era inoltre una sorta di fraintendimento sugli aspetti relativi al coinvolgimento della popolazione, per cui i grandi operatori del settore hanno quasi sempre ritenuto, almeno fino a qualche anno fa, che coinvolgere e informare fossero la stessa cosa.

E da qui è nato anche l’impulso per creare REScoop

Da queste constatazioni è nata la nostra ricerca per provare a capire come rendere gli impianti a fonti rinnovabili più inseriti nei territori e più accettati dalle comunità. Contemporaneamente ci siamo resi conto che a livello europeo iniziava a crescere il numero di cooperative elettriche che investivano nelle rinnovabili. Confrontandoci in prima battuta con Ecopower e poi coinvolgendo molte altre cooperative, abbiamo proposto questo progetto con l’obiettivo di creare nuove cooperative di produzione, distribuzione e consumo di energie rinnovabili in Europa.

Perché non fidarsi soltanto dei grossi operatori di settore per lo sviluppo delle energie rinnovabili?

Perché quelli su cui puntiamo sono impianti sostanzialmente diversi da quelli promossi dai grandi gruppi industriali; i nostri nascono su stimolo e in risposta alle  esigenze dei territori, dando un’occasione di investimento agli abitanti dell’area e, soprattutto, hanno una stretta relazione tra le necessità del territorio e la necessità di produrre energia, che non è fattore di speculazione, ma strumento per venire incontro alle esigenze degli abitanti del luogo.

Quali sono le tipologie di cooperative di produzione energetica più diffuse in Italia?

In Italia ci sono quelle ‘storiche’ dell’arco alpino, che hanno la particolarità di possedere le reti, e poi una serie di nuove iniziative, come il caso di Energyland a Verona. Questa seconda tipologia di tipo multiattoriale è composta sostanzialmente da nuove cooperative che per funzionare devono in questo momento utilizzare alcuni escamotage, visto che ancora non esiste la possibilità di vendere energia direttamente ai propri soci, come passare da un operatore terzo. Nel caso di Energyland per il 2012 il fornitore è Trenta, la società d’energia del Trentino. Ogni anno comunque negoziano con il soggetto venditore di energia che in sostanza diventa partner della cooperativa.

Come si realizza il vantaggio per il socio della cooperativa?

Una strada è per esempio quella per cui i cittadini che si riuniscono sono azionisti dell’impianto di produzione e vendono energia alla rete. In pratica si tratta di una suddivisione azionaria. Altri soggetti, come Energyland o Retenergie, cercano di far sì che i soci azionisti dell’impianto possano anche ricevere energia. Qui parliamo dunque di produzione e consumo. L’energia viene prodotta e venduta non più al GSE, ma a un soggetto terzo che si impegna a rivenderlo ai soci a un determinato prezzo. Dal punto di vista fiscale ci sono meccanismi diversi. La soluzione più semplice è che l’energia venga fatturata alla cooperativa che a sua volta fornisce delle card che garantiscono il consumo di energia sulla base del totale degli investimenti impiegati.

Tornando a REScoop, come si svolgerà il progetto?

L’obiettivo europeo è lo scambio di idee e competenze tra i soggetti che vi aderiscono, facilitando la diffusione di conoscenze.

In che modo?

Mostrando le buone pratiche e mettendole a disposizione dei mentor, persone che hanno conoscenze e competenze adatte. E poi analizzando i vari business model che ci sono adesso, cercando di svilupparne al meglio uno che funzioni in ogni Stato. Tutto ciò per arrivare all’obiettivo finale di realizzare almeno dodici nuovi casi di cooperative. Noi per l’Italia, insieme a Elabora di Confcooperative, secondo partner italiano, dovremmo facilitare la creazione di due nuove cooperative.

State raccogliendo i fondi per il progetto?

In questo momento non stiamo raccogliendo fondi; siamo al servizio di comunità locali che vogliono impegnarsi a sviluppare nuovi progetti. È REScoop che vuole raccogliere 100 milioni di euro, nel senso che tutti i nuovi progetti di rinnovabili a livello europeo hanno l’obiettivo di arrivare a una somma di quell’entità. Dipenderà dalla tipologia di impianti che si riusciranno a installare. Poi si deve capire di volta in volta se il 100% deve arrivare dagli attori del territorio, i cittadini, o se una percentuale occorrerà andarla a cercare con altre modalità o tipologie di finanziamento.

Anche quelle previste dall’Unione Europea?
Il progetto è sostenuto dal programma ‘Intelligence Energy Europe’ e quindi alcune attività sono finanziate dalla Commissione nell’ambito del raggiungimento del 20-20-20.

A che punto siete con la rete italiana?

Il 10 ottobre c’è stato il primo incontro con tutte le coop, i GAS e i vari soggetti che si occupano di rinnovabili di comunità qui in Italia. È servito per iniziare a condividere le esperienze e le criticità, anche quelle legate ai due nuovi decreti di luglio, quelli su fotovoltaico e rinnovabili elettriche. Vogliamo inserire questi soggetti nella rete europea, con la possibilità di scambiare conoscenze con le altre cooperative europee, e costruire uno schema di business che possa essere replicato. Porteremo avanti anche la possibilità di fare lobby riguardo ai problemi legati alla vendita dell’energia che al momento risulta complicata per questioni di natura normativa.

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