L’impianto a fonti rinnovabili della comunità

Cittadini che decidono di mettersi insieme per finanziare una piccola centrale eolica, un impianto a biomassa o una centrale fotovoltaica con costi iniziali che altrimenti sarebbero troppo elevati per il singolo. Una brochure della BWE spiega aspetti economici e metodologici di un nuovo business che si sta diffondendo in Germania e non solo.

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Finanziare collettivamente un progetto di fonti rinnovabili è una delle nuove modalità di operare dei piccoli investitori in Germania. Nel 2006 nel Paese c’erano solo 2 cooperative energetiche, mentre nel 2011 diventano 111, ma sarebbero oltre 500 se consideriamo anche quelle molto piccole nate solo per la realizzazione di impianti fotovoltaici di piccola e media taglia.

I cittadini decidono di mettersi insieme per finanziare una piccola centrale eolica, un impianto a biomassa o una centrale fotovoltaica con costi iniziali che altrimenti sarebbero troppo elevati per un singolo. È determinante il coinvolgimento dei cittadini nell’iter progettuale visto che può contribuire anche a superare l’ostracismo della popolazione nei confronti dell’impianto; nel caso in cui la popolazione locale resti contraria al progetto, molto aspetti critici dell’iniziativa possono essere rivisti collegialmente.

Il processo può richiedere tempi anche lunghi e diversi incontri anche senza il coinvolgimento dell’azienda interessata all’installazione. Ma un progetto che va in porto alla fine può ripagare i cittadini in diversi modi, non solo attraverso il ritorno economico che remunera il loro iniziale impiego di denaro, ma anche consentendo loro di fornire la propria esperienza tecnica e il lavoro, anche di imprese del posto, con il coinvolgimento degli agricoltori o delle banche locali. Obiettivo è dunque anche creare posti di lavoro e flussi di reddito per la comunità che non sarebbero arrivati se il progetto o la centrale energetica fosse stata calata dall’alto.

Questo processo, non nuovo in realtà, ma ancora scarsamente applicato, è ben descritto da un breve documento (ora in pdf e in inglese) della BWE, l’associazione tedesca dell’eolico, che spiega negli aspetti economici e metodologici questo nuovo business che sta prendendo piede in Germania e come sia possibile replicarlo in diversi contesti.

Un esempio riportato dalla brochure è quello di Ingersheim nello Stato di Baden-Württemberg. Un gruppo di cittadini costituiscono una sorta di cooperativa (Energie-genossenschaft Ingersheim und Umgebung eG) nel marzo 2010. Il loro obiettivo è di realizzare un’installazione di una grande turbina eolica da 2 MW (alta 138 metri e con un rotore di un diametro di 82), un progetto niente affatto di poco conto, spinto non solo da motivazioni economiche, ma anche ambientali.

Come in altri gruppi simili, il profitto dei singoli dipende dalla loro quota investita inizialmente nel progetto eolico. I soci della neonata cooperativa in questo caso riescono a non indebitarsi più di tanto, riuscendo quasi a coprire (80%) la somma totale dell’investimento, pari a 3,6 milioni di euro, con i propri fondi, evitando i rischi di un’eccessiva esposizione con le banche.

All’inizio del progetto la quota minima per persona è di 2.500 €. Le quote, alla fine tutte vendute, sono pari a 22.920 e ciascuna ha un valore di 125 €. L’inaugurazione della turbina si è svolta ad aprile di quest’anno. Oggi  i 360 soci, per il 75% di Ingersheim e dintorni, ricevono un dividendo annuale, per 15 anni, che consiste nel rimborso dell’investimento iniziale e in un’integrazione aggiuntiva. La cooperativa ha poi aderito all’Associazione delle Cooperative che ora monitora e gestisce il progetto come fosse un gruppo esterno.

Il processo è stato tuttavia lungo (circa 2 anni) e complesso: la cooperativa di Ingersheim ha dovuto affrontare anche uno scontro sulla fattibilità del progetto con le istituzioni, ma con costanza e impegno e un notevole sostegno popolare è riuscita a portare a termine un impianto, non certo di piccola taglia, che produrrà energia pulita per 1.200 famiglie nei prossimi 20 anni.

Il modello di impianti acquistati e gestiti da comunità locali si sta lentamente diffondendo anche nel Regno Unito e in Italia, anche se appensatito dall’incertezza e dalla stabilità degli incentivi. Oltre ai numeorsi gruppi di acquisto solari, nel nostro Paese un caso interessante che abbiamo già raccontato è quello di Prato allo Stelvio in Val Venosta dove gli abitanti, riuniti in una cooperativa, producono con un mix di fonti rinnovabili più dell’intero fabbisogno energetico sia elettrico che termico e riescono a pagare così il 30-35% in meno sulla bolletta elettrica e il 50% in meno sul riscaldamento. Un’altra esperienza italiana è quella di Retenergie, cooperativa ad azionariato popolare che ha già realizzato oltre un centinaio di impianti.

Le cooperative e i progetti comunitari rappresentano il percorso più sano per una democratizzazione dell’energia. Ma la sipnta dal basso non è che all’inizio.

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